Varie, 28 maggio 2005
STATUTO
STATUTO Giuseppe Aversa (Caserta) 26 febbraio 1967. Immobiliarista. un figlio d’arte. Il padre aveva una società di costruzioni. Debutta in società all’inizio degli anni ”90 comprando la Michele Amari. Da allora non si è più fermato. In tempi recenti ha spostato il baricentro su Milano dove possiede, tra l’altro, il Grand Hotel Duomo. A Venezia ha il Danieli. salito all’onore delle cronache facendo parte del gruppo degli immobiliaristi che detenevano una quota rilevante della Bnl. Ha venduto ad Unipol con una ricca plusvalenza. A differenza di Ricucci, è rimasto fuori dall’affare Antonveneta e dalle inchieste delle procure. Il suo gruppo vale circa 2miliardi. «[...] uno degli immobiliaristi, insieme a Stefano Ricucci e Danilo Coppola, venuti alla ribalta per aver acquistato titoli di società quotate al centro delle battaglie finanziarie del 2005. Statuto ha quasi il 5% di Bnl, che a prezzi di mercato vale 400 milioni di euro, e l’1,95% di Rcs. [...] Quanto vale il suo gruppo? ”Nel 2004 abbiamo fatturato 510 milioni di euro con circa 20 milioni di utile netto. A valori di mercato il nostro patrimonio immobiliare è di circa 2 miliardi che scende a 850 milioni al netto dei debiti. In più ci sono le partecipazioni azionarie: quella in Bnl vale circa 400 milioni cui si aggiunge Rcs”» (Giovanni Pons, ”la Repubblica” 28/5/2005). «’Raider? Non lo sono, ma non mi offendo. Immobiliarista però no, almeno non con l’accezione negativa che ormai ha questa parola. Non siamo mica i palazzinari del Duemila!”. [...] Per ora, però, pensa soprattutto al suo business immobiliare [...] è uscito da Bnl con una plusvalenza di 200milioni. [...] è entrato con tempismo in partite come Bnl, Rcs e Mediobanca e con altrettanto tempismo ne è uscito. un raider? ”Non lo sono, non lo sono diventato con Bnl e non mi ci immagino, ma è un’etichetta in cui non c’è nessun connotato negativo. I raider sono i catalizzatori delle disfunzioni del sistema finanziario. Insomma, raider non è un’offesa. Immobiliarista, nell’accezione che si usa oggi, invece sì. In Bnl volevo essere investitore strategico e poi non ho potuto farlo. Ma dove ci sarà un giorno un’opportunità di investimento strategico perchè no?”. Perché non è restato in Bnl, allora? ”Per ovvi motivi. Sarei rimasto con un 5% senza avere alcuna influenza”. Ma è rimasto nel consiglio della banca. [...] ”[...] io mi considero per definizione un capitalista tradizionale. Evocare il ”salotto buono’ è stato in alcuni casi - come nello scontro Bnl - un’arma di attacco, un modo per rappresentare la controparte fatta tutta di brutti e sporchi e cattivi. Io non sono in nessun salotto buono e non mi sento escluso da nessun salotto buono. Lo considero un tema privo di senso. Se si parla delle istituzioni finanziarie che ci sono in Italia io le rispetto”. Ma quali sono i suoi imprenditori di riferimento, i suoi modelli? ”Nel mio settore mi vengono in mente due nomi quasi scontati: il primo è quello di Ligresti”. Che è entrato nei salotti buonissimi di Mediobanca e Rcs... ”Sì, anche se ha aspettato tanti anni. E poi Caltagirone, che pur essendo un operatore immobiliare è anche il terzo editore italiano. Sono due imprenditori che sono riusciti a cambiare la struttura dei loro gruppi dedicandosi anche ad altri settori. [...] Noi imprenditori ci adattiamo all’ambiente, ai governi alle situazioni. L’imprenditore che non si adatta non ce la fa”» (Francesco Manacorda, ”La Stampa” 8/10/2005).