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 2005  maggio 26 Giovedì calendario

Un convegno in omaggio a Max Seidel. La Repubblica 26/05/2005. Non sorprendentemente, l´attività artistica riflette le caratteristiche del cervello che la produce

Un convegno in omaggio a Max Seidel. La Repubblica 26/05/2005. Non sorprendentemente, l´attività artistica riflette le caratteristiche del cervello che la produce. E come il cervello è diviso in due emisferi lateralizzati, uno dei quali (il sinistro) si esprime in maniera logica e razionale, mentre l´altro (il destro) privilegia l´espressione alogica e istintiva, così l´intera storia dell´arte è riconducibile a due grandi correnti contrapposte e complementari, che possiamo convenzionalmente chiamare razionalista e romantica. La parola d´ordine dell´arte razionalista è "struttura": l´artista, cioè, costruisce le sue opere lasciandosi guidare non da un´ispirazione inconscia, ma da una programmazione conscia. La struttura è però solo un´impalcatura che serve a erigere l´edificio, e viene rimossa una volta che esso è terminato: per riconoscere la razionalità di un´opera non basta dunque osservarla in superficie, ed è necessario smontarla e rimontarla come un giocattolo meccanico, alla ricerca del progetto che l´ha plasmata. Ma "struttura" è anche la parola d´ordine della matematica moderna, come l´hanno intesa nel Novecento i matematici francesi riuniti sotto lo pseudonimo collettivo di Nicolas Bourbaki. La loro monumentale opera di settemila pagine, gli Elementi di matematica pubblicati fra il 1939 e il 1998, non ha soltanto rivoluzionato il modo di organizzare il sapere matematico, ma ha anche ispirato il movimento dello strutturalismo francese, che ha coinvolto le scienze più disparate: dall´antropologia di Lévi-Strauss alla psicologia di Piaget. Se le strutture sono dunque l´essenza sia dell´arte razionalista che della matematica moderna, si può allora immaginare che fra queste due attività intellettuali esista una proficua interazione reciproca, in entrambi i versi. Ad esempio, è possibile in una direzione analizzare stilisticamente gli Elementi di matematica alla maniera delle opere letterarie, e nell´altra direzione pianificare degli Elementi di poesia alla maniera dell´omonima opera matematica, come mostra Jacques Roubaud nei suoi singolari romanzi autobiografici Mathématique e Poésie (Seuil, 1997 e 2000). Più modestamente, come ho cercato di fare in Penna, pennello e bacchetta: le tre invidie del matematico (Laterza, il libro viene presentato oggi alle 18 alla Libreria Feltrinelli in Galleria Colonna a Roma, n.d.r.), è possibile mettere la matematica al servizio della critica artistica, e andare alla ricerca di quelle caratteristiche matematiche, palesi o nascoste, che letterati, pittori e musicisti del passato hanno profuso nelle loro opere, e che solo i matematici del presente sono ormai in grado di riconoscere, dopo che il romanticismo ha istigato al disdegno e praticato l´ignoranza della ragione in generale, e della matematica in particolare. Un bell´esempio viene dalla filastrocca dell´Antro della Strega nel Faust di Goethe: "Di 1 fa il 10. Lascia stare il 2 e il 3, e sarai ricco. Butta il 4 alla fine. Di 5 e 6 fa 7 e 8, e viceversa. 9 andrà con l´1, e 10 con nessuno". Gli ignari commenti dei dotti letterati a questo proposito sono esilaranti: Adolf Trendelenburg ritiene che sia "assolutamente vano cercare un senso alla tavola pitagorica della strega", e Barbara Allason aggiunge che "è semplicemente una presa in giro di tutta la mistica fondata sui numeri". E invece, guarda un po´, la filastrocca è una ricetta per passare dal quadrato naturale dei numeri da 1 a 9, a un quadrato magico in cui la somma dei numeri sulle righe, sulle colonne o su una diagonale è sempre la stessa (per la precisione, 15). Si tratta, naturalmente, di una goccia in un oceano, ma gli oceani sono fatti di gocce: meno gocce si comprendono, e più si fraintendono gli oceani. Più che delle gocce, l´analisi matematica della letteratura si interessa comunque della struttura degli oceani che ne hanno una, concordando col motto di Raymond Queneau: "Il classico che scrive la sua tragedia osservando un certo numero di regole che conosce è più libero del poeta che scrive quel che gli passa per la testa ed è schiavo di altre regole che ignora". Si tratta di uno studio, perseguito in maniera sistematica dall´Oulipo francese (fondato dallo stesso Queneau) e dall´Oplepo italiano (presieduto da Edoardo Sanguineti), che non si limita ad analizzare le strutture già esistenti, ma ne propone di nuove e originali, con risultati che vanno da La vita: istruzioni per l´uso di Georges Perec a Se una notte d´inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Ancor più che in letteratura, la conoscenza della matematica è essenziale nella critica artistica, se non si vuole rimanere a bocca chiusa di fronte alla suddivisione in scene della Flagellazione di Cristo di Piero della Francesca, basata sulle proprietà di autosomiglianza del rettangolo aureo, o alle proporzioni della Leda atomica di Salvador Dalí, ottenute utilizzando la stella a cinque punte formata dalle diagonali del pentagono regolare. D´altronde, è stato lo stesso Dalí a consigliare all´apprendista pittore, nei Cinquanta segreti dell´artigianato magico: "Devi, soprattutto da giovane, usare la geometria come guida alla simmetria nella composizione delle tue opere. So che i pittori più o meno romantici sostengono che queste impalcature matematiche uccidono l´ispirazione dell´artista, dandogli troppo su cui pensare e riflettere. Non esitare un attimo a rispondere loro prontamente che, al contrario, è proprio per non aver da pensare e riflettere su certe cose, che tu le usi". Queste affermazioni sono forse sorprendenti per chi non sospettava che anche dietro all´apparenza del surrealismo può nascondersi la sostanza della matematica, ma diventano quasi ovvie se applicate all´arte astratta. Infatti, l´estetica razionalista ha sempre ritenuto, dal Filebo di Platone a Punto, linea, superficie di Wassily Kandinsky, che il linguaggio dell´arte fosse lo stesso di quello che Galileo, nel Saggiatore, riteneva essere il linguaggio della natura: la geometria, "i cui caratteri son triangoli, cerchi, e altre figure". Quelle stesse figure, cioè, che si ritrovano nei quadri, oltre che di Kandinsky, di Piet Mondrian, Kazimir Malevic, Josef Albers, e innumerevoli altri artisti moderni. Quanto alla musica, sarebbe più facile dire dove la matematica non c´entri. E sono gli stessi addetti ai lavori, a confermarlo: da Claude Debussy, per il quale "la musica è una matematica misteriosa, i cui elementi partecipano dell´infinito", a Pierre Boulez e Philip Glass, che sono addirittura laureati in matematica. Quanto agli antichi, basterà ricordare che già nel Settecento Jean-Philippe Rameau scriveva, nel Trattato di armonia ridotta ai suoi princípi naturali: "La musica è una scienza che deve avere regole certe: queste devono essere estratte da un principio evidente, che non può essere conosciuto senza l´aiuto della matematica. Devo ammettere che, nonostante tutta l´esperienza che ho potuto acquisire con una lunga pratica musicale, è solo con l´aiuto della matematica che le mie idee si sono sistemate, e che la luce ne ha dissipato l´oscurità". Ancora una volta, la cosa può sorprendere soltanto chi sia stato infettato da quella malattia spirituale che fu il Romanticismo. Perché basta aprire uno spartito, per trovarci agli inizi di ogni riga una frazione, che indica il metro della composizione: e alle operazioni matematiche sulle frazioni, come la semplificazione o la riduzione a denominatore comune, corrispondono operazioni musicali come l´hemiola (ad esempio, suonare un pezzo in due tempi con suddivisione ternaria come se fosse a tre tempi con suddivisione binaria) o la poliritmia (ad esempio, suonare simultaneamente tre danze in tre tempi diversi, come nella famosa scena del ballo nel Don Giovanni di Mozart). Anche la geometria interviene strutturalmente nella composizione della musica barocca o dodecafonica, attraverso le operazioni di trasposizione (suonare una melodia in maniera asincrona e/o in chiavi diverse) e di riflessione (suonare una melodia come se lo spartito fosse girato sottosopra e/o letto controluce). Naturalmente, si può fruire della musica in particolare, e dell´arte in generale, anche senza riconoscere queste e innumerevoli altre strutture, così come si può fruire della lettura pur essendo analfabeti, o ridere delle barzellette pur non conoscendo la lingua in cui sono raccontate: apprezzando, cioè, la forma delle lettere o il suono della voce. Chi si contenda gode, ma il libro dell´arte contiene ben altre cose, e "non si può intender se prima non si impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne´ quali è scritto". Piergiorgio Odifreddi