Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  maggio 25 Mercoledì calendario

Una lunga storia di paure e allarmismi. Il Sole 24 Ore 25 maggio 2005. Milano - Il progressivo esaurirsi delle riserve petrolifere conosciute è stato pronosticato così tante volte, già nell’800 per gli Stati Uniti, che molti fanno fatica a prendere i pronostici sul serio

Una lunga storia di paure e allarmismi. Il Sole 24 Ore 25 maggio 2005. Milano - Il progressivo esaurirsi delle riserve petrolifere conosciute è stato pronosticato così tante volte, già nell’800 per gli Stati Uniti, che molti fanno fatica a prendere i pronostici sul serio. Nel 1918 l’Oil Trade Journal contava già sette previsioni di fine del petrolio, nel 1919 il capo della Us Geological Survey disse che la fine sarebbe arrivata in nove anni, nel ’72 il Club di Roma con il rapporto su I limiti dello sviluppo diceva che un aumento dei consumi era nel lungo periodo insostenibile e nel 1973 Foreign Affairs scriveva che "questa volta il lupo è alle porte". Da allora la produzione non ha fatto che crescere. E le stime sulle riserve conosciute, attorno a 1.200-1.300 miliardi di barili secondo l’Iea, l’agenzia dell’Onu per l’energia, sono ragguardevoli. Nel 1998 le riviste Scientific American e Science scrivevano rispettivamente che "L’era del petrolio a buon mercato è finita" e che "La prossima crisi petrolifera si profila massiccia, e forse vicina". Non impressionavano, se non chi e sono molti pensa che prima o poi avrebbero avuto forse ragione. Ma quando? Nel 2004-2005 la Shell è stata costretta a rivedere molto al ribasso le stime sulla futura produzione dei propri giacimenti e questo ha turbato il mondo del petrolio. Sull’intera industria aleggia la Curva di Hubbert, annunciata nel 1956 con un paper di 40 pagine a un simposio al Plaza Hotel di San Antonio, Texas, dal geofisico Marion King Hubbert, allora con la Shell, e che prevedeva un picco mondiale "within about half a century", in circa mezzo secolo, e negli Stati Uniti attorno al 1970, come è puntualmente avvenuto. Preveggente per la produzione Usa, Hubbert lo sarà stato anche per quella mondiale? Hubbert ha molti fans, venerato come un profeta. Altri però rilevano che il modello matematico di Hubbert, e cioè la curva a campana (crescita, picco e calo della produzione), non corrisponde a una realtà così lineare e che la produzione americana, di cui aveva diretta esperienza, era nel 2000 di 2,5 volte superiore alla sua previsione massima del ’56. "Resta il fatto che un picco ci sarà pure nell’estrazione del greggio e che dopo dovrebbe esserci un calo, ma è molto difficile fissare date", spiega al "Sole-24 Ore" Ken Chow, scozzese, vice presidente per l’industry performance and strategy di Petroconsultants Sa, una società privata di Ginevra considerata la massima autorità in materia di riserve energetiche, consultata dai Governi e da tutta l’industria. "La svolta ci sarà quando passeremo da un mercato comandato dalla domanda, come è adesso, a uno che dovrà invece adattarsi alle possibilità dell’offerta. Questa svolta sarà determinata, più che dalle riserve, dalla agibilità politica delle riserve. Un Irak pacifico cambierebbe notevolmente il quadro, ad esempio. E se dovessi fare una previsione temporale mi aspetterei qualche variazione per il peggio nel prossimo decennio, fra il 2012 e il 2020, ad esempio", azzarda Chow. Che ribadisce: prima di tutto alla politica. Per riserve si intende la futura produzione, a tecnologia esistente, di giacimenti già perforati. Proprio per fissare un punto fermo, e sapere con maggiore sicurezza su che cosa si può contare, uno dei massimi esperti del settore, l’americano Matthew R. Simmons a capo della prima banca d’affari del mondo petrolifero, chiede da tempo criteri più precisi e uniformi per la valutazione delle riserve, da sottoporre ad auditing. " interessante sapere che probabilmente il 90-95% delle riserve dichiarate tali non ha mai visto un controllo da parte di terzi", dice Simmons, convinto che la valutazione delle riserve petrolifere deve smettere di essere un’arte e deve diventare una scienza. Mario Margiocco