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 2005  maggio 25 Mercoledì calendario

E se scoprissimo che questa Carta è inutile? Corriere della Sera 25 maggio 2005. Il 6 giugno 1975 ho votato nel primo e ultimo referendum che si sia mai tenuto in Gran Bretagna

E se scoprissimo che questa Carta è inutile? Corriere della Sera 25 maggio 2005. Il 6 giugno 1975 ho votato nel primo e ultimo referendum che si sia mai tenuto in Gran Bretagna. Si doveva decidere se volevamo restare nel Mercato comune europeo, come si chiamava allora. Avevamo aderito il 1 ? gennaio 1973. Si erano verificati aumenti improvvisi e consistenti nel prezzo degli alimenti. Ma un nuovo governo Labour aveva rinegoziato le condizioni di ingresso per alleviare la situazione e ora si chiedeva alla popolazione di dire sì o no. Che cosa ne sapevamo allora del Mercato comune? Sapevamo che era un’organizzazione protezionista. Se la Gran Bretagna non entrava a farne parte, sarebbe stato difficile per noi vendere i nostri prodotti in Europa. Se invece diventava membro, avremmo avuto difficoltà ad acquistare a buon mercato i prodotti agricoli da Canada, Nuova Zelanda, Africa, Indie Occidentali. Ecco perché i prezzi erano aumentati. Sapevamo che la finalità dichiarata di questo protezionismo collettivo era quello di favorire lo sviluppo e la cooperazione in una zona di libero mercato all’interno dell’Europa, evitando così gli attriti che avrebbero potuto scatenare un nuovo conflitto. Si parlava inoltre della necessità di formare un blocco unito capace di confrontarsi con le potenze degli Usa, Giappone e Russia. Nessun conflitto interno, perciò, per meglio prepararsi a un conflitto esterno... Soprattutto, però, sapevamo che quando la Gran Bretagna si era candidata a entrare nel Mercato comune nel 1961, tre anni dopo la sua istituzione, e di nuovo nel 1967, Charles de Gaulle aveva apposto il veto al nostro ingresso. Credo che molti di noi pensarono che se un nazionalista francese del calibro di De Gaulle aveva fatto tanto per tenerci fuori, era senz’ altro nei nostri interessi restarci dentro. E il gioco fu fatto. Anch’io ho votato " sì " , con il 67% di coloro che si recarono a votare. Perché De Gaulle voleva tenere fuori la Gran Bretagna? Se il vero scopo dei " padri fondatori " era assicurare la pace in Europa, perché escludere una delle maggiori potenze? Da noi si interpretava il suo famoso " Non! " come invidia e rivalità. Ma in retrospettiva, le obiezioni di De Gaulle erano sensate. La Gran Bretagna, secondo lui, non condivideva la visione e le aspirazioni dei popoli francese, tedesco e italiano; aveva già in mente, cioè, quel progetto di unificazione politica di cui gli accordi commerciali erano un blando precursore. Così agli occhi di De Gaulle, l’allargamento del Mercato comune a tutti i Paesi europei era incompatibile con la nascita di una unità politica potente e credibile. Il cuore della Gran Bretagna, in particolare, secondo De Gaulle, batteva altrove. De Gaulle aveva ragione. Mentre ci recavamo a votare nel 1975, una cosa era chiara a tutti: dentro o fuori, la scelta era sempre tra due mali. Era una scelta che avremmo preferito non essere costretti a fare. Se il Mercato comune europeo non fosse esistito, non l’avremmo certamente inventato noi; una zona di libero mercato, sì, cooperazione e trattati di pace in abbondanza, ma non una singola entità politica, non direttive inviate dal continente europeo. Sin dal giorno del suo ingresso, la Gran Bretagna ha concentrato le sue energie nel favorire l’adesione di nuovi membri nel libero mercato europeo e nel resistere all’unificazione politica e a tutta la sua " inutile " legislazione. Il recente, spettacolare allargamento a Est è stato un trionfo della visione britannica di un’Europa di nazioni. Con la decisione di avviare le trattative per l’ingresso della Turchia, De Gaulle si sarà rigirato nella tomba. Ma ciò che è affascinante riguardo l’Europa, ovvero l’idea dell’Europa, nella psiche collettiva, è il modo in cui questa evidente incompatibilità tra l’ideale dell’allargamento e l’ideale dell’unità politica non viene mai veramente ammessa come tale. Non vogliamo credere che non si possa avere l’uno e l’altro. Questo è vero in particolare in Italia, un Paese che per ragioni storiche ha imparato a convivere con un notevole divario tra retorica e realtà. I media italiani traboccano di esortazioni vuote circa i nostri doveri per costruire questa Europa migliore, unita, e in gran parte inimmaginabile. Suggerire qualsiasi altra possibilità è un’ eresia, un’irresponsabilità, un’aberrazione morale. Qui non siamo più nel campo della politica, ma della fede, quella che non può essere posta in discussione. La fede, tuttavia, crea la sua realtà. Nelle parole di un politico italiano: " E’ la fede che muove le montagne, perché dà l’illusione che le montagne si muovano: l’illusione, questa è forse l’unica realtà della vita " . Parole di Mussolini. Così proprio nel momento in cui l’allargamento della Comunità rende improbabile la nozione di un blocco di potere forte e omogeneo, ecco una costituzione che propone un unico Presidente d’Europa e un ministro degli Esteri europeo: un’apparenza di unità politica. E’ palese che questo presidente avrà molto meno potere di un qualsiasi primo ministro francese, inglese o tedesco e che questo ministro degli Esteri europeo sarà cortesemente messo da parte mentre i veri negoziati vengono condotti dai ministri degli Esteri degli Stati membri più potenti. Eppure tutti sono estremamente preoccupati che qualche Paese si rifiuti di ratificare questo documento innocuo e prolisso. I francesi vengono ammoniti che il loro mondo sarà capovolto, se rigettano la costituzione. In Italia quelli che protestano con vigore che nemmeno una virgola deve essere cambiata nella costituzione italiana senza il più ampio consenso possibile, sono pronti a festeggiare se la Francia vota a favore della nuova costitu zione europea con un margine di un mezzo punto percentuale. Perché? Il vero pericolo per qualcuno, se i francesi effettivamente respingono la costituzione, sarà la scoperta che questo non fa nessuna differenza, che niente, ma proprio niente, è cambiato. E’ la stessa scoperta che hanno fatto gli inglesi, quando si sono rifiutati di adottare l’Euro. Non c’è stato nessun problema, anzi... Questa scoperta – che in realtà non abbiamo alcun bisogno di questa costituzione – renderà più difficile il compito dei politici nell’insistere sulla strada dell’integrazione dei 25 Paesi europei. Ma non c’è da preoccuparsi. Sappiamo già che insisteranno. Riscriveranno la costituzione e la sottoporranno al giudizio del popolo francese ancora una volta, e ancora, finché non sarà accettata, anche se non farà nessuna differenza che la accettino oppure no. Perché allontanare lo sguardo dal progetto interminabile e laborioso che è la costruzione dell’Unione Europea significherebbe affrontare, subito e senza scuse, tutti i problemi impellenti e importantissimi che ci assillano: l’invecchiamento della popolazione, l’immigrazione di massa, il surriscaldamento del pianeta, la sfida asiatica, tutti i problemi cioè che l’Europa unita senz’altro riuscirebbe a risolvere, come continuiamo a ripeterci, se solo avesse la sua bella costituzione, se solo esistesse. Nel frattempo, per incoraggiare i francesi a votare " sì " , i loro politici ripetono che la costituzione è un passo necessario sulla strada di quell’Unione sognata dai padri fondatori, e così devono restare saldi nella vecchia fede. Questo non è vero. Per incoraggiare gli inglesi a votare " sì " , Blair ha insistito che la costituzione segna i limiti delle ambizioni europee verso l’unità politica. Neanche questo è vero. Sarà interessante osservare come farà a sopravvivere questa fervida retorica dell’unità accanto alle realtà politiche, nettamente distinte, dei Paesi membri. Tim Parks