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 2005  maggio 25 Mercoledì calendario

ASTE

ASTE Armando Isera (Trento) 6 gennaio 1926. Alpinista • «[...] uno dei più autorevoli alpinisti italiani [...] scalatore ed ambientalista [...] ”[...] Sono d’accordo con Mummery quando afferma che l’alpinismo è un puro gioco. Ma non si può passare la vita solo giocando. Ed è riduttivo affermare che la vita è semplicemente il tempo che ci è dato per giocare le proprie ambizioni”. Se non è un gioco, non si giustificano neppure il turismo alpinistico e gli sport estremi in parete o in quota, che pure catturano un numero crescente di appassionati. ”Ma questo non è alpinismo. altra cosa. sport, appunto; è gioco. Proprio per questo cresce il numero, purtroppo anche dentro il Cai, di coloro che pensano di portare l’arrampicata tra i giochi olimpici [...] L’alpinismo classico è altra cosa. un movimento di valori forti. La solidarietà, tra i primi. Oggi, invece, sono troppi gli interpreti di un’attività agonistica, ancorché in quota, che accontenta solo il piacere egoistico [...] Guardano soltanto alla ci ma per conquistarla nel più breve tempo possibile. Non ci si guarda intorno, neppure in alto, tanto meno indietro. [...] Conta solo la grande impresa, l’exploit. Io, invece, vorrei sentirmi dire qualcosa di diverso: che dobbiamo guardare alle montagne come a delle immagini materializzate dell’ascendente cammino dell’uomo, quello con la ”U’ maiuscola. E ancora: che dobbiamo considerare l’alpinismo non un fine, ma solo un mezzo, a volte piacevolissimo, a volte anche drammatico, di promozione umana [...] bisogna tornare a riempire l’alpinismo di tempo, evitando che accada il contrario. Abbiamo esempi straordinari. Penso a Buhl che ha lasciato scritto: ”A Dio l’onore, a noi la gioia’. Penso a Hillary che per primo ha preso concretamente a cuore le popolazioni himalayane, come ha fatto anche De Stefani. Penso all’umiltà di Charles Houston che ricorda il richiamo del salmista: noi che alziamo gli occhi ai monti da dove proviene il nostro soccorso; e ancora: la montagna è più grande dell’uomo, noi non conquistiamo le montagne, conquistiamo noi stessi. Pochi sanno che il maestro Oscar Soravito negli ultimi anni della sua vita longeva elargiva mensilmente consistenti aiuti in beneficenza; forse perché si era accorto di aver sbagliato in precedenza nello stabilire una graduatoria di valori [..] E come dimenticare Battistino Bonali, quasi un moderno Meynet, quello che sul Cervino sentiva cantare gli angeli e che in vetta all’Everest ha portato un foulard di seta con la scritta: ”Grazie Dio’? [...] Tutta questa gente (ma altra ancora) ha capito, attraverso l’alpinismo, che la vita deve avere un senso. Quando la montagna cessa di essere un altare che porta alla trascendenza, scende al rango di un effimero piedistallo per il proprio orgoglioso piacere. Bisogna anche dire che è fatale che l’uomo, ovunque passi, abbia a lasciare l’inesorabile traccia di un incanto svanito”» (Francesco Dal Mas, ”Avvenire” 24/5/2005).