Il Sole 24 Ore 21/05/2005, pag.7 Ada Masoero, 21 maggio 2005
Theo, primo collezionista di Van Gogh. Il Sole 24 Ore 21/05/2005. "Vincent è uno dei pittori più avanzati del nostro tempo
Theo, primo collezionista di Van Gogh. Il Sole 24 Ore 21/05/2005. "Vincent è uno dei pittori più avanzati del nostro tempo. I suoi sforzi non sono stati vani ma probabilmente non vivrà così a lungo da vederne i risultati: quando la gente capirà ciò che dice nei suoi quadri, sarà troppo tardi. Sono sicuro che alla fine sarà compreso, ma è difficile dire quando". Nel 1889 Theo Van Gogh scrive così, profeticamente, alla prossima sposa Jo. Le parla dell’amatissimo e tormentato fratello, e i suoi non sono i commenti di circostanza di un fratello affettuoso e sollecito, ma sono i giudizi di un addetto ai lavori, perché a quell’epoca Theo è da qualche tempo uno dei più autorevoli protagonisti del mercato dell’arte parigino, direttore della galleria Boussod-Valadon, filiazione dalla mitica Maison Goupil. Theo ha lavorato con la Maison Goupil sin da quando aveva poco più di 15 anni, prima "giovane di bottega" nella filiale di Bruxelles, poi all’Aja, infine, con compiti di sempre maggiore responsabilità, nella casa-madre di Parigi. Quando scrive quelle parole, il fratello dell’artista ha finalmente raggiunto l’autonomia che gli consente di occuparsi anche dei suoi pittori prediletti, dopo avere trattato per anni i dipinti caramellosi, neo-rococò, che avevano fatto la fortuna di Adolphe Goupil (anche i nostri Boldini e De Nittis, appena arrivati a Parigi, si sono mantenuti agiatamente dipingendo per Goupil quelle scenette laccate e petulanti che tanto piacevano ai grandi borghesi del tempo). Ora Theo può esporre anche gli impressionisti - Monet, Degas, Renoir, Sisley - non ancora scoperti dal bel mondo internazionale, e i giovani talenti amici del fratello Vincent: Pissarro, Seurat, Signac. E, più di tutti, il grande ma ancora misconosciuto Gauguin, di cui coraggiosamente, e non senza scontri con i proprietari, organizza in galleria le prime personali, riuscendo a venderne alcuni pezzi. Mercante d’arte stimato, responsabile di una galleria che, posta tra l’Opéra e la Borsa, è frequentata dalla migliore società del tempo, colleziona a sua volta dipinti degli impressionisti e dei giovani amici di Vincent, Di fatto dobbiamo a Theo il Van Gogh Museum di Amsterdam. Qui sono infatti riuniti i 200 dipinti e i 500 disegni di Vincent rimasti in mano sua e poi della vedova, oltre alla sua collezione di impressionisti e post-impressionisti e all’intero carteggio che i due si sono scambiati incessantemente. Opere e documenti che lo Stato ha acquistato, nel 1962, da Vincent Willem Van Gogh, l’unico figlio di Theo, "il mio piccolo omonimo", come lo chiamava il pittore. Theo è minore di Vincent di quattro anni ma ben presto - responsabile, generoso e affettuoso com’era - diventa un tutore per lo sfortunato fratello, e da quando è in grado di farlo, gli invia per l’intera vita un mensile, oltre alle tele e ai colori: perché Van Gogh in vita non ha venduto un solo quadro, e il sogno era quello - incredibile alla luce delle sue iperboliche quotazioni attuali - di riuscire a pagarsi, con qualche vendita, almeno il costo dei materiali. Theo ospita per due anni il fratello a Parigi, dal 1886 al 1888, fra liti e riappacificazioni, facendo una lucida diagnosi della malattia (la schizofrenia) del futuro grande artista. Dice al fratello Cornelis che con Vincent non si può ragionare: " come se in lui ci fossero due persone: una meravigliosamente dotata, affettuosa e gentile; l’altra egoista e senza cuore". Theo a correre ad Arles, nel 1888, quando, dopo una lite furibonda con Gauguin, Vincent si taglia il lobo dell’orecchio portandolo a una ragazza del bordello locale con la raccomandazione di "conservarlo con cura"; e quando Vincent si fa ricoverare volontariamente all’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy, nel 1889, Theo gli manda regolarmente, oltre al denaro, litografie e incisioni da copiare, per alleviargli la solitudine. Quando sta bene, infatti, Vincent va per i campi a dipingere, con un accompagnatore. E al fratello invia tele splendenti di colore. Ma dopo le crisi cade in depressione e rifiuta di uscire ("da quando sono malato - scriveva alla sorella Wil - si impossessa di me un sentimento così terrificante della solitudine in mezzo ai campi, che esito a uscire"). Dipinge allora, nella sua "cella", scene tratte da quelle incisioni e lo fa con tinte sporche, opache. E, perfettamente lucido in questo, scrive a Theo: "Ho sentito il desiderio di ricominciare con una tavolozza come quella che usavo al Nord". Theo, infine, lo raggiuge quando, ad Auvers-sur-Oise, Vincent si spara al petto, sopravvivendo per qualche ora. Lo seppellisce il 30 luglio 1890, ma anche lui, fragilissimo di salute (fisica e psichica, affetto com’era dalla sifilide) si aggrava subito per la "demenza paralitica", ultimo stadio della malattia. Muore sei mesi dopo il fratello, nel gennaio del 1891, lasciando una giovane vedova, un figlio di un anno e una collezione di opere del fratello e degli impressionisti allora di nessun valore. Ada Masoero