Corriere della Sera 19/05/2005, pag.43 Sergio Romano, 19 maggio 2005
Referendum: perché i voti pagati sono voti comprati. Corriere della Sera 19 maggio 2005. Una docente universitaria afferma «darò la presenza alla mia lezione agli studenti che andranno a votare»
Referendum: perché i voti pagati sono voti comprati. Corriere della Sera 19 maggio 2005. Una docente universitaria afferma «darò la presenza alla mia lezione agli studenti che andranno a votare» . In tempi alquanto grami si potrebbe ricordare Lauro, sindaco di Napoli, che donava una scarpa prima del voto e l’altra, ovviamente, se il voto era andato a buon fine. Potrebbe ricordarci qualche precedente di regalie quali incentivi al voto? RobertoGiusti Arezzo Caro Giusti, l’episodio a cui lei si riferisce concerne il referendum sulla procreazione assistita ed è accaduto nel corso di un’assemblea del comitato milanese « Donne contro l’astensione » . Dalla cronaca di Rossella Verga, pubblicata dal Corriere del 17 maggio, risulta che una imprenditrice, Claudia Buccellati ( erede degli orafi prediletti da Gabriele d’Annunzio), ha dichiarato: « Regalerò un’ora retribuita ai miei dipendenti che presenteranno la prova di essere stati a votare. Invito tutti gli imprenditori a seguirmi in questa iniziativa » . Trascinata dall’esempio, una docente, Maria Rita Gismondo, si è detta decisa a dare la sua « presenza universitaria » , vale a dire l’equivalente in denaro di una lezione, agli studenti che andranno a votare. Lei sostiene che questo episodio ricorda le pratiche elettorali del comandante Achille Lauro, monarchico e pittoresco uomo politico napoletano degli anni Cinquanta e Sessanta, abilissimo nel raccogliere voti con regali di scarpe ( una alla volta) e di pasta. Nulla di veramente nuovo. Non c’è grande democrazia in cui il voto, in alcuni momenti, non sia stato organizzato, pilotato e spesso incoraggiato con qualche regalia. A New York il mercato dei voti, tra la fine dell’Ot tocento e i primi del Novecento, era nelle mani degli irlandesi di Tammany Hall, una potente e spregiudicata lobby democratica. A Chicago, Richard Daley ( uno dei migliori sindaci della città) era al momento delle elezioni molto spregiudicato. Qualche decennio più tardi, J. F. Kennedy conquistò lo Stato dell’Illinois grazie al denaro del padre e a un patto con la mafia locale. E se vuole sapere come si facevano le elezioni nell’Italia meridionale prima della Grande guerra, può leggere un piccolo libro di Gaetano Salvemini. S’intitola « Il ministro della malavita » e fu pubblicato da Giuseppe Prezzolini nelle Edizioni della voce. Ma le signore Buccellati e Gismondo risponderebbero che non è giusto evocare, nel loro caso, questi precedenti. Con il loro gesto non pretendono di influenzare il voto dei loro dipendenti e studenti. Vogliono semplicemente incoraggiarli a votare. E ritengono di fare in tal modo un’opera di educazione civile. Ma il voto, dopo l’intervento del cardinale Ruini e la posizione assunta dalla Chiesa cattolica, non è più soltanto un raccomandabile atto civile. anche e soprattutto un mezzo per sventare la strategia della Commissione episcopale, oltrepassare il quorum e dare ai sì una maggiore possibilità di vittoria. Spiace dirlo, ma i voti pagati rischiano di apparire in questo caso, quali che siano le intenzioni del donatore, voti comprati. Sono sicuro che Claudia Buccellati e Maria Rita Gismondo non sarebbero d’accordo e continuerebbero a proclamare la purezza delle loro idee. A me sembra, tuttavia, che l’episo dio confermi un aspetto del nostro carattere nazionale. Siamo tutti assetati di etica e di giustizia, ma pochi italiani sono pronti ad applicare a se stessi le regole che vorrebbero applicare agli altri. Siamo tutti contro il conflitto d’interessi, ma dimentichiamo spesso quello di cui ciascuno di noi è spesso protagonista. Siamo paladini del merito e contrari al familismo di tanta parte della società italiana, ma pronti a chiudere un occhio se è in gioco il futuro dei nostri figli. Siamo tutti indignati dall’evasione fiscale, ma spesso disposti a pagare in nero il fornitore che ci invita a risparmiare l’Iva. Doppiezza e ipocrisia? No, nel momento in cui ci concediamo qualche licenza siamo tutti convinti che il nostro caso sia diverso da quello degli altri, che i nostri figli siano geni e che le nostre cause siano nobili. questa, temo, una delle ragioni per cui è così difficile governare l’Italia. Sergio Romano