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 2005  maggio 19 Giovedì calendario

Coly Ferdinand

• Nato a Dakar (Senegal) il 10 settembre 1973. Calciatore. «[...] il primo calciatore nero (e con una bella chioma rasta) che qui in Italia prende davvero di petto il problema razzismo negli stadi. Abbiamo già visto in Spagna i camerunesi Eto’o e Kameni ribellarsi in campo alla demenza delle curve nazi [...] un originale ”Leone di Teranga”, in campo agli ultimi mondiali con il Senegal nella leggendaria partita d’esordio contro la Francia [...] finito a giocare in Italia, in serie B, col Perugia. Non uno qualsiasi, Coly. Era il ”sindacalista” che all’inizio del 2002 guidò lo sciopero della sua nazionale per costringere il governo a elargire i premi partita già promessi: 15.000 euro a testa. Ottenne il dovuto per tutti, poi spiegò: ”D’ora in poi possiamo anche giocare gratis, l’importante è sapere che i nostri governanti sono disposti a spendere per il calcio”. Bruno Metsu, il suo allenatore, parlava di lui come di una ”forza tranquilla”. E Youssou N’Dour gli dichiarava sconfinata ammirazione fin dai tempi della Coppa d’Africa vinta lo stesso anno del Mondiale: ” forte, è semplice. Mi piace il suo stile”. Di quella squadra, altre stelle come Diouf e Fadiga vivacchiano maluccio, in Inghilterra. Anche Coly, assieme al difensore centrale Aliou Cissè, ha giocato col Birmingham, ma per sei mesi soltanto. Poi, al Perugia. Era senza contratto. Trattò brevemente sullo stipendio, firmò e finì in panchina anche perchè Cosmi non sapeva che farsene di lui nel 3-5-2 che sulla fascia destra faceva correre Ze Maria. L’allenatore cominciò a cambiare idea quando, nel disperato finale [...] passò al 4-4-2 e restituì al senegalese il suo ruolo di terzino. Col Perugia in serie B e Ze Maria all’Inter, Coly ha infine guadagnato il posto fisso in squadra. Ma a parte i primi tempi, quando diceva che ”il Perugia è una squadra di pazzi”, l’ha sempre presa con filosofia. [...] Più che una carriera avrebbe già un intero film da raccontare sulla sua vita. Coly ha abbandonato il Senegal a 7 anni, subito dopo la morte del padre. Venne caricato su un aereo assieme a tre fratelli e spedito in Francia da uno zio che, a sua volta, chiese aiuto ai servizi sociali per mantere i nipotini venuti da lontato. Adottato da una famiglia di Bordeaux, calciatore autodidatta, arrivò a iscriversi al primo anno di psicologia all’università prima di accettare la proposta del Poitiers: un posto in squadra e un lavoretto al comune. Poi venne lo Chateauroux, poi il Lens, la serie A francese. A 26 anni, dopo aver rifiutato qualsiasi contatto col suo paese natale, ebbe infine un ”colpo di testa”: tornò in Senegal in vacanza col fratello e un amico. L’anno dopo indossò per la prima volta la maglia della nazionale, una maglia che ”c’è gente disposta a morirci”, disse. A morirci chissà. A divertirsi parecchio senza dubbio. Come si evince facilmente dagli articoli lividi dei giornalisti senegalesi che seguivano i loro eroi nelle grandi competizioni internazionali e li trovavano a far festa nelle meglio discoteche con le meglio pupe fino alle peggio ore della notte. Coly non mancava mai. Come leggenda, ci basta anche così» (Alberto Piccinini, ”il manifesto” 18/5/2005).