Il Sole 24 Ore 14/05/2005, pag.11 Enrico Castelnuovo, 14 maggio 2005
Al Louvre senza l’ansia di vedere tutti i capolavori. Il Sole 24 Ore 14/05/2005. Oggi si va al Louvre scendendo nella lucente piramide di Pei e una volta acquistato il biglietto, e lasciata una borsa al guardaroba, si potrà scegliere - aiutati da adeguate informazioni visive - la propria direzione, oppure entrare nella ricchissima li-breria, o fermarsi al bar
Al Louvre senza l’ansia di vedere tutti i capolavori. Il Sole 24 Ore 14/05/2005. Oggi si va al Louvre scendendo nella lucente piramide di Pei e una volta acquistato il biglietto, e lasciata una borsa al guardaroba, si potrà scegliere - aiutati da adeguate informazioni visive - la propria direzione, oppure entrare nella ricchissima li-breria, o fermarsi al bar. l’accesso monumen-tale, luminoso, accogliente, moderno di uno dei massimi musei del mondo. Indicazioni precise, schemi, piantine, scale mobili e ascensori permettono di arrivare celermente a destinazione. Una volta non era così: una visita al Louvre era un’avventura dalla durata e dagli esiti imprevedibili. Molti anni fa si poteva entrarvi da tante porte. La principale era nella maleodorante sala del Manège dove in gran confusione si acquistavano i biglietti, si vendevano cartoline, cataloghi, guide, fotografie, e calchi, si aprivano le porte delle toilette. Si poteva però scegliere uno dei tanti guichets che davano accesso al palazzo, quello sotto la Colonnade, di faccia a Saint-Germain-l’Auxerrois o la porta della Trémoille sotto il passaggio voltato che porta al quai della Senna, o ancora la porte Jaujard prossima alle Tuileries. Si entrava in un palazzo magico, pieno di sorprese e di spaesamenti e, a seconda dell’ingresso scelto, si era scaraventati di colpo in tempi e luo-ghi diversissimi. Ora si era accolti dalle antichità greche e romane, si scoprivano dietro ai sarcofagi gli affascinanti mosaici pavimentali di Antiochia mentre dall’alto di una scalinata planava, sollevata sulla prua, la Nike di Samotracia, se si utilizzava un’altra entrata si era annichiliti di fronte agli enormi tori alati di Khorsabad, o ci si trovava di fronte a una Vergine romanica e a misteriose statue colonne, o si era proiettati nel secolo dei Lumi circondati dai busti di Voltaire, Diderot, Rousseau, Condorcet. Prima di arrivare alla Grande Galérie e alle pitture le tentazioni impreviste erano tali che i tempi della visita si allungavano smisuratamente, ci si perdeva facilmente e ogni volta nuove occasioni interrompevano il viaggio: poteva trattarsi delle sculture di Palmira, o dei ritratti funerari provenienti dall’Egitto romano, o ancora dai favolosi tesori del Département des Objets d’art. Giunti finalmente al primo piano iniziava un viaggio senza fine, attraverso sei secoli di pittura, da Cimabue a Delacroix, dall’Italia, alla Francia, alle Fiandre, all’Olanda, alla Spagna. All’inizio la tentazione "sistematica" era la più forte: cominciare con il Trecento italiano, poi continuare ordinatamente per secoli e per scuole lasciando, con un certo snobismo, da parte le opere più celebri, quelle che richiamavano le folle, e che a torto si credeva di conoscere meglio: la Gioconda, i Raffaello, la splendida Cena di Veronese, fermandosi ammaliati di fronte all’Anunciazione di Carlo Braccesco. Abbandonata la "tentazione sistematica" si finiva per procedere più distesamente fermandosi di fronte ai quadri che, come nel Cousin Pons di Balzac, attiravano sommessamente il visitatore. Una flânerie particolare consiglierei al visitatore italiano, da farsi nelle sale della pittura francese oggi suntuosamente sistemate. Seguire il nascere e il crescere di una tradizione artistica che si sviluppa nei secoli e che sarebbe arrivata a dominare l’Europa. è un’esperienza affascinante. E poiché una delle grandi capacità della pittura francese è di restituire non solo nei soggetti, ma nelle scelte stilistiche e tecniche, l’aura di un’epoca, l’intera storia di Francia prenderà al Louvre corpo e figura. Dal Ritratto di Jean le Bon sfortunato eroe della guerra dei Cent’anni alla finissima grisaille su tela del Parement de Narbonne che evoca la cultura raffinata del regno del saggio Carlo V e via via, all’ombra di Carlo VII e di Renato d’Angiò, alla grande ripresa quattrocentesca con Fouquet e Quarton in un momento di altissimo dialogo tra Nord e Mediterraneo. Ma la passeggiata potrà continuare con altri artisti e altri capolavori. Occorreranno però - per citare Balzac - "les jambes du cerf, le temps du flâneur et la patience de l’israélite". Enrico Castelnuovo