varie, 17 maggio 2005
DEROSSI
DEROSSI Pietro Torino 3 agosto 1933. Architetto. «[...] prime ville (Anni ’60) in montagna [...] realizzazioni più complesse quali il prodigioso grattacielo per l’Iba a Berlino, del 1985, con torre dai terrazzi rotondi su un lato e logge sull’altro che imprimono il senso di rotazione, mentre il tetto mette in luce la struttura che sale verso il cielo, cui si aggiungono il gruppo di case a schiera calate nel verde a San Vito a Torino del ’72, o ancora le Scuole Materne per il Comune di Torino nel 1980 [...] Non mancano i grandi progetti per la sua città, come per la Stazione di Porta Susa, del 2001, malauguratamente in concorso aggiudicata a un secondo posto. [...] le vitali discoteche Anni ’60, il Piper di Torino del ’66, l’Altro Mondo di Rimini del ’67, [...] il legame di Derossi con l’arte, dapprima la Pop poi le avanguardie piemontesi dell’Arte Povera con Pistoletto, Merz e altri, ai quali fu specialmente legato nella convinzione che l’architettura è un insieme di arti o, come si dice oggi, una ”contaminazione”, deve cioè alimentarsi di altro, così come deve offrire una parte di sé alle altre discipline. Ebbene per Derossi il coinvolgimento nei fatti artistici, filosofici, letterari è un elemento fondamentale, come emerge pure nel design, carico di ironia, vivido, curioso. Basterà osservare il celebre ”Pratone” del ’66 in gomma verde, che resta un simbolo imprescindibile di quegli anni; o considerare le partecipazioni alle Biennali veneziane o alla Triennale milanese, dove allestì ambienti o organizzò eventi che denunciano i legami fruttuosi con diverse discipline, senza dimenticare, ovviamente, i libri pubblicati. L’ironia attraversa pure l’architettura, come risulta dall’aver proposto e realizzato nel ’97-’99 un edificio nuovo nel centro storico di Torino, in armonia con il quartiere, accanto a una ristrutturazione di costruzione preesistente, collegati da passerella, sicché è arduo comprendere quale sia il vero restauro. Le sue case, come pure gli arredamenti, non risentono del tempo, in parecchi casi sembrano aver anticipato i giorni nostri, basta rammentare il Caffè del Biffi Scala a Milano, purtroppo scomparso e distrutto, per raccontare come la ripresa del lampadario, oggi così in voga, avveniva negli anni ’90 con gusto e spirito [...] l’aspetto interiore, filosofico, che informa l’architettura di Derossi. C’è sempre un’idea, al di là della richiesta del committente, un pensiero costruttivo e indipendente alla base di ogni opera, quasi un’estetica dell’etica [...]» (Fiorella Minervino, ”La Stampa” 17/5/2005).