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 2005  maggio 11 Mercoledì calendario

395.725

euro: è la somma che lo Stato deve pagare a una propria dipendente dopo che il Tribunale del lavoro di Roma ha emesso la prima condanna per fumo passivo. La sentenza riguarda una lavoratrice dell’ufficio matricole del ministero dell’Istruzione, Maria Sposetti, per anni costretta a lavorare accanto a colleghe fumatrici. Assunta nel 1980, nel 1992 la donna ha scoperto d’avere un tumore ai polmoni, provocato dal fumo aspirato sul posto di lavoro(nessuno dei suoi familiari, infatti, aveva mai fumato),che l’ha costretta a un intervento chirurgico in cui le è stato portato via una parte del polmone e a successivi cicli di chemioterapia. Tornata in ufficio, le colleghe hanno continuato a fumare, spingendola, tre anni fa, a intraprendere la causa. Morta nel 2000 in seguito a un incidente stradale, la sua causa è stata portata avanti dal marito, Ferruccio De Bari, e dal figlio, con il sostegno del Codacons. Nella sentenza, la sezione Lavoro del tribunale di Roma ha riconosciuto il danno biologico, per il cancro e la depressione provocata da questo, quantificato in 263.275 euro, e il danno morale, la sofferenza patita dalla vittima e dai suoi familiari, in misura di 132.000 euro: la norma in base alla quale è stata emessa la sentenza, infine, non è contenuta nella recente legge Sirchia contro il fumo nei luoghi pubblici, ma si trova nel Codice civile, che stabilisce il dovere dei datori del lavoro di assicurarsi che non ci siano lesioni alla salute dei propri dipendenti.