Varie, 14 maggio 2005
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Lema Ray
• (Raymond Lema A’nsi Nzinga) Lufu Toto (Congo) 30 marzo 1946. Musicista • «[...] al pianoforte cerca sempre melodie cantabili. Perché? “Perché se non facessi così in Africa penserebbero che sto suonando del jazz. E agli africani il jazz non piace: si alzano e se ne vanno [...] La mia famiglia non era molto contenta della mia scelta di fare il musicista. Mia madre è stata l’unica a credere in me e a battersi perché potessi fare nella vita ciò che sin da bambino amavo di più. [...] Ogni anno, a partire dal ’90, sono tornato in Africa per lavorare con i ragazzi rendendomi conto di come manchi loro un metodo per l’insegnamento della musica tradizionale. Possono solo consultare metodi occidentali, seguire la musica scritta di Mozart o Beethoven. Ho voluto comporre dei brani pensando ai ragazzi africani che iniziano a studiare. E grazie a questo album ho gettato le basi per il mio progetto Musical university of Africa [...] Cerco di coinvolgere dei musicisti professionisti con lo scopo di elevare il livello degli strumentisti in Africa e di definire un metodo di insegnamento delle nostra musica tradizionale. Oggi i musicisti africani conoscono pochissimo della nostra tradizione, per questo è urgente analizzare la nostra musica tradizionale per poterla poi insegnare ai nostri giovani [...] Il problema è l’americanismo, una tendenza globale. Anche in Europa, a Parigi, dove vivo [...], o a Roma, ho notato lo stesso problema: i giovani conoscono meglio l’hip hop e il rap, o il rhythm and blues, piuttosto che le musiche tradizionali del loro paese. In Africa l’americanismo si sta manifestando a livello continentale e da noi il problema è complicato dall’assenza totale di libri e metodi musicali. Se si aggiunge che anche la tradizione orale è venuta meno, è evidente che dobbiamo realizzare al più presto possibile il nostro obiettivo. Questa tragedia culturale va affrontata prima che sia troppo tardi: l’Occidente ci ha spiegato che il nostro problema è economico, e noi abbiamo smesso di interessarci delle nostre tradizioni. Senza cultura però non si va da nessuna parte [...] il problema è che agli strumentisti africani non viene riconosciuto l’importante ruolo che svolgono, si parla solo dei cantanti, di quelli che consideriamo star. Ma se non promuoviamo gli strumentisti africani, la nostra musica lentamente morirà”» (Carlo Moretti, “la Repubblica” 14/5/2005).