Varie, 14 maggio 2005
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Krier Leon
• Lussemburgo 7 aprile 1946. Architetto. Uno dei maggiori teorici del New Urbanism e del recupero della cultura urbana premoderna. Tra i suoi progetti, quelli per il concorso della Villette a Parigi e della città di Poundbury. Ha insegnato a Princeton, Yale e al Royal College of Arts di Londra. Collaboratore di James Stirling. «[...] teorico del New Urbanism e implacabile critico del Modernismo, [...] fama di pensatore dalla battuta fulminante. [...] Per Krier, che è stato consulente di François Mitterrand e lo è del principe Carlo d’Inghilterra, se la metropoli è caratterizzata da un progetto “imperiale”, il grattacielo ne è l’espressione più emblematica. Non li ha mai digeriti, lui, quei giganti di cemento, acciaio e vetri che sembrano sfidare la legge di gravità e verticalizzano in modo spettacolare il profilo urbano contemporaneo. Li attacca frontalmente, senza rinunciare all’arma del sarcasmo: “I grattacieli sono un’assurdità. Sono un tributo pagato alla megalomania umana e alla volontà di sfruttare al massimo le possibilità di una superficie edificabile di generare profitti. Li considero anche una forma di priapismo architettonico, l’idea più o meno inconscia di imporre una versione ‘virile’ alla fisionomia della città... Un nonsenso, da tutti i punti di vista [...] Pensiamo ai problemi di sicurezza che i grattacieli comportano: se il World Trade Center fosse stato ospitato in edifici di quattro piani, per fare i danni provocati quel giorno i terroristi avrebbero dovuto mobilitare 160 Boeing 737 al posto di due, cosa ovviamente impossibile!... L’idea del grattacielo, dopo l’11 settembre, è stata rilanciata quasi per un effetto pavloviano di reazione all’attacco terroristico. Superato un primo momento di choc, qualcuno ha voluto convincerci che i grattacieli sarebbero stati necessari anche nel futuro. Ma è sbagliato. Costruire edifici eccessivamente alti non dà qualità della vita e non dà sicurezza. Invece, bisogna ritornare a dimensioni più umane e accettabili, abbandonando l’ipotesi di concentrazioni eccessive e incontrollabili”. Krier, neanche a dirlo, le città le preferisce più orizzontali. “Sdraiate”, anzi, seguendo l’esempio della cultura urbana premoderna che, sottolinea, “ci ha dato i modelli di organizzazione urbana più belli e validi”. Come? “I grandi assi di sviluppo della città debbono strutturarsi in senso ecologico”, risponde l’architetto lussemburghese. “Debbono essere nuovamente la geografia e il clima a segnare le condizioni necessarie per una crescita urbana ottimale. L’unica strada che abbiamo davanti è quella dello sviluppo sostenibile. Altrimenti saranno guai”. [...] Ma, nonostante tutto, Krier non è catastrofista. Autore del piano regolatore della città di Poundbury nel Dorset realizzato su incarico del principe Carlo (“Lo hanno dileggiato, perché i modernisti hanno ancora un potere mediatico enorme. Ma ha fatto bene a opporsi alla costruzione dei grattacieli nel centro di Londra”), convinto sostenitore delle morfologie tradizionali dell’urbanistica europea, ritiene che una correzione di tendenza sia possibile. “La grande sfida del prossimo futuro”, sostiene, “sarà l’urbanizzazione dei sobborghi e il recupero delle aree sottosviluppate, in modo da risanare luoghi abbandonati che tuttavia sono idonei ad acquistare un’insospettabile bellezza. Esistono già i necessari modelli teorici e, a parte la lentezza con cui si procede, in un paio di generazioni il compito potrebbe essere completato. In Europa, per quanto le politiche territoriali seguite finora siano sbagliate, ci sono tutte le condizioni per raggiungere questo risultato”. [...]» (Massimo Di Forti, “Il Messaggero” 13/5/2005).