Harold Rosenberg, ttL La Stampa, 07/05/2005, 7 maggio 2005
Saul Steinberg, La Stampa, 07/05/2005 Il più celebre disegnatore umoristico del Novecento, ma non solo
Saul Steinberg, La Stampa, 07/05/2005 Il più celebre disegnatore umoristico del Novecento, ma non solo. Saul Steinberg è stato un artista che ha anticipato i più diversi generi, "scrittore di immagini, architetto del linguaggio e dei suoni, progettista di trame filosofiche". Così lo definiva Harold Rosenberg, nel catalogo della mostra organizzata al Whitney Museum of American Art di New York, nel 1978. Il testo (di cui pubblichiamo qui sotto alcuni passi nella traduzione di Andrea Righi) è uno dei numerosi, densi contributi che compongono il numero della rivista Riga dedicato a Steinberg, curato da Gianluigi Ricuperati e Marco Belpoliti, edito da marcosymarcos (in libreria dal 12 maggio, pp. 424, e18). Nato in Romania nel 1914, Steinberg visse in Italia dal 1933 al 1940 (si laureò in architettura a Milano, collaborò al Bertoldo), poi le leggi razziali lo costrinsero a rifugiarsi in America, dove si affermò sulle pagine di Harper’s Bazar, Life, New Yorker, un segno inconfondibile e indiscusso, fino alla morte nel 1999. A delineare la sua personalità e la sua tecnica, concorrono analisi e testimonianze di Aldo Buzzi (tra gli amici più cari), Butor, Barthes, Ionesco, Gombrich, Schneider, Updike, Manea, Bellow, Simic, Calvino, Pericoli e altri ancora. Compaiono anche un suo ricordo in morte di Calder e un’intervista tv di Sergio Zavoli nel 1976 (da cui i brani qui sotto). SAUL Steinberg è un pioniere dei generi, un artista che non è relegabile ad un unico ambito. E’ uno scrittore di immagini, un architetto del linguaggio e dei suoni, un progettista di trame filosofiche. Il tratto da raffinato amanuense, da calligrafo, esteticamente apprezzabile in sé, è anche quello di un illusionista che formula enigmi e giochi sulle apparenze. Inoltre è una "linea" nel senso di una chiacchiera organizzata. Grazie alla sua passione per la penna, l’inchiostro e la matita, e alla complessa natura intellettuale dei suoi prodotti, si potrebbe pensare a Steinberg come a una specie di scrittore, non fosse che di scrittore unico nel suo campo si tratta. Steinberg ha sviluppato permutazioni tra elementi visivi e linguistici, compresi giochi di parole al livello di significati verbali e visuali, che lo hanno fatto paragonare a James Joyce. I suoi monologhi portano in essere figure che sono parole e parole che hanno la solidità delle cose. Parole che soffrono le disgrazie degli esseri viventi come quando HELP! (aiuto) viene morsicato in pieno da un coccodrillo. O come quando WHO (chi) spinge DID (fece) a far crollare la I di IT (lo). Le composizioni di Steinberg attraversano i confini tra arte e caricatura, tra illustrazione e arte per bambini, Art brut, satira e, allo stesso tempo, rievocano reminescenze di stili greci, orientali, finanche cubisti e construttivisti. La sua produzione ha un notevole rilievo per il presente e, contemporaneamente, ha un’aura démodée. Come cartonista, Steinberg è una spina nel fianco di coloro che vogliono separare l’arte alta dai semplici mass media. Ma data per scontata la sua arguzia, l’ingegnosità formale, nonché la sua perizia calligrafica, possiamo affermare che sia "un vero artista"? Steinberg stesso è consapevole di essere un caso al limite e pare apprezzi l’ambiguità di questa posizione. "Non appartengo propriamente né al mondo dell’arte, né ai fumetti, e nemmeno a quello delle riviste", ha affermato, "perciò il mondo dell’arte non sa bene dove piazzarmi". Tuttavia l’esposizione di disegni e di dipinti nei musei conferisce ai suoi lavori lo statuto d’opere d’arte. / Ancora più importante dell’obsoleta questione "è arte oppure no?" è notare come tali creazioni formino, invece, una totalità organica e in pieno sviluppo. Ossia il fatto che tali creazioni trovano tra loro una coerenza grazie alla unicità di questo artista, alla sua destrezza e alla sua sensibilità. E’ questo marchio di fabbrica intellettuale e manuale che ha fatto imporre Steinberg, più di ogni altro artista vivente, presso un pubblico di dimensioni mondiali. / * * * Virtuoso dello scambio d’identità, Steinberg tende naturalmente verso la commedia. La sua nozione di comicità scaturisce dalle fantasie degli uomini e delle loro rigidezze. Ma essa sorge anche dalla consapevolezza della natura auto-creativa della commedia. La sua arte è una parata di personaggi fittizi, forme geometriche, oggettistica di casa, arredamenti antropomorfici, ognuno di questi messi in scena nella finzione di ciò che sono o in quella di pensarsi come qualcosa d’altro. Il suo ometto, un anonimo cittadino, vive sotto il peso di progetti e strane circostanze: come quando arriva di soppiatto alle spalle di un punto interrogativo con una rete da farfalle, o quando sogna una donna che, a sua volta, lo sta sognando. C’è anche un cubo schizzato rozzamente a mano libera che sogna una situazione ideale, in cui è un cubo perfetto con contorni misurati e angoli puliti, indicati da lettere (Cube’s Dream), mentre una "E" su di un blocco massiccio si immagina di essere una elegante francese. Nell’ottica di Steinberg tutto ciò che esiste pare essere un artista impegnato a raffinare la propria forma (curiosa versione del darwinismo). "La cosa più importante da scoprire", ha dichiarato a un intervistatore, "è quale tipo di tecnica impieghi il coccodrillo per mostrarsi". Ma c’è pure un lato serio in questa metamorfosi universale. Divenire altro da sé implica un momento di crisi, tanto che i disegni di Steinberg sono pieni di figure sul baratro di precipizi: statue che cadono dai propri piedistalli, individui solitari che fissano il vuoto. In contrasto con i segni impenetrabili, ma suggestivi, che Pollock e de Kooning estraevano dal gesto spontaneo della loro pennellata, il linguaggio figurativo, altrettanto misterioso, di Steinberg trae origine da un repertorio di immagini ben radicato nell’immaginario comune. A questo proposito Steinberg è un precursore della Pop art, sebbene poi sia anche in grado di sorpassarne i limiti in quanto è soprattutto un artista di sconfinata immaginazione. Dalle firme ufficiali contraffatte, ai sigilli governativi nei suoi disegni degli Anni Quaranta, ai timbri di gomma dei suoi dipinti e montaggi degli Anni Settanta, quest’autore ha raccontato la propria storia attraverso impersonali e monotoni luoghi comuni, stravolgendoli come nei sogni grazie a esagerazioni, dislocazioni e sottili arguzie. Impresario dell’Uomo Astratto, Steinberg mette in scena un universo di luoghi comuni per poi sradicarli dalla propria convenzionalità. Si vede ad esempio, l’uso di una figura come lo Zio Sam. E non è un caso che uno specialista dei paradossi dell’identità come Steinberg (a proposito, è forse questo ciò per cui sta la Sfinge nei suoi ultimi disegni?) sappia quanto un’autobiografia sia anche una specie di finzione. Infatti, chiunque pensi di mettere a nudo i "fatti" della propria vita rimane vittima delle illusioni di uno stile chiamato realismo. / * * * E’ significativo, ad esempio, che Steinberg sia l’unico artista di rilievo negli Stati Uniti a non essere associato ad alcun movimento o stile, sia del passato che del presente. Allo stesso modo nessuna storia dell’arte è riuscita ad assegnargli un posto fisso, probabilmente perché egli è stato in grado di inghiottire ogni stile (si pensi alla ricontestualizzazione continua che opera) e rigurgitarlo in un’unica massa di scarti rinvenibili nel presente. Il Cubismo, ad esempio, che nel canone dello storico d’arte americano rappresenta il nucleo della sperimentazione formale del XX secolo, nella pittura come nella scultura e nel disegno, non è che un semplice dettaglio nel campo del manierismo moderno. In un paesaggio Steinberg non ha problemi nel combinare elementi cubisti e costruttivisti come un’imitazione "dell’autoritratto" di Van Gogh che indossa verdi occhiali opachi e un sigillo di Steinberg sul cappello a cencio. Nel loro dissolvere la storia dell’arte nelle componenti più originali e immaginative, i disegni e i dipinti di Steinberg sono, come ha affermato, "una forma di critica dell’arte" che lo inserisce all’avanguardia delle attuali poetiche artistiche. Steinberg è un Duchamp che ha superato l’anti-arte evidenziando le potenzialità dei meccanismi formali che operano a qualsiasi livello dell’esperienza umana: dal trucco femminile, all’emancipazione collettiva e non pianificata delle lettere dell’alfabeto. In teoria Steinberg rappresenta l’attuale avanguardia, non fosse che, per definizione, un solo individuo non può incarnare un’intera avanguardia. Cosicché il suo ruolo diventa oscuro (in armonia con gli altri camuffamenti) e le sue performance continuano a suscitare la seguente domanda: "Sì, ma Steinberg è poi veramente un artista?". La domanda che ha accolto ogni autentico artista d’avanguardia negli ultimi cent’anni. Harold Rosenberg