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 2005  maggio 09 Lunedì calendario

Vilar Alberto

• Newark (Stati Uniti) 4 ottobre 1940. Finanziere. Nemico giurato di Donald Trump. Super benefattore della Scala • «[...] ha fatto i soldi nell’era preistorica della New Economy, puntando sulle nuove tecnologie dei semiconduttori negli anni Settanta e su Bill Gates nei primi anni Ottanta, quando avere in casa un computer era una cosa esotica come tenere un leone sul balcone. Alberto Vilar è un guru di Wall Street e titolare di un fondo d’investimento che si chiama Amerindo Technology [...] cubano americano, figlio di industriali dello zucchero fatti filare da Fidel Castro nel 1959 [...] ha passato i primi 9 anni della sua vita a Cuba e i secondi 9 a Portorico sognando un futuro da direttore d’orchestra. No, gli dice il padre, meglio direttore di banca. Alberto va negli Stati Uniti, a studiare economia alla Washington e Jefferson University in Pennsylvania, mentre Fidel Castro nazionalizza lo zucchero di famiglia: Alberto non farà più ritorno a Cuba. Due anni nell’esercito, un master, un posto alla Citibank e poi consulente di Borsa. Fonda Amerindo, dove ”indo” sta per Indonesia: doveva essere una joint venture con l’Asia, ma poi niente capitali da Jakarta, rimase il nome. [...] Investe, rischia. ”Sono una farfalla della Borsa”, ama dire: ”Mi poso per un po’ su un titolo, poi cambio fiore” [...]» (Michele Farina, ”Sette” n. 51/2000). Nel giugno 2005 fu arrestato: «I primi scricchiolii nell’autunno del 2002, quando cominciò a non mantenere gli impegni presi con tanti teatri nel mondo; però erano denari suoi, che lui aveva liberamente deciso di donare, e dunque nessuno poteva contestargli il ritardo. [...] il primo sponsor privato dell’opera nel mondo, capace di donare [...] circa 250 milioni di euro, è stato arrestato all’aeroporto di Newark, nel New Jersey, con l’accusa di aver adoperato ”come un personale salvadanaio” (as a personal piggy bank) 5 milioni di dollari che una signora aveva deciso di investire in una sua finanziaria. [...] il mecenate [...] definito ”il Ludovico di Baviera del Duemila” (l’illimitato sponsor di Richard Wagner) [...] Nato a Cuba [...] emigrato nel 1959, da tempo cittadino statunitense, Vilar si innamorò della musica quando suo padre gli impedì di studiare il violino, invitandolo invece a laurearsi in economia. La passione repressa lo trasforma in un Pigmalione: non c’è gran teatro lirico al mondo che non abbia beneficiato della sua generosità, dal Covent Garden di Londra, alla Scala, ai festival di Bayreuth e Glyndebourne, all’Opera di Vienna, dove ha finanziato la spesa per l’impianto di sottotitoli collocato dietro ad ogni poltrona di platea, al festival di Salisburgo, dove il suo volto sorrideva in ogni programma di sala. Grande liberalità anche verso il Mariinskij di San Pietroburgo, grazie all’amicizia con il direttore Valerij Gergiev. La soddisfazione della personale vanità sembrava essere l’unica contropartita richiesta dal finanziere. Il palco centrale del Metropolitan di New York era stato ribattezzato ”the Vilar Grand Tier”; [...] la targa è stata rimossa, appunto perché il patron non aveva trasformato in realtà la promessa donazione, accentuando i dubbi sullo stato delle sue finanze: il crollo di alcuni titoli borsistici legati all’elettronica aveva eroso un patrimonio valutato in circa un miliardo di dollari. [...] invitato dall’Università di Bologna, Vilar aveva tenuto una lezione sulla necessità del mecenatismo in un momento in cui, soprattutto in Europa, i contributi pubblici alle arti segnano il passo. Di fronte al pubblico - senz’altro stupefatto dall’ammontare delle cifre a lui riconducibili - aveva spiegato come ”voi europei, abituati da sempre a chiedere tutto allo Stato, non pensate che se c’è bisogno di un ottimo ospedale, di una eccellente Università, se volete assistere a una bella produzione lirica, dovete anzitutto finanziarla voi” [...]» (Sandro Cappelletto, ”La Stampa” 15/5/2005).