Varie, 8 maggio 2005
PELOSI
PELOSI Giuseppe Roma 28 giugno 1958 • «[...] noto come ”la rana”, il ragazzo di vita che uccise Pasolini [...] accusa tre sconosciuti, tre giovani che parlavano ”con un accento del Sud”. Furono quei tre, la notte del 2 novembre del 1975, a pestare a sangue, in un piazzale sterrato dell’Idroscalo di Roma, lo scrittore, il regista, il poeta, il più coraggioso e anticonformista degli intellettuali italiani. [...] conferma di quanto in molti hanno sempre pensato e sostenuto. Nel processo di primo grado, lo stesso tribunale dei minori che condannò Pelosi per omicidio ”in concorso con ignoti”. Poi la sentenza d’appello individuò in ”Pino la rana” l’unico responsabile. Ma i dubbi restarono. Non sembrava possibile che quel ragazzo di 17 anni avesse potuto compiere da solo un omicidio così feroce. Ma Pino Pelosi, nella sua nuova versione, non si limita ad accusare i tre sconosciuti. Descrive un vero e proprio agguato che aveva come obiettivo Pier Paolo Pasolini in quanto intellettuale, in quanto ”sporco comunista”. quanto gridavano i tre mentre pestavano selvaggiamente l’autore de I ragazzi di vita. Gridavano: ”sporco comunista”, ”fetuso”, ”pezzo di merda”. Poi andarono via, in macchina, e ”Pino la rana” rimase solo. Da questo momento in poi il nuovo racconto coincide con quello conosciuto da tempo. Disperato e impaurito, Pelosi salì sulla macchina, la mise in moto, inavvertitamente passò sopra il corpo di Pasolini agonizzante determinandone la morte. Identica anche la prima parte della storia. E cioè l’incontro tra il ragazzo di vita e lo scrittore nei pressi della stazione Termini di Roma, la sosta in pizzeria, il viaggio sino all’Idroscalo, quel rapporto sessuale consumato velocemente in macchina. Ma non c’è più la lite, non c’è più ”Pino la rana” che, da solo, colpisce Pasolini. In quel momento compaiono i tre misteriosi individui. Sbucano dal buio. Uno dei tre immobilizza Pelosi, gli ordina di non muoversi. Gli altri due estraggono lo scrittore dalla macchina e lo picchiano con violenza bestiale. [...] Pino Pelosi [...] Non conosceva gli autori dell’aggressione, non sapeva che erano là. Li vide per la prima volta quella sera. Lo minacciarono di fare del male alla sua famiglia se avesse parlato. E lui, semplicemente, si adeguò. [...] vive d’espedienti alla periferia di Roma. entrato e uscito dal carcere più volte. [...]» (Giovanni Maria Bellu, ”la Repubblica” 8/5/2005).