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 2005  maggio 08 Domenica calendario

Lancaster Brett

• Nato a Shepparton (Australia) il 15 novembre 1979. Ciclista. Prima maglia rosa del Giro d’Italia 2005. «[...] campione del mondo del quartetto australiano (inseguimento) nel 2002 e nel 2003 e nel 2004 è diventato campione olimpico nella stessa specialità. [...]» (Eugenio Capodacqua, ”la Repubblica” 8/5/2005). «[...] nato a 180 chilometri a nord di Melbourne, elementari, medie e liceo, poi tra Medicina o Legge, Business Management o Marketing, Brett ha scelto la bici. ”Il mio primo sport è stato il calcio - racconta - giocavo in difesa, mi piaceva. Poi però sono passato all’atletica, anche quello mi piaceva. Poi però sono passato al nuoto, quello mi piaceva un po’ meno, perché vedevo solo una striscia nera, sott’acqua, e mi annoiavo. Così sono passato al triathlon, dove me la cavavo bene sia nella frazione della corsa sia in quella del nuoto. Ma alla fine ho scelto la frazione in cui, all’inizio, andavo così così: il ciclismo, appunto. Pista, pista e pista. In Australia è una passione collettiva. Per me è stato un amore a... quinta vista”. Entrato nella squadra nazionale, Brett ne è uscito dopo l’Olimpiade di Sydney. ”Ero così esausto e stressato che per otto mesi non ho più toccato la bici. Non ne potevo più”. Poi però ha ricominciato. ”Sì, ma per ricominciare sono venuto in Europa, in Belgio, a Gand. Con una piccola squadra australiana. E lì mi sono dedicato solo alla strada. Tutta un’altra cosa. Il tempo non era un granché, ma il resto era ok: ambiente, amicizie e soprattutto il ciclismo su strada. Emozioni, avventure, vita”. Una nuova vita, un’altra vita. Brett è rinato. Nel 2002 ha vinto una corsa in Olanda, nel 2003 è giunto finalmente in Italia, da Bruno Reverberi, nella Panaria. E da allora: strada e pista. ”Nel 2003 ho stabilito il record del mondo nell’inseguimento a squadre ai Mondiali di Stoccarda, nel 2004 ho vinto una tappa nel Giro di Malesia e poi conquistato l’oro nell’inseguimento a squadre all’Olimpiade di Atene. Mai provato tanta ansia come in quella occasione”. [...]» (Marco Pastonesi, ”La Gazzetta dello Sport” 8/5/2005).