Marco Lodoli, La Repubblica, 04/05/2005, 4 maggio 2005
I miei cinque anni a scuola con Izzo, La Repubblica, 4 maggio 2005 PER CINQUE anni sono stato a scuola insieme ad Angelo Izzo, al liceo classico San Leone Magno, a Roma, una scuola dei Fratelli Maristi
I miei cinque anni a scuola con Izzo, La Repubblica, 4 maggio 2005 PER CINQUE anni sono stato a scuola insieme ad Angelo Izzo, al liceo classico San Leone Magno, a Roma, una scuola dei Fratelli Maristi. Dalle otto alle otto e venti si recitava il rosario, tutti i giorni. Izzo stava una classe sopra la mia e la sua sezione era un´accolita di fascisti e di pazzi spaventosi. Era come se, per uno scherzo assurdo, il caso avesse riunito nella stessa aula una ventina di canaglie violente e invasate. Erano ricchi, bellocci, si sentivano invulnerabili, afferrati da un delirio superomistico. Avevano i Rayban e i giubbotti di camoscio, le Jaguar e le Mercedes, stivaletti a punta e sorrisi beffardi. Il più feroce era Gianni Guido, un demonio con la faccia da angioletto. Ricordo che una volta vidi uno di loro spegnere una sigaretta sul braccio di un quattordicenne e ridere. Dopo sei mesi quel disgraziato si suicidò. Dissero che si era sparato nel petto con il fucile del padre e la cosa finì lì. Anni dopo Izzo confessò che l´avevano ucciso loro, gli amici del cuore. Ancora non so se sia vero, se le indagini della polizia hanno confermato quell´orrore. Per il piacere di sentirsi un maledetto, Izzo ha confessato tanti delitti che rimangono misteriosi. Il loro gioco preferito erano gli sfasci, così chiamavano gli stupri fatti in gruppo. Incantavano qualche ragazza ingenua, ma anche qualche pariolina, e la sfasciavano. Avevano pistole e soldi, erano sadici e strafottenti. Ogni tanto prendevano il microfono durante le messe, nello spazio aperto ai fedeli, e si lanciavano in lunghi sermoni misticheggianti. Izzo era una mezza sega, il più magrolino, il meno ricco, il più insicuro. Si diceva che fosse la mente di quella banda di criminali, l´eminenza grigia del gruppo, ma a me pareva solo un ragazzo debole e malaticcio. Girava voce che fosse impotente. Una volta mi beccarono in tre per viale Eritrea e mi picchiarono, perché ero comunista. Un´altra volta convocarono fuori scuola Cittadini, il più famoso picchiatore nero di Roma. Fortunatamente ero uscito un´ora prima. Cittadini morì per overdose nel cesso del bar Euclide qualche anno dopo. Quando lessi sul giornale del massacro del Circeo, non mi stupii più di tanto. Sapevo quanto quei pazzi disprezzavano le donne e i poveracci. Sapevo che Izzo e Guido erano capaci di tutto, avevano gli occhi senza luce di chi può uccidere una ragazza come si schiaccia una mosca. Eppure quando vidi in televisione una lunga intervista a Izzo, che condannava il suo passato mostruoso e si diceva cambiato, ho provato un sollievo. Si può sempre cambiare, ho pensato. Mi ero sbagliato. Marco Lodoli