Alessandro Penati, La Repubblica, 06/05/2005, 6 maggio 2005
L’impossibilità di conciliare capitalismo e banche popolari Banche popolari in borsa, La Repubblica, 06/05/2005 L´assalto della Popolare di Lodi all´Antonveneta ripropone il problema della compatibilità tra istituzioni finanziarie a struttura cooperativa e Borsa
L’impossibilità di conciliare capitalismo e banche popolari Banche popolari in borsa, La Repubblica, 06/05/2005 L´assalto della Popolare di Lodi all´Antonveneta ripropone il problema della compatibilità tra istituzioni finanziarie a struttura cooperativa e Borsa. Come coniugare il rispetto delle regole di governance richieste alle società quotate, la tutela dei diritti degli azionisti e la libera circolazione dei capitali in Europa, con la presenza in Borsa di società in cui ogni socio può esprimere un solo voto, indipendentemente dalla quantità di azioni detenute, e l´ingresso nel capitale è soggetto a una clausola di gradimento? Alla Commissione Europea pensano che non sia possibile, e hanno aperto una procedura di infrazione. Il caso riapre un dibattito antico e appassionato perché "la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata" è sancita dalla Costituzione, e profondamente radicata nella cultura italiana. Nessuno mette in discussione l´utilità sociale delle cooperative, o disconosce il ruolo che hanno svolto nello sviluppo del Paese. Nessuno nega alle cooperative, in quanto espressione della libera iniziativa, piena dignità in un´economia di mercato. Le cooperative, infatti, non sono una prerogativa italiana, ma esistono e prosperano in tutta Europa e in America. Ovunque, negli Stati Uniti, ci sono Credit Union, o Savings and Loans Association, che offrono servizi finanziari ai soci senza scopo di lucro. In Inghilterra, le Building Society, nate nell´ottocento dall´iniziativa di artigiani e lavoratori che volevano acquistare una casa, continuano ancora oggi a finanziare su base mutualistica gli acquisti di immobili. Se lo scopo è raccogliere il risparmio tra i soci, per distribuirlo sotto forma di mutuo, prestito o polizza assicurativa, la struttura cooperativa per banche e assicurazioni va benissimo. Ma quando la banca (o l´assicurazione), per crescere, va in Borsa e raccoglie capitali da azionisti terzi, bisogna assicurare che tutte le azioni abbiano uguali diritti, e tutti gli amministratori uguali doveri. Così Halifax, una building society fondata nel 1853, per quotarsi (nel 1997), si è trasformata in società per azioni. Ha poi acquisito Bank of Scotland, per fondersi nell´attuale Hbos: una banca da 45 miliardi di euro, il doppio di Banca Intesa. Abbey, fondata nel 1849, ha seguito lo stesso percorso; ma l´anno scorso è diventata preda del Santander, per 12 miliardi di euro. Ed è questo il vero problema in Italia: in molti casi, la struttura cooperativa serve solo come scudo contro le scalate per banche e assicurazioni che però si servono della Borsa per lanciarsi alla conquista di altre società. Il management di queste istituzioni, non avendo azionisti di riferimento, e non rischiando l´acquisizione, è di fatto autoreferenziale; e spesso non deve rispondere a nessuno della logica economica e della redditività delle proprie decisioni. La Banca Popolare di Lodi e Unipol sono i casi più spregiudicati nell´utilizzo della struttura cooperativa per costruire imperi al riparo da attacchi. La Lodi, da banca popolare si è trasformata in holding di controllo che, attraverso due società quotate, si è lanciata in una sfrenata campagna acquisti. In Unipol, del vecchio spirito cooperativo "rosso" è rimasto solo l´indirizzo (via Stalingrado, 45): per il resto, 29 cooperative controllano una holding, Holmo, che insieme a Mps controlla una seconda holding, che detiene il 51% delle azioni ordinarie Unipol. E per non diluire il controllo delle cooperative, non mettere mano al portafoglio, ma raccogliere le risorse necessarie per le acquisizioni, si è ricorso ad azioni con diritti di voto limitati. Scatole cinesi, discriminazioni degli azionisti, e strutture finanziarie che ricordano più il far west che la funzione sociale delle cooperative. L´utilizzo strumentale della struttura cooperativa contribuisce a spiegare la natura frammentata del nostro sistema finanziario, e il suo nanismo: dei 44 titoli quotati, ben 17 sono di società a struttura cooperativa (o controllate da una cooperativa). Ma non siamo i soli: in Francia, Credit Agricole è una società per azioni quotata, controllata da 2.629 banche cooperative locali; che controllano 43 banche cooperative regionali; che controlla, attraverso una holding, il 52% del Credit Agricole. Natexis, quotata, ha sopra di sé la solita holding, e 20 banche popolari. Quando sono in gioco gli interessi della Francia, il mercato unico europeo può attendere. Probabile dunque che l´iniziativa della Commissione Europea sfocerà in un nulla di fatto. Banchieri e assicuratori "popolari" nostrani possono dormire sonni tranquilli. Alessandro Penati