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 2005  maggio 03 Martedì calendario

Elettrodomestici, venti di guerra. Il Sole 24 ore 03/05/2005. Cinquemila esuberi: tanti sarebbero, al momento, i posti a rischio nell’industria degli elettrodomestici

Elettrodomestici, venti di guerra. Il Sole 24 ore 03/05/2005. Cinquemila esuberi: tanti sarebbero, al momento, i posti a rischio nell’industria degli elettrodomestici. Il caso Whirlpool - la multinazionale americana che, la scorsa settimana, ha annunciato mille tagli negli stabilimenti di Varese - ha messo a nudo la grave crisi in cui sta sprofondando un settore di punta del made in Italy. La <frana dell’elettrodomestico>, come la definiscono alcuni addetti ai lavori, è fenomeno recente, degli ultimi 7-8 mesi, anche se le cause sono numerose e arrivano da lontano. I posti in pericolo. Gli esuberi alla Whirlpool potrebbero essere la punta di un iceberg le cui dimensioni reali restano, al momento, ancora tutte da definire. La scorsa settimana Federmeccanica e sindacati si sono incontrati per fare il punto della situazione e attivare un osservatorio sui processi di trasformazione (in particolare la delocalizzazione di produzioni verso Paesi a più basso costo del lavoro e con una domanda di prima installazione anziché di sola sostituzione) che stanno scuotendo il settore. Dalle prime valutazioni, i posti in pericolo sarebbero circa 5mila, tra i lavoratori diretti e quelli dell’indotto. Ma il quadro è in rapida evoluzione e la crisi potrebbe aggravarsi nel giro di poco tempo, soprattutto nel comparto dei frigoriferi, il più colpito dalle trasformazioni in corso. < presto per dire se ci troviamo di fronte a una situazione analoga a quella del tessile, ma certo le preoccupazioni aumentano>, affermano alcuni sindacalisti. Un settore orientato all’export. Gli addetti diretti del settore, nel quale spiccano quattro big (Electrolux; Indesit Company; Candy e Whirlpool) accanto a moltissime piccole e medie imprese, sono 50mila, a cui si aggiungono altri 150mila lavoratori dell’indotto. Il settore ha un fatturato pari a circa 9,5 miliardi di euro, di cui 6 miliardi derivati dalle esportazioni. Rilevante il contributo offerto alla bilancia commerciale italiana: l’industria degli elettrodomestici presenta un saldo attivo di 5 miliardi di euro. Gli ultimi dati di mercato, elaborati dall’Anie, non promettono però nulla di buono. Nel primo trimestre 2005 la produzione di frigoriferi e congelatori è calata del 20% sull’analogo periodo del 2004, quella di lavatrici e lavastoviglie del 4% mentre il segmento "cottura" (forni, piani cottura, cucine) ha patito un calo del 10%. Del resto la curva della produzione complessiva del settore aveva iniziato a manifestare un profilo negativo già a partire dal settembre 2004. Le cause delle difficoltà. La crisi attuale è il frutto di alcune ragioni di fondo (sulle quali concordano sia i sindacati sia le imprese): innanzitutto, l’aggressività delle tigri asiatiche sta mettendo in seria difficoltà i produttori di piccoli elettrodomestici. Secondo Roberto Biglieri, direttore generale di Federmeccanica, <questi prodotti presto saranno interamente fabbricati nel Far East e le imprese europee non hanno alcuna possibilità di competere con gli asiatici>. Il divario di costo tra le produzioni europee e quelle asiatiche è tale da scoraggiare qualsiasi progetto per l’arricchimento tecnologico dei prodotti europei. <I Paesi emergenti dell’Europa orientale e asiatici hanno oramai sostituito i Paesi occidentali nella produzione di apparecchi a basso contenuto tecnologico> conferma Antonio Guerrini, segretario generale di Anie (Associazione nazionale industrie elettroniche ed elettrotecniche). Ciò che allarma è che queste valutazioni valgono anche per i grandi elettrodomestici, ad esempio i frigoriferi, il classico prodotto maturo. Un vecchio direttore del personale del gruppo Merloni, ora Indesit company, diceva spesso: <Il frigorifero è una scatola più fredda fuori che dentro>, facendo capire che i margini d’innovazione su un prodotto di questo genere sono bassissimi. La competizione con i produttori emergenti, asiatici ma anche turchi, è giocata tutta sul costo di produzione. E ovviamente gli europei, e gli italiani in particolare che in Europa sono i leader assieme ai tedeschi, sono svantaggiati. Una considerazione drammaticamente attuale, anche alla luce dell’allargamento a Est dell’Unione europea. <Il frigorifero - spiega Luciano Falchi, dirigente sindacale di Indesit Company - è una scatola dalle dimensioni ingombrati e con tecnologia matura. Un prodotto povero che però esige alti costi di trasporto>. <E i Paesi dell’Est europeo - incalza Roberto Taranto, direttore generale di Anie - presentano tutti una forte domanda di prima installazione, mentre sui mercati europei prevale di gran lunga la domanda di sostituzione. Inoltre anche il livello professionale della manodopera locale è buono>. Logico quindi che un’impresa, soprattutto se si tratta di un player globale come Whirlpool o Electrolux, scelga di produrre frigoriferi direttamente in Polonia o nella Repubblica Ceca, piuttosto che fabbricali in Spagna o in Italia e poi trasportarli verso i nuovi mercati di sbocco. La delocalizzazione a Est. E qui s’inserisce la seconda grande ragione della crisi: le delocalizzazioni. Un fenomeno che non interessa solo l’impresa madre ma che coinvolge anche le attività dell’indotto (la componentistica). In pratica è come se un intero distretto industriale, o una parte rilevante di esso, si trasferisse da un Paese all’altro. Un processo che sarà molto difficile arrestare. Biglieri parla chiaro: <I processi di delocalizzazione in atto nell’industria degli elettrodomestici potranno forse essere rallentanti, ma non fermati>. I riflessi sulle aziende. Electrolux ha già avvertito che, entro il 2008, punta a trasferire a Est il 50% dei suoi impianti europei e Nord americani. Una decisione, assieme ai recenti esuberi annunciati dal gruppo in Italia (250 addetti nello stabilimento di Firenze dove si producono piccoli frigoriferi), che sta provocando malumore tra i lavoratori, che il prossimo 13 maggio si fermeranno per 8 ore con manifestazione a Pordenone, dove ha sede il quartier generale di Electrolux. L’azienda però in un incontro al ministero delle Attività produttive ha confermato gli impegni sulle fabbriche italiane, dove nel 2005 sono previsti investimenti di circa il 20% in più della media degli ultimi 5 anni e di circa il 30% in più del 2004. Ma i sindacati restano con le antenne dritte. <Ciò che vanno scoraggiate - afferma Maurizio Landini, coordinatore nazionale elettrodomestici della Fiom-Cgil - sono le delocalizzazioni basate su una pura logica di taglio dei costi per conseguire profitti immediati. Noi siamo disposti a discutere sui riassetti delle produzioni, ma a patto che siano inserite in piani industriali volti a salvaguardare la capacità competitività dell’azienda>. Secondo i sindacati, c’è una profonda differenza tra un processo teso a internazionalizzare un’impresa e la sua capacità di competere e innovare i prodotti e un processo di pura delocalizzazione produttiva tesa semplicemente ad abbassare i costi. Anche la Candy ha imboccato la via dell’Est, avviando nella Repubblica Ceca un nuovo stabilimento per produrre frigoriferi. Così si spiegano i 185 esuberi denunciati da Candy nell’impianto bergamasco di Cortenuova, oggetto di un accordo raggiunto, di recente, tra azienda e sindacati. <Il gruppo però è sano - commenta Nicola Alberta, segretario lombardo della Fim-Cisl, nonché coordinatore nazionale del gruppo Candy - e questi tagli non sono il frutto di una crisi strutturale ma di un riassetto delle produzioni in Europa. Noi non ci aspettiamo nuovi esuberi in futuro e stiamo chiedendo all’azienda di continuare a giocare un ruolo importante in questo settore>. Anche a Fabriano, sede storica del gruppo Merloni (ora Indesit Company), la situazione è sotto controllo: <L’azienda - dice Falchi - ha sempre seguito una politica occupazionale molto accorta, utilizzando il polmone dei contratti a termine per far fronte alle oscillazioni della congiuntura. Attualmente nel gruppo è in corso una discussione sulla mission di ciascun stabilimento. Tutti gli impianti sono sotto osservazione, ma escludiamo problemi>. E di problemi, almeno fino a giugno, non ve ne dovrebbero essere neppure nello stabilimento Haier (il colosso cinese di elettrodomestici) di Campodoro (Padova), dove si producono solo frigoriferi: <Fino a giugno c’è lavoro assicurato - conferma Claudio Garzotto, che segue Haier per la Fim-Cisl - poi si vedrà>. La scommessa dell’azienda, che a Padova impiega circa 90 addetti, in gran parte extra-comunitari, è di spostarsi sull’alto di gamma per recuperare le perdite del 2004. Marco Morino