Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  aprile 30 Sabato calendario

Banca Anton Veneta: strana alleanza tra Tevere e Po, Sole 24 ore, 30/04/2005 Hanno in comune almeno quattro caratteristiche: il coraggio, la volontà di emergere, l’abilità nelle battaglie quotidiane e nel disegnare scenari di sviluppo, una buona dose di spregiudicatezza

Banca Anton Veneta: strana alleanza tra Tevere e Po, Sole 24 ore, 30/04/2005 Hanno in comune almeno quattro caratteristiche: il coraggio, la volontà di emergere, l’abilità nelle battaglie quotidiane e nel disegnare scenari di sviluppo, una buona dose di spregiudicatezza. Ora si trovano ad avere un ruolo chiave nello scontro in corso per il controllo della Banca AntonVeneta. Gianpiero Fiorani, amministratore delegato della Bpl di Lodi, è il banchiere che ha sfidato il colosso olandese Abn Amro rastrellando quasi un terzo delle azioni del gruppo bancario padovano, ad un soffio dalla soglia del 30%, sopra la quale scatta l’offerta pubblica di acquisto. Lo ha fatto, secondo le dichiarazioni ufficiali, in tempi brevissimi: poche settimane. Nel frattempo, uno dopo l’altro, sono spuntati nell’azionariato di AntonVeneta imprenditori che con Fiorani hanno rapporti d’affari, e di frequentazione, consolidati: il bresciano Emilio Gnutti (Chicco per gli amici), Giovanni Consorte (l’amministratore delegato di Unipol, detto Gianni), Stefano Ricucci. Tutti sostengono di essersi mossi in ordine sparso. Anche perché, in caso contrario, scatta l’azione di concerto, con relativo obbligo di contro Opa. Tutti sono determinati nel bocciare l’offerta degli olandesi. Resta il fatto che, grazie a loro, il governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, può contare su un poker di azionisti per mantenere in mani italiane il controllo di AntonVeneta, evitando quella che considera l’apertura di una breccia nel sistema bancario. Il laboratorio del sodalizio è la finanziaria bresciana Hopa, cassaforte degli investimenti di Gnutti, che ha come soci sia Bpl sia Unipol, entrambi presenti nel patto di sindacato (mentre lo stesso Gnutti e Unipol sono partner azionari del gruppo Bpl). Non è più socio di Hopa, invece, Ricucci, ma lo è stato per qualche tempo (così come è stato azionista con il 4,7% di Holinvest, la controllata di Hopa che possiede azioni Olivetti) ed è rimasto consigliere di amministrazione mantenendo con il resto del gruppo relazioni d’affari consolidate. All’epoca in cui AntonVeneta era guidata da Silvano Pontello, i quattro avevano come propellente la merchant bank del gruppo: Interbanca. Poi, dopo la morte del banchiere, il nuovo amministratore delegato di AntonVeneta, Piero Luigi Montani, ha voltato pagina. Billé per amico. Cemento delle alleanze sono affari, mobiliari e immobiliari. L’operazione all’ordine del giorno più importante, perché può rivelarsi molto, molto redditizia, è la gara in corso per gli immobili Enasarco, fortemente voluta dal presidente della Confcommercio, Sergio Billé. La posta in gioco vale 3 miliardi di euro e riguarda la gestione del patrimonio Enasarco. Attualmente i tassi di rendimento degli immobili risultano irrisori e possono essere moltiplicati con una certa facilità. In più chi ottiene la gestione, vincendo una delle gare di maggior peso a livello europeo, ha possibilità di utilizzare le proprietà come volano finanziario e diventa interlocutore privilegiato per eventuali, prevedibili dismissioni. Nei giorni scorsi è stata fatta una prima selezione e tra i gruppi che hanno superato la prova spicca la coppia Fiorani-Ricucci (a cui si è aggiunta la Deutsche bank italiana), ritenuta la grande favorita, anche per via dei rapporti più che eccellenti, a tutto campo, tra Ricucci e Billé. Semplici invidie di concorrenti che temono di finire spiazzati? Di sicuro gli animi sono accesi e c’è chi ricorda almeno un retroscena: la campagna svolta da Billé a favore di Ricucci nel tentativo, peraltro fallito, di ottenerne la nomina a cavaliere del lavoro. Più concreti sono i legami tradizionali tra Ricucci e Fiorani. Il do ut des è evidente. Ricucci è azionista del gruppo Bpl con il 2% circa del capitale e, nello stesso tempo, ne è stato abbondantemente finanziato (almeno in passato e soprattutto nella fase iniziale delle sue attività). Un appoggio continuato quando le avance tentate nei confronti del vertice di Capitalia sono andate a vuoto, come conferma la rottura traumatica dei rapporti tra Ricucci e Fabrizio Lombardo, amministratore delegato della lussemburghese Magiste nonché genero di Cesare Geronzi, presidente del gruppo bancario romano. Altri canali di approvvigionamento e supporto, oltre a Bpl, sono stati Banca Intermobiliare di Torino (con cui le relazioni rimangono strette) e Meliorbanca (con cui i rapporti si sono decisamente raffreddati). Intermobiliare, controllata dalla famiglia Segre, è un crocevia di cui tenere conto. Franca Bruna Segre, presidente d’Intermobiliare, ha ereditato il posto del marito Giulio come referente storico di Carlo De Benedetti, custode di notizie riservate a livello delle finanziarie capofila del gruppo. E Intermobiliare ha un ruolo chiave nell’affiancare Ricucci nelle operazioni sul mercato azionario. Rcs nel mirino. Blitz che hanno acceso su di lui i riflettori delle cronache finanziaria quando è diventato titolare di partecipazioni decisive: da Bnl (4,9%) all’AntonVeneta (quasi il 5%) fino alla Rcs. Così, grazie a poco meno del 7% controllato da Ricucci, Fiorani e compagnia hanno possibilità di giocare un ruolo anche nelle manovre per il controllo del Corriere della Sera, finora riservate ad altri due banchieri capofila degli schieramenti all’interno del patto di sindacato attuale: Geronzi e Giovanni Bazoli, presidente di Banca Intesa. Grandi partite, grandi professionisti, come quelli di cui si è sempre circondato Fiorani. Tre, in particolare, meritano di essere ricordati. Prima di tutto Arnaldo Borghesi, l’amministratore delegato della Lazard italiana, che lo affianca nello scontro per il controllo di AntonVeneta e viene considerato pronto per altri, prestigiosi incarichi (per esempio in Bpl-AntonVeneta). Poi Piergaetano Marchetti che, come notaio, segue da anni tutte le operazioni principali di Fiorani ed è presidente di Rcs. Infine Federico Imbert, numero uno di Jp Morgan Chase in Italia, molto attivo sul fronte AntonVeneta e gran suggeritore delle mosse di Hopa. Proprio Jp Morgan, che nei giorni scorsi ha collocato presso investitori istituzionali il 17% di Mediaset, ha portato in dote a Bpl un pacchetto del 2%, passato di mano all’inizio di aprile, negli stessi giorni in cui Abn ha formalizzato il lancio dell’Opa. Una operazione, quella di Jp Morgan, finita per tempi e metodi sotto la lente di Consob. Hopa ha raccolto i frutti di quanto Gnutti e l’amico Imbert hanno seminato nel blitz che li ha lanciati nel mondo dell’alta finanza: la scalata a Telecom tramite la lussemburghese Bell. Erano tempi in cui il vero referente di Consorte, Massimo D’Alema, definiva Gnutti e Roberto Colaninno come <capitani coraggiosi>, pronti a sfidare l’establishment. Poi Colaninno ha preso altre strade, mentre il sodalizio tra Gnutti e Consorte è rimasto, rafforzato dalla partecipazione in Hopa e dall’asse con Fiorani. L’immobiliare è uno dei terreni in cui le triangolazioni tra Gnutti, Ricucci e Fiorani danno soddisfazioni adeguate, a parte qualche clamorosa incomprensione tra i primi due, che finiscono in tribunale (quello civile, di Roma, con successiva transazione). La più impegnantiva è stata il passaggio della Iil, la Investimenti immobiliari lombardi, quotata in Borsa, da Gnutti a Bpl, con Ricucci che ha partecipato come azionista della società venduta. La meno riuscita, almeno per il momento, è stata l’entrata in Snia, effettuata tramite Hopa, azionista di riferimento della società tramite la finanziaria Bios (di cui è azionista anche Unipol al 7,3%). Così come è andato male, un paio di anni fa, il tentativo di acquisto della Toro, condotto da Unipol e Hopa. Bipartisan per vocazione. Gnutti e Consorte si ritrovano anche in Monte dei Paschi. Il primo ne è azionista (con il 3% controllato da Hopa) e vicepresidente (nonostante una condanna in primo grado per insider trading), pronto a fare da sponda alle mosse con cui Consorte cerca da tempo di lanciare l’intesa Unipol-Mps (tra cui ci sono partecipazioni incrociate a livello di gruppo). Finora però senza successo. Bloccato in una certa fase dall’ex sindaco di Siena, Pierluigi Piccini, e successivamente dal presidente della Fondazione Monte dei Paschi, Giuseppe Mussari, vicino nella mappa diessina a Franco Bassanini, molto influente nelle vicende Mps. L’asse con D’Alema, nel caso specifico, si è rivelato insufficiente, pur assicurando la copertura dei capitani coraggiosi sul versante del centro sinistra. Ancora più stringenti risultano i legami con il centro destra, con Fiorani che ha al suo attivo due colpi da maestro: l’acquisto in passato della milanese Banca Rasini (dove affonda le radici la famiglia Berlusconi) e il salvataggio recente della banca fondata dalla Lega Nord (al centro di una inchiesta per riciclaggio della magistratura milanese). Hopa ha come azionista il gruppo Fininvest e rapporti stretti con due ex amministratori delegati della società berlusconiana: Ubaldo Livolsi (in passato socio e attualmente consigliere di amministrazione) e Claudio Sposito, fondatore del fondo Clessidra (di cui la finanziaria bresciana è tra gli investitori). Ma va considerata una terza circostanza: l’appoggio dato a Fiorani dalla Mediolanum di Ennio Doris nella battaglia per AntonVeneta. Nonostante ciò l’asse di maggior peso è con il grande centro ex democristiano, prediletto da Fiorani. Il senatore Luigi Grillo è tramite delle relazioni con il governatore della Banca d’Italia, mentre Fabrizio Palenzona, ex dc ed ed ex presidente della provincia di Alessandria per conto dell’Ulivo ma anche vicepresidente di UniCredit, coltiva le frequentazioni con Vincenzo Maranghi, ufficialmente uscito di scena dopo l’addio a Mediobanca. Fabio Tamburini