Corriere della Sera 30/04/2005, pag.37 Paolo Valentino, 30 aprile 2005
Il consenso al nazismo? Figlio del welfare. Corriere della Sera 30/04/2005. Berlino – Il nazismo? Una " dittatura piaciona " , che si assicurò un consenso vastissimo fino alla fine dei suoi giorni, attraverso " la sistematica e continua corruzione sociale e politica del popolo tedesco "
Il consenso al nazismo? Figlio del welfare. Corriere della Sera 30/04/2005. Berlino – Il nazismo? Una " dittatura piaciona " , che si assicurò un consenso vastissimo fino alla fine dei suoi giorni, attraverso " la sistematica e continua corruzione sociale e politica del popolo tedesco " . Le guerre di espansione hitleriane? Lo strumento di un piano di riduzione alla schiavitù di vaste regioni dell’Europa, mirato a fare razzia delle risorse necessarie per finanziare il socialismo nazionale, che teneva avvinghiati i tedeschi al regime. L’Olocausto? " Il più grande omicidio di massa a scopo di rapina della storia moderna " . Sono le tesi centrali e più provocatorie del saggio di un storico tedesco, Goetz Aly, da meno di un mese in libreria, ma già rivelatosi ordigno incendiario di una polemica che lacera la comunità degli studiosi, eccita i media e riapre l’eterna ferita della colpa collettiva, che da sessant’anni angoscia la Germania e intriga il mondo intero. Pubblicato da S. Fischer Verlag, urticante fin dal titolo, Hitlers Volksstaat. Raub, Rassenkrieg und nationaler Sozialismus ( " Lo Stato popolare di Hitler. Rapina, guerra razziale e socialismo nazionale " ) , è stato salutato dallo storico Hans Mommsen come " un lavoro pionieristico " , che analizza e individua nella politica finanziaria e sociale del Terzo Reich una chiave decisiva per comprendere il perché un regime criminale fosse riuscito a far breccia nel popolo tedesco, assicurandosene sostegno, silenzio e complicità anche di fronte all’indicibile, lo sterminio di un intero popolo. Secondo Aly, il collante principale furono quindi non solo e non tanto l’ideologia e il carisma seduttore del Führer, quanto il denaro, l’ondata di misure tese ad avvicinare nella pratica l’obiettivo, fin qui ritenuto da molti storici solo propagandistico, di una società senza classi, un’autentica Volksgemeinschaft , comunità popolare, coccolata con pingui assegni familiari, mutui a tasso zero e generose esenzioni fiscali. E ancora, le vacanze a spese dello Stato con il celebre programma Kraft durch Freude , forza attraverso gioia, o la motorizzazione di massa con la retorica della Volkswagen. Particolarmente controverso è il fatto che Aly, docente all’Università di Francoforte, ma mai veramente accettato dagli spocchiosi accademici tedeschi, usi la sua chiave interpretativa anche per la persecuzione degli ebrei e la guerra. Secondo lo storico, infatti, i debiti di questo " socialismo nazionale " , che durante il conflitto abolì fra l’altro ogni tassa per tutti i lavoratori a reddito fisso ed esentò fino alla fine le donne dallo sforzo di guerra, vennero in buona parte coperti saccheggiando le risorse dei Paesi occupati dal 1938 in poi, attraverso operazioni di finanza creativa, messe in atto dai funzionari dell’amministrazione del Reich o delle grandi banche tedesche. Il 70 per cento dei costi di guerra sarebbe stato coperto in tal modo. Anche lo sfruttamento dei lavoratori schiavi, usati soprattut to dalla mano pubblica, rientra in questo schema. Un meccanismo infernale, impossibile da fermare, pena la sopravvivenza del regime, legava quindi il welfare nazista, la guerra e il loro finanziamento. L’esproprio e la rapina sistematica delle comunità ebraiche, in Germania come in tutti i Paesi invasi dalla Wehrmacht, che precedettero e accompagnarono l’Olocausto, servirono al medesimo scopo: assicurare il benessere dei tedeschi, i quali ancora dopo la sconfitta di Stalingrado si videro aumentare le rendite d’anzianità ed estendere la cassa malattia anche ai pensionati. Attingendo a documenti inediti, provenienti dagli archivi dei ministeri finanziari europei, Aly illustra i dettagli delle operazioni di finanza criminale, condotte ai danni degli ebrei in Grecia, Ungheria e altri Paesi dell’Est europeo. E stima che il valore delle proprietà ebraiche, finite nelle casse di guerra, oscillasse fra 15 e 20 miliardi di marchi tedeschi dell’epoca. Molto più alto fu quello dei beni che gli ebrei furono costretti a vendere a prezzi irrisori ai privati. La conclusione di Aly è che sia stato proprio il patto scellerato con il popolo tedesco, corrotto dai benefici della guerra di rapina e dell’Olocausto, a consentire al nazismo di resistere oltre ogni aspettativa. " Gretto materialismo " , ribatte dalle pagine di Der Spiegel Hans Ulrich Wehler, autore di una celebre Storia della società tedesca , che accusa Aly di " offrire in tal modo una interpretazione completamente sbagliata della Shoah " . Non la corruzione materiale, secondo Wehler, ma " l’antisemitismo radicalizzato " fu il motore dell’Olocausto. Quanto al consenso plebiscitario, Hitler lo conseguì veramente solo dopo l’annessione dell’Austria e l’invasione della Polonia, quando ancora la guerra di rapina non era cominciata. Falsa è soprattutto la tesi di Aly, secondo cui, nel decennio precedente l’arrivo dei nazisti al potere, " i tedeschi non fossero più carichi di risentimento degli altri europei e il loro nazionalismo non fosse più razzista di quello di altre nazioni " . No, contesta Wehler, " fatta eccezione per gli austriaci, nessun popolo come quello tedesco ha sofferto il trauma della sconfitta nella Prima guerra mondiale, dell’umiliante pace di Versailles, della crisi economica del 1929, con la conseguenza che l’antisemitismo razzista guadagnò terreno, sviluppandosi in aggressività militante " . Ancora più critico è Ralf Georg Reuth sulla Welt am Sonntag : " Hitler era prigioniero della sua follia ideologica razzista " e chi, come Aly, trascura questo fatto, " ignora l’essenza stessa del dittatore e del nazionalsocialismo " . L’odio sterminatore del Führer nasceva proprio dalla " visione perversa di una presunta minaccia alla civiltà, rappresentata dalla razza ebraica " . Reuth accusa apertamente Aly di aver confezionato, con la sua " variante materialistica della colpa collettiva " , una " provocazione calcolata " mirata a fare del suo libro un bestseller. Paolo Valentino