Varie, 29 aprile 2005
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Garavini Sergio
• Torino 8 aprile 1927, 8 settembre 2001. Politico • «[...] Una vita spesa ”al fianco dei lavoratori”, si diceva una volta, e mai come in questa occasione la retorica non ha nulla a che fare con la verità di quella scelta che non è stata neanche per un momento solo un annuncio, ma una pratica coerente e permanente di vita, di stile, di convincimento ideale. Torinese, bella figura slanciata ed elegante, dai modi cortesi e dall’eloquio quasi erudito che portava il segno della sua estrazione altoborghese, Garavini ha cominciato giovanissimo a militare nel sindacato, in quella Cgil che negli anni ’50 e ’60, grazie anche al contributo di uomini come lui, riuscì faticosamente a riscattare la centralità della ”questione operaia” contro le durissime politiche neoconservatrici dei governi della destra democristiana e del padronato ancora nostalgico di un’Italia senza diritti. Dirigente nazionale della Fiom, la categoria più agguerrita e progressiva del sindacato metalmeccanico, Sergio Garavini entrò in politica e al congresso della svolta del Pci a Rimini fece la scelta della scissione e con Cossutta dette vita a Rifondazione comunista. Lui e Armando Cossutta, che pure lo indicò quale primo segretario del nuovo partito comunista, erano politicamente e culturalmente inconciliabili. Radicali entrambi, ma tanto era rigoroso e idealista il primo, quanto pragmatico e togliattianamente inesorabile il secondo. Una differenza che non implica un giudizio moralistico, ma certo che contribuì all’uscita di scena dell’ex sindacalista dalla segreteria di Rifondazione per lasciare il posto ad un altro sindacalista, Fausto Bertinotti che, pur non essendo comunista, seppe tener testa al coriaceo presidente del partito. Quando Garavini fu defenestrato, si disse che Cossutta ne fagogitò la memoria, condividendo quel banchetto con l’uomo in cachemire. Poi la storia della seconda scissione (da Rc il partito Comunista d’Italia) forse fece giustizia di quell’episodio. Amareggiato, deluso, isolato, Sergio Garavini continuò tuttavia la sua battaglia nella sinistra italiana e negli ultimi anni si spese in tutti i modi per sciogliere i nodi delle mille divisioni e puntare alla sua unità e al suo rilancio. Da Rifondazione aveva preso le distanze, ma non ha mai riconosciuto al Pds e poi ai Ds la piena legittimazione dell’eredità del Pci. Un po’ come Pietro Ingrao, che pure non aveva condiviso la scissione, ma che nella Quercia non si è mai riconosciuto. Di Ingrao, Sergio Garavini è stato forse uno dei più sinceri e convinti estimatori» (Gianni Giovannetti, ”Il Messaggero” 9/9/2001).