Masolino D’Amico, ttL de La Stampa, 23/04/2005, 23 aprile 2005
Arthur Mumby, ttL de La Stampa, 23 aprile 2005 QUANDO morì ottantunenne nel 1910, Arthur Mumby, ex avvo- cato e letterato minore per non dire sconosciuto, che peraltro era stato amico di intellettuali come Dante Gabriel Rossetti, lasciò un testamento in cui rendeva pubblico il suo matrimonio segreto, durato più di trentacinque anni, con una umile domestica, scomparsa l’anno prima
Arthur Mumby, ttL de La Stampa, 23 aprile 2005 QUANDO morì ottantunenne nel 1910, Arthur Mumby, ex avvo- cato e letterato minore per non dire sconosciuto, che peraltro era stato amico di intellettuali come Dante Gabriel Rossetti, lasciò un testamento in cui rendeva pubblico il suo matrimonio segreto, durato più di trentacinque anni, con una umile domestica, scomparsa l’anno prima. La notizia fece scalpore e molti giornali la ripresero, fu dunque con sollievo che gli eredi del defunto, anche in questo rispettando le sue volontà, consegnarono i suoi diari, le sue lettere e altri documenti al Trinity College di Cambridge, già alma mater di costui, con la clausola che non fossero aperti fino al 1950. Il contenuto delle polverose scatole fu debitamente reso noto alla data fissata, ma passò altro tempo prima che degli studiosi se ne occupassero davvero. Quando tuttavia questo avvenne il campionario ormai sterminato delle eccentricità vittoriane si arricchì di un esemplare impareggiabile. Con ricchezza di particolari, quei documenti registravano infatti una passione singolarissima, coltivata per molti decenni e minuziosamente documentata, vale a dire la raccolta di informazioni sulle condizioni di vita delle donne lavoratrici, quelle del genere più umile. Quando era ancora studente di legge a Londra, dov’era calato dalla nativa York, Arthur Mumby aveva scoperto di essere irresistibilmente attirato dalle serve, dalle sguattere, dalle spazzine, dalle operaie in miniera, dalle raccoglitrici di telline, dalle zingare. Non dalla loro avvenenza, anzi, al contrario, soprattutto dal loro aspetto sudicio, dalle loro mani screpolate, dalla loro scarsa femminilità: prediligeva quelle robuste, veri animali da fatica. Una volta individuata una di queste creature, nella folla londinese o anche nelle sue gite in provincia, egli la seguiva, la intervistava a lungo, spesso la convinceva con una mancetta a farsi fotografare per lui in uno studio specializzato. Raccolse così meticolosamente per uso proprio, senza mai pensare a comunicarli ad altri, dati e immagini di centinaia di persone così, e solo per questo il suo lascito costituisce un importante contributo alla storia sociale della «working class». Ma c’è di più. Benché i contatti di Mumby con le sue prede fossero invariabilmente casti e rispettabili, dietro la sua attrazione c’era senza dubbio una forte ancorché non confessata componente erotica. Questa esplose in una delle più insolite storie d’amore dei tempi moderni quando, molto presto, il cacciatore di sguattere si imbatté nella sua partner ideale: Hannah Cullwick, ventenne, un metro e settantadue per settanta chili di peso, e una circonferenza di bicipite di 33 centimetri. Hannah faceva la serva a Londra, addetta alle pulizie in una casa privata, con un orario di lavoro di sedici ore al giorno - si alzava alle sei, puliva e preparava i camini, vuotava i pitali, aiutava in cucina, passava alle pulizie della casa, ecc., ecc. Amava quell’attività, era energica e fattiva. In una rara visita a teatro si era identificata con Myrrha, la schiava protagonista del Sardanapalo di Byron, e da quel giorno non aveva sognato che di trovare un padrone per cui sacrificarsi. Con Mumby, che l’abbordò per strada il 26 maggio 1854, nacque immediatamente un rapporto di attrazione reciproca destinato a durare più di mezzo secolo. Tecnicamente i due non diventarono amanti, almeno la loro diffusissima e dettagliatissima corrispondenza non parla mai di sesso. Ma furono l’uno la luce degli occhi dell’altra. Mumby fu insaziabile di descrizioni di tutte le attività di Hannah, e Hannah gliele fornì, scrivendogli quasi quotidianamente per decenni, lettere in cui voluttuosamente si vanta di come quel tale giorno si è spaccata la schiena per raschiare i pavimenti, o per lustrare gli stivali, o per portar via la fuliggine dal camino - quest’ultimo essendo un numero che ripete spesso: a volte entra nel camino seminuda per il puro piacere di insozzarsi. Mumby adorava vederla bisunta, quando si incontravano lei si sporcava la faccia apposta. Nelle stanzette dove trovavano un po’ di intimità lei gli lavava i piedi, accucciata in terra, e gli puliva gli stivali leccandoli. Portava un collare di cuoio di cui solo Mumby aveva la chiave, e si fece fotografare in pose canine, o di schiava, o di Maddalena adorante. Quando si vedevano celebravano questi riti di abiezione di lei e di dominio, ancorché virtuoso, da parte di lui: ma dati i tempi era impensabile farsi vedere insieme, e per la città camminavano fingendo di non conoscersi. Ricorrevano a sotterfugi per scriversi. Lui era insaziabile di comunicazioni, che integrava diffusamente nel proprio diario; lei diventò sempre più abile nel maneggio, clandestino, della penna. Dopo vent’anni di relazione occultata, continuata durante vari spostamenti di lei - sempre suscettibile, come tutti i servitori dell’epoca, a licenziamenti senza preavviso per i motivi più futili - Mumby decise di sposarla e lo fece, sia pure segretamente, facendola quindi assumere nelle stanze della residenza per legali dove abitava a Londra: Hannah si fingeva serva con tutti, e quando poteva lo raggiungeva di nascosto. Ma non le piaceva vestirsi da signora nemmeno a quattr’occhi con lui, e questo avvicinamento non funzionò. Dopo pochi anni e qualche litigio a Hannah fu diagnosticato un esaurimento, e Mumby ne approfittò per trasferirla in campagna, a pensione da terzi, visitandola di rado, anche se le loro comunicazioni epistolari non cessarono mai. In qualche modo il fatto che lei avesse smesso di fare la serva cambiò la sostanza del rapporto, anche se nessuno dei due sostituì l’altro fino alla morte. L’autrice di Romanzo di amore e di sporcizia, Diane Atkinson, ha percorso le nutritissime vestigia della vicenda e ne dà conto con diligenza e senza azzardare diagnosi né giudizi, citando continuamente i documenti. Questi però, come spesso capita alle fissazioni, specie a quelle erotiche, sono monotoni. E’ noioso perfino il marchese De Sade, figuratevi i generosi estratti da centinaia e centinaia di pagine con umilianti exploit domestici, intesi a eccitare la protagonista e il voyeur - certe volte Mumby, sollecitato da lei, passava apposta davanti ai gradini delle case dove Hannah serviva, per godersela inginocchiata a raschiare lo sterco dei cavalli - ma nessun altro. Affascinati da una società che consente uno sfruttamento simile, i due complici non si sognano di contestarlo, ma in qualche modo se ne esaltano; nel fango può nascere un fiore. Non sono sicuro che sia un messaggio positivo, lo do per quello che vale. Masolino D’Amico