Giancarlo Baccini, Il Messaggero, 24/04/2005, 24 aprile 2005
Com’è fatta una macchina di Formula 1 e come ci si trova il pilota F1: display per amico, Il Messaggero, 24/04/2005 Conficcato nell’abitacolo, col sedere a pochi centimetri dall’asfalto e il corpo fasciato da quel semicono di indistruttibile fibra di carbonio che è il telaio della sua monoposto, il pilota di Formula 1 sfreccia in pista a 300 chilometri l’ora
Com’è fatta una macchina di Formula 1 e come ci si trova il pilota F1: display per amico, Il Messaggero, 24/04/2005 Conficcato nell’abitacolo, col sedere a pochi centimetri dall’asfalto e il corpo fasciato da quel semicono di indistruttibile fibra di carbonio che è il telaio della sua monoposto, il pilota di Formula 1 sfreccia in pista a 300 chilometri l’ora. E’ solo, ma non abbandonato a se stesso. La sua macchina vive con lui. Gli indica in che punto del tracciato si trovano, gli illustra lo stato di salute dei propri organi, gli dà informazioni sulle condizioni della pista, gli suggerisce come intervenire su di lei per migliorarne il rendimento, in certi casi gli impartisce persino degli ordini. Lui deve solo tenere gli occhi sul display TFT da 5 pollici che, circondato da una corona di interruttori e manette, troneggia al centro del volante. E’ infatti attraverso quello schermo che i computer di bordo gli dicono tutto ciò che gli serve di sapere. Serie di numeri. Grafici colorati. Led luminosi che si accendono in sequenze diverse a seconda del loro significato. Fra poco, forse già da quest’anno, persino immagini riprese da microtelecamere che svolgeranno la funzione degli specchietti retrovisori (anche se non potranno fisicamente rimpiazzarli perché il regolamento lo proibisce). Al pilota basta muovere le dita per reagire e interreagire, per ritoccare la regolazione del differenziale e adeguare la trazione alle caratteristiche di una curva o all’asfalto che si è sporcato d’olio, per variare l’erogazione della coppia motore o la carburazione, persino per resettare, facendo ricorso a una strategia di recovery preimpostata, una centralina andata in crash. Anche se gli eccessi di qualche anno fa sono fortunatamente alle spalle, e gli ingegneri han dovuto rinunciare al sogno di mandare in pista vetture autosufficienti e a prova di errore umano, l’elettronica conserva insomma un ruolo centrale nella gestione di una vettura di Formula 1. L’abolizione degli automatismi, imposta già da qualche stagione, non ha né diminuito l’area d’intervento dei computer sugli organi meccanici e idraulici - in particolare motore e trasmissione - né, certo, le funzioni di semplice monitoraggio occorrenti a verificare anche il carico aerodinamico o lo stato di funzionamento di freni, gomme, sospensioni, eccetera. Solo che ogni azione tendente a migliorare e/o correggere deve essere materialmente ordinata dal pilota. Ecco perché è fondamentale che le indicazioni siano non soltanto precise ma anche il più possibile dettagliate: il pilota ha a disposizione tante di quelle opzioni da rendere rischioso ogni più piccolo dubbio su cosa fare e come farlo. L’unico organo sottratto a ogni possibilità di controllo è il servosterzo, mentre sui freni la sorveglianza è elettronica ma il pilota può agire sul bilanciamento fra avantreno e retrotreno solo attraverso un ripartitore meccanico. Suddivise fra quelle che "leggono e danno informazioni", quelle che permettono di operare modifiche e quelle della Federazione Internazionale che fanno la spia per vigilare sul rispetto delle regole, le centraline installate su una monoposto 2005 sono pertanto, in media, una quindicina. Una di loro, la più complessa e potente, teletrasmette tutti i dati agli ingegneri che lavorano nei garage. Dotata di tecnologia simile a quella dei telefonini, ogni giro questa centralina "spara" in tempo reale 5 mega di pacchetti dati verso i box, da dove questi stessi dati vengono ritrasmessi via satellite in fabbrica, "a casa". La rete aziendale è a sua volta accessibile via Internet sul circuito, e come ben capirete tutto questo viavai di dati richiede non soltanto robusti firewall per tenere lontani gli hacker, ma anche l’impiego di un software di criptaggio a prova di bomba. La Ferrari, ad esempio, si serve di un’applicazione militare sviluppata in Israele. Prima la usava anche per le comunicazioni radio, in modo da non farsi intercettare dagli altri team. Ma oggi che il regolamento impone comunicazioni radio in chiaro ogni volta che la macchina è in pista, gli ingegneri devono dare al pilota disposizioni usando parole in codice, ordinargli per esempio di rientrare per un pit-stop con una frase tipo "Okay, stai andando forte!". Infantile? Ogni medaglia ha il suo rovescio... Giancarlo Baccini