Roberto Vacca,, Il Messaggero, 26/04/2005, 26 aprile 2005
Darwinismo e la ”crescita” dell’homo sapiens, Il Messaggero, 26/04/2005 Persone incolte, talora autorevoli, cercano, sia in Italia, sia in Usa, di proibire l’insegnamento delle teorie evoluzioniste darwiniane
Darwinismo e la ”crescita” dell’homo sapiens, Il Messaggero, 26/04/2005 Persone incolte, talora autorevoli, cercano, sia in Italia, sia in Usa, di proibire l’insegnamento delle teorie evoluzioniste darwiniane. Alcuni propongono curiose teorie creazioniste come plausibile alternativa. Tentano così di costringere le scuole in sacche retrograde e fideiste. Intanto i biologi seri propongono ipotesi più complesse e rivoluzionarie di quelle di Darwin... Pare che i processi di evoluzione darwiniana siano stati preceduti da un’era lunga circa 800 milioni di anni in cui non esistevano specie animali né vegetali separate e ben definite. Si erano sviluppati solo i procarioti: entità biologiche con cellule prive di nucleo (in greco karyon = nocciolo) che caratterizzò in seguito le cellule di specie, chiamate appunto eucarioti - da cui discendiamo. I procarioti, suddivisi in batteri e archee, trasmettono il codice genetico come Rna (acido ribonucleico), gli eucarioti come Dna (acido diossiribonucleico - la famosa doppia elica). In quei tempi antichissimi i geni si trasmettevano orizzontalmente fra entità biologiche ancora non costituite in specie. Poi, tre miliardi di anni fa, certe cellule fusero insieme un batterio e un’archea e si inglobarono in una membrana senza scambiare più con altri il materiale genetico. Nascevano le prime specie e si discute se sia possibile definire ”Luca” (Last Universal Common Ancestor) l’ultimo Antenato Comune Universale. Dopo ”Luca” l’eredità nel passaggio da una generazione alla successiva avrebbe cominciato a essere più importante del trasferimento diretto fra organismi. Per tentare di definire ”Luca”, Mushegian e Koonin hanno determinato quanti fossero i geni comuni fra due batteri, il Mycoplasma Genitalium e l’Haemophilus Influenzae. Ne hanno trovati 256 - insufficienti per produrre Dna. Ne hanno concluso che anche ”Luca” dovesse registrare la sua informazione genetica sotto forma di Rna. Questa linea di ricerca è criticabile, però. Infatti certi geni potrebbero essere stati trasmessi efficacemente in quantità così grandi da far pensare che la loro origine sia la più remota, mentre, invece, sono relativamente recenti. Da questo ipotetico Luca, sono derivate le specie animali e vegetali che si sono evolute darwinianamente. Inizialmente ci fu la transizione a esseri viventi multicellulari. Poi il ritmo dell’evoluzione accelerò quando si sviluppò la riproduzione sessuale, che è una forma di trasferimento orizzontale di geni. Infine si svilupparono i cervelli e le specie che si succedevano le une alle altre manifestarono comportamenti sempre più interessanti. Anche attualmente accadono trasferimenti orizzontali di geni. Potremmo chiamarli processi naturali di ingegneria genetica. Si verificano quando parti di Dna vengono trasferite da un batterio a un altro. Anche i virus possono inserirsi naturalmente nel Dna degli organismi che infettano ed è possibile sfruttare questi fenomeni a scopo terapeutico rendendo i virus portatori di opportune parti di Dna. Secondo Carl Woese l’era darwiniana di competizione fra specie si avviò alla fine circa diecimila anni fa quando gli uomini con l’agricoltura e l’allevamento influirono sempre più pesantemente sulla biosfera. Negli ultimi 30 anni, poi, la bioingegneria ha fatto resuscitare l’antico processo pre-darwiniano del trasferimento orizzontale dei geni fra microbi, piante e animali. L’evoluzione della vita starebbe diventando un processo comune e condiviso. Sarà sempre più frequente la progettazione di nuovi genomi. La fauna e la flora potranno differenziarsi in modi finora impensati. Questione di ovvio interesse: «L’evoluzione degli homo sapiens continua e, se mai, in che direzione andrà?». E’ difficile rispondere. L’evoluzione è lenta e per il genere umano abbiamo dati solo su poche centinaia di migliaia di anni. Un’ipotesi che mi sembra ragionevole è che gli homo sapiens non si evolvono più a causa del fatto che sono troppi. Ogni mutazione anche vantaggiosa si diluisce in una popolazione troppo grande e non riesce a perpetuarsi. Possiamo immaginare che mutazioni favorevoli (del cervello) si presentino e si affermino in piccole tribù endogamiche e isolate, ad esempio nella foresta amazzonica. Forse qualche esploratore incontrerà in avvenire gruppi che emergono dalle foreste pluviali e ci surclassano in modo drammatico. Roberto Vacca