Enrico Franceschini, "la Repubblica" 23/4/2005., 23 aprile 2005
Globish, il nuovo linguaggio. La Repubblica, sabato 23 aprile 2004. Enrico Franceschini. LONDRA - "This article speaks of a new type of English"
Globish, il nuovo linguaggio. La Repubblica, sabato 23 aprile 2004. Enrico Franceschini. LONDRA - "This article speaks of a new type of English". Tra i 400 milioni di terrestri di madre lingua inglese, ben pochi comprenderebbero il senso della precedente frase tra virgolette. Ma tutti coloro che parlano inglese come seconda lingua, e anche molti che non lo parlano affatto, probabilmente capirebbero. Per "lingua inglese", in effetti, gli uni e gli altri intendono due cose differenti: la lingua dell´Oxford Dictionary o del suo "parente" americano, il Webster, i primi; la lingua appresa sui banchi di scuola o in un corso privato, magari perfezionata con viaggi e soggiorni all´estero ma comunque "straniera", i secondi. La differenza è sostanziale, come rilevò con una rara battuta felice il principe Carlo d´Inghilterra, quando gli dissero che un giorno al mondo tutti avrebbero parlato inglese: "Actually, broken English", puntualizzò l´erede al trono, "per la precisione, inglese scorretto", sgrammaticato, improprio, ben diverso dal "Queen´s English", l´inglese della Regina, che si parlava a casa sua, o da quello, ripulito da ogni accento, della Bbc. Tra le due specie di inglese, come è noto, ha vinto il "broken English": è la lingua che tra dieci anni, nel 2015, parleranno tre miliardi di persone, metà della popolazione mondiale, informa - ironia della sorte - il British Council, l´istituto che si sforza di diffondere l´inglese corretto in ogni angolo del pianeta. Nella storia dell´umanità non era mai accaduto che una lingua fosse parlata più come "seconda lingua" che dai "madrelingua". Il problema è che del "broken English" esistono innumerevoli versioni: lo "Spanglish" dei latinoamericani (celebrato - in americano - da un recente film), l´"Englog" delle Filippine, il "Japlish" in Giappone, l´"Hinglish" in India, e così via. Senonché, a offrire una sorta di "inglese scorretto universale", adesso arriva un manuale che fin dal titolo suggerisce la soluzione: "Globish". L´inglese della globalizzazione, buono per tutti, semplice da apprendere, non impossibile da pronunciare. L´autore, Jean-Paul Nerrière, un programmatore di computer francese, ha ridotto i 615 mila termini dell´Oxford Dictionary a 1500, i più comuni, con cui sostiene si possa dire tutto o quasi tutto quello che serve. Abbinato al libro, ha allestito un sito Internet (www. jpn-globish. com) che funziona come un corso per corrispondenza. Col suo metodo scommette che chiunque può imparare perfettamente l´inglese, sorry, il "globish", in 182 ore, circa 4 ore alla settimana per un anno. Il trucco è semplificare. Per esempio, il manuale non contiene la parola "niece" or "nephew", dallo spelling piuttosto astruso, come sa chi abbia provato a scriverla o pronunciarla per la prima volta: piuttosto, per dire "nipoti", suggerisce di usare "children of my brother" (o "sister"). Involuto, imperfetto, ma chiaro. "Parlez Globish", l´edizione francese, sta avendo grande successo, sono seguite quelle italiana e spagnola, ne verranno altre. "Non ho creato un linguaggio", sottolinea l´autore, "bensì un mezzo per comunicare". Il punto è: con chi? E´ capitato a tutti di trovarsi in un aeroporto, incontrare un coreano o un argentino, mettersi a parlare in inglese (scorretto, d´accordo), e capirsi benissimo; mentre l´inglese o l´americano seduti di fianco non comprendono una parola della conversazione. Ma Nerrière ha pronta un´edizione inglese del manuale, per insegnare il "globish" anche ai madrelingua, affinché possano finalmente comunicare con il resto del mondo. Potrebbe essere utile anche tra di loro: come nella storiella in cui un americano perdutosi nella giungla incontra un bianco, gli chiede aiuto in inglese e si sente rispondere in un idioma incomprensibile. "Where-you-from?", sillaba allora lentamente l´americano, gesticolando per farsi capire. E l´altro, divertito: "Liverpool". Enrico Franceschini