Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  aprile 23 Sabato calendario

Vergani Guido

• Milano 18 marzo 1935, Milano 22 aprile 2005. Giornalista. Figlio del grande Orio (6 febbraio 1899-6 aprile 1960) • «[...] l’ultimo giornalista che sapeva raccontare Milano come fosse il ventre di Parigi [...] una persona che con leggiadria e incrollabile fiducia ha molto vissuto, molto lavorato e molto amato [...] settant’anni di ricca, sorridente, faticosa, dolorosa, generosa, esistenza: i colleghi giovani che lo chiamavano Guidone e che si aspettavano sempre da lui un affettuoso scappellotto, i vecchi colleghi che a causa della sua simpatia contagiosa non erano mai riusciti a essere gelosi della sua capacità di mitragliare cumuli di scritti sempre geniali [...] A “Repubblica” era stato per anni inviato e poi capo della redazione milanese, poi era passato alla “Stampa”, infine al “Corriere della Sera”, il giornale “di famiglia”, dove avevano lavorato il padre e il fratello. [...] era buonissimo, e la sua bontà è la prima sua caratteristica che viene in mente [...] un amico, un ex compagno, un collega, un padre, un uomo, buono, buonissimo. Se lavorava tanto, e scriveva e scriveva, accumulando articoli e libri, era certo per passione, ma anche perché aveva bisogno di denaro per aiutare le persone che avevano attraversato la sua vita, e di cui si sentiva responsabile, che non abbandonava mai. Non si era lasciato lusingare dal romanzo, come capita purtroppo a tanti giornalisti, anche nei libri era rimasto un cronista, rapido, rigoroso di letteraria e appassionante scrittura: i suoi libri parlavano di cronaca nera (Il delitto di piazzale Lotto) o di moda (aveva curato una fondamentale enciclopedia della moda) di cattive abitudini (Giovanotti in camera) e di tragedie d´oggi (Un buco nell’anima, Guarire dalla malattia della droga): si era impegnato anche a tener viva la memoria di suo padre, curando tra l’altro la pubblicazione di un suo diario degli anni ’50. Da lui, che aveva creato il più aristocratico dei premi letterari, il Premiolino, ne aveva ereditato la cura, come lui, aveva ottenuto tra i tanti premi, anche il premio Isimbardi dalla Provincia di Milano. La sua specialità di vecchio cronista, che oggi si è perduta ma che lui ha mantenuto sino all’ultimo, era girare la città a piedi, sempre, e scovare storie, personaggi, obbrobri, bellezze, stranezze, speranze, virtù. Aveva una memoria formidabile, ricordava tutto ciò che leggeva, che gli capitava, che gli veniva raccontato, ed era un impareggiabile affabulatore, come lo era stato, certo in modo violento e molto meno elegante, Giancarlo Fusco. Un amico, ricordandolo, ha detto di lui: era la persona meno noiosa che ho conosciuto. Per questo era molto invitato, nelle case colte e ricche di Milano, un gentleman sempre sorridente, un uomo affascinante come sanno esserlo solo certi brutti, di cui si innamoravano le donne più belle e sofisticate, un ospite prezioso, nella barba dei ricevimenti, con il suo immenso bagaglio di storie, brillante per pura generosità anche quando certi dispiaceri gli annebbiavano la vita» (“la Repubblica” 23/4/2005).