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 2005  aprile 23 Sabato calendario

Paolozzi Edoardo

• PAOLOZZI Eduardo. Nato ad Edimburgo (Gran Bretagna) il 7 marzo 1924, morto a Londra (Gran Bretagna) il 22 aprile 2005. Scultore. «Nove agosto 1956: inaugura alla Whitechapel Gallery di Londra This is tomorrow. la mostra che segna la nascita della pop art. Tra gli organizzatori un artista trentaduenne di origini italiane: Edoardo Paolozzi. Era stato l’Indipendente Group - il gruppo formatosi all’Institute of contemporary art di Londra di cui oltre a Paolozzi facevano parte Richard Hamilton, Banham, Smithson - a voler questa esposizione e a usare per primo l’espressione popular art, da cui l’abbreviazione pop art, la cui affermazione però si deve al trasferimento negli Stati. Ma la nascita, la teorizzazione si deve agli artisti inglesi, a Paolozzi che per meriti artistici è stato poi nominato baronetto [...] Il suo percorso è stato piuttosto complesso tanto che alla Biennale di Venezia del 1960 presentò una serie di sculture che non erano molto legate a quei ”common objects” che vennero esaltati da lì a poco anche se dalla fine degli anni Quaranta aveva realizzato dei collage, Bunk!, che erano degli autentici precursori della pop art. Fu dal 1962 che Paolozzi si distinse come vero e proprio artista pop con l’inizio della sua produzione di imponenti figure astratte realizzate con vari metalli e provviste di una forte componente meccanicista. Si avvaleva di oggetti trovati spesso per caso, di pezzi preesistenti, combinati e saldati insieme, secondo un lucido disegno di innovazione. Tra i suoi lavori pubblici una serie di mosaici nella stazione della metropolitana di Tottenham Court Road a Londra e la statua di Isaac Newton all’esterno della British Library. [...] Ha detto Christopher Frayling del Royal College of Art: ”Se un marziano arrivasse sulla Terra reduce da una guerra nucleare e trovasse le opere di Paolozzi sepolte sotto le macerie, quel marziano potrebbe imparare molte cose sulla civiltà del XX secolo. Non si può dire questo di molti artisti”» (Paolo Vagheggi, ”la Repubblica” 23/4/2005). «David Bowie lo aveva definito’un artista incredibile”, uno degli incontri fondamentali della sua vita. [...] pioniere della Pop Art inglese, nata prima di quella americana, più complessa e più ”colta”. [...] Membro della Royal Academy dal 1979, dal 1988 Cavaliere della Regina, Paolozzi era nato a Leith, un quartiere di Edimburgo [...] da genitori italiani. Dopo aver studiato arte a Londra, si era trasferito a Parigi, tuffandosi nella fiorente comunità artistica di allora, stringendo rapporti con personaggi come lo scultore Giacometti, e subendo l’influsso del dadaismo e del surrealismo, che lo spingerà a inserire nei suoi collage immagini pubblicitarie riprese da giornali e riviste. Tornato a Londra, già all’inizio degli anni Cinquanta aveva iniziato a esplorare i confini tra arte, nuove tecnologie e cultura popolare, distinguendosi, insieme a Richard Hamilton, fra i componenti dell’Independent Group, culla delle ricerche di matrice antropologica e sociologica in cui il Pop inglese affonda le sue radici. I suoi interessi si spingevano alla filosofia, e a quella più ”sottile”: Wittgenstein, ad esempio, a cui si ispira As is When , una mitica serie di 12 stampe serigrafiche realizzate nel 1965. Ma Paolozzi è soprattutto scultore. La macchina, o meglio il meccanismo, sembra essere il filo conduttore di tutta la sua opera. Partendo dalla tecnica di assemblaggio di parti metalliche, crea delle ”pseudo macchine” (un po’ come Picabia [...]), ”ordigni” che solo all’apparenza hanno una funzione meccanica. Così, molte delle sue prime sculture, in alluminio, incorporano elementi che sembrano pezzi di motori, dipinti in colori scintillanti, o con una finitura cromata lucente. Le sue opere sono ispirate da residui e rottami metallici, osservati e raccolti casualmente, che l’autore riproduce e riplasma usando sempre più spesso materiali nobili, come il bronzo, per poi ricomporli estrosamente, creando figure stilizzate, primitive, cubiste. Come Paris Bird , realizzata già nel 1949. Tipicamente sue, queste figure animali o umane dal carattere meccaniscistico, sì, ma stranamente misteriose, fiabesche. Qualcosa di molto lontano dall’anestetica piattezza consumistica in cui si consuma tanta parte della Pop Art americana. Vi affiora l’ironia, il gioco, il sogno, che dal surrealismo si contagia al Pop europeo» (Silvia Pegoraro, ”Il Messaggero” 23/4/2005). «[...] si segnalò presto per le sue doti naturali di disegnatore che lo portarono prima all’Edinburgh College of Arts, poi alla Slade School e infine a Parigi, dove il giovane si tuffò nell’ambiente della comunità artistica di allora, venendo a contatto con Alberto Giacometti e subendo l’influsso del dadaismo e del surrealismo. Fu a Parigi nella seconda metà degli anni Quaranta che Paolozzi produsse, ispirandosi ai fotomontaggi dada, numerosi collages che fondevano pubblicità di riviste patinate americane, copertine di romanzetti da edicola e illustrazioni scientifiche e che, diversi anni dopo, sarebbero stati considerati come i primi esemplari della pop art. Tornato a Londra nel 1949, Paolozzi si dedicò soprattutto a un’attività di scultore e di litografo: spinto dal suo interesse per i mezzi di comunicazione di massa e per le invenzioni scientifiche e tecnologiche, negli anni Cinquanta e Sessanta Paolozzi realizzò sculture in alluminio che incorporavano elementi simili a pezzi di motori, ”macchine-personaggi” create con oggetti trovati per caso, pezzi preesistenti, combinati e saldati insieme. ”Qualsiasi cosa creasse cominciava come accumulo di immagini che, prese da una grande varietà di fonti e poi riarrangiate, assumevano una nuova, sorprendente, unità”, ha detto di lui il critico Frank Whitford, che tra l’altro insieme all’artista ha preso parte a una conversazione (leggibile in rete nell’archivio del sito www.studio-international.co.uk) con lo scrittore più affine a Paolozzi, J. G. Ballard. Tra i lavori più noti dell’artista vanno ricordati fra l’altro una serie di mosaici nella metropolitana di Londra, la statua di Isaac Newton nella piazza della British Library della capitale inglese e l’installazione Wittgenstein al Casinò del 1963, presentata per la prima volta allo Studio Marconi di Milano» (Luisa Dellepiane, ”il manifesto” 23/4/2005).