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 2005  aprile 19 Martedì calendario

Ruzicka Marla

• Nata il 31 dicembre 1976, morta a Bagdad (Iraq) il 16 aprile 2005. Pacifista. « morta a 28 anni mentre cercava di portare aiuto alle vittime della guerra. Americana, di lontane origini polacche, criticava la politica del suo governo in Iraq. Tanto che sin dal suo arrivo a Bagdad, già nella seconda metà dell’aprile 2003, si era adoperata per ottenere finanziamenti dal Congresso mirati a pagare gli indennizzi per le vittime civili. Marla Ruzicka è rimasta vittima [...] dell’attentato suicida contro il minibus di linea che collega il centro della capitale con l’aeroporto [...] Sempre attiva, sempre sorridente. ”Meglio vivere pericolosamente pensando di aiutare gli altri che sopravvivere da mediocri a New York”, diceva la Ruzicka già nel 2001, durante l’attacco americano in Afghanistan. Si muoveva liberamente tra Tora Bora e Kabul, neppure coprendo troppo i suoi capelli biondi, convinta di essere nel giusto. Una solitaria, testarda, che però già nel 2002 era riuscita ad ottenere dal Congresso Usa circa 2,5 milioni di dollari per aiutare le vittime afghane della guerra. [...] aveva creato una sua organizzazione non governativa: la ”Campaign for Innocent Victims in Conflict”. E cercava un finanziamento di 10 milioni di dollari per curare i bambini rimasti orfani in Iraq. Non ce l’ha fatta a concretizzare il suo sogno. [...]» (Lorenzo Cremonesi, ”Corriere della Sera” 18/4/2005). «I marines di guardia all’ambasciata americana di Kabul, in quel marzo del 2002, stringevano i denti. Avrebbero voluto odiarla, quella ragazzina venuta dalla California che guidava l’assedio degli straccioni attorno al loro cancello superprotetto. Ma non ci riuscivano. Lei era in terza fila, dietro i mutilati, le vedove in burqa, i ciechi e i piccoli orfani. I capelli biondi nascosti sotto un fazzolettone, i volantini della sua Ong nella mano destra, la sinistra a tenere il più piccolo dei suoi soldatini. E il sorriso pronto per tutti: i giornalisti, gli afgani di passaggio, e soprattutto i connazionali che sorvegliavano l’ingresso della sede diplomatica. ”Sono Marla Ruzicka, dell’organizzazione Global Exchange. La nostra delegazione deve consegnare questo appello all’ambasciatore. Sono cittadina americana e queste persone sono con me”. E alla fine il cancello si apriva. A Kabul Marla Ruzicka aveva l’aria di chi si è ammalato ma ha troppo da fare per accorgersene. Era in Afghanistan per seguire la sua missione: verificare di persona i ”danni collaterali” dell’intervento americano, e scoprire che quei ”danni” avevano nome, cognome, una casa, una famiglia. Raccontava: ”Famiglie sterminate, villaggi senza interesse militare rasi al suolo, persone rovinate da ferite che impediscono il lavoro. le vittime incolpevoli dei bombardamenti americani sono tantissime”. L’angelo della misericordia, l’ha battezzata senza troppa fantasia una parte della stampa Usa, adesso che un’autobomba l’ha portata via a 27 anni, mentre spendeva le energie per i più deboli. In Iraq, stavolta, dove sulla strada maledetta fra Bagdad e l’aeroporto l’aspettava il fanatismo di un kamikaze. Si stava occupando di una bambina rimasta orfana dopo essere stata sbalzata fuori dall’auto in cui erano i genitori, colpita da un missile americano. Era arrivata subito dopo la caduta di Saddam, perché lì servivano il suo entusiasmo e il suo impegno. Le forze armate Usa lo avevano detto chiaro e tondo: contare le perdite irachene, civili o militari che fossero, non ci interessa. Figuriamoci se c’era poi la voglia di controllare i feriti o i danni alle case. Invece Marla voleva farlo. Aveva curato gli ammalati di Aids in Zimbabwe, i rifugiati in Palestina, i campesinos in Nicaragua. Ora era l’Iraq. Marla ci teneva così tanto che aveva lasciato Global Exchange per fondare una sua organizzazione, Civic, cioè Campagna per le vittime innocenti dei conflitti. E aveva messo in campo una squadra di volontari che andava porta a porta per verificare, annotava i responsi degli ospedali, raccoglieva i certificati degli obitori. ”Quando abbiamo raccolto i dati, è un incubo logistico”, diceva Marla agli intervistatori, ”ma qualcuno deve farlo”. E i risultati non mancavano. La giovane californiana aveva conquistato alla causa il senatore democratico Patrick Lehay, alfiere dei diritti civili al Congresso, e assieme avevano convinto il Parlamento Usa a stanziare 2,5 milioni di dollari per le vittime di guerra afgane, e più tardi dieci milioni per gli iracheni. L’ultimo successo e[...]: altri dieci milioni di dollari per i ”danni collaterali” di Iraqi Freedom, quelli che i generali non vogliono contare. Militante sin dall’adolescenza, quando a 15 anni si era intrufolata nella sede di Global Exchange, si era portata via i depliant sui diritti civili e alla fine aveva convinto gli attivisti a fare una lezione nel suo liceo, Marla non era simpatica a tutti. Le sue scelte ”radical” avevano attirato le antipatie di chi preferiva fare lobby per le grandi aziende piuttosto che per i feriti di guerra. L’esempio è un vecchio ritratto pubblicato sul ”Wall Street Journal”, in cui emergono dubbi sulla sua ”patriotticità”, e si segnala persino che forse la ragazza aveva simpatia per Fidel Castro. Lei stessa ci rideva su: ”Da ragazzina avevo atteggiamenti più decisi. Una volta andai a sentire Bush, allora governatore del Texas, poi svolsi il foulard che avevo avvolto sopra la gonna, lo usai come bandiera, e mi misi a gridare per contestarlo. Fui portata via di peso. Oggi preferirei parlargli, piuttosto che strillare”. [...]» (Giampaolo Cadalanu, ”la Repubblica” 19/4/2005).