Il Sole 24 Ore 17/04/2005, pag.48 Antonio Ghirelli, 17 aprile 2005
La maledizione di Barbosa, Il Sole 24 Ore 17 aprile 2005. Estate del 1953. "Paese sera" mi manda a seguire l’assemblea annuale dei soci della Roma, in un cinema di Trastevere
La maledizione di Barbosa, Il Sole 24 Ore 17 aprile 2005. Estate del 1953. "Paese sera" mi manda a seguire l’assemblea annuale dei soci della Roma, in un cinema di Trastevere. L’atmosfera è più tesa del solito perché corre voce che il club non abbia soldi e dovrà rinunciare a rafforzare la squadra. Ma quando sale sul palcoscenico Renato Sacerdoti, il presidente, vedo che è sicuro di sé più del solito. Conosco bene quel vecchio furbacchione, un grande banchiere che ha turlupinato anche i nazisti durante l’occupazione della città, travestito da frate tra i frati del Collegio Romano. Mi ha regalato anche la fotografia in tonaca, un capolavoro. Ed è con la stessa bonomia che gestisce quell’assemblea: prima un discorsetto in si bemolle, poi il clamoroso, sensazionale "scoop": la Roma ha appena ingaggiato uno dei più famosi giocatori del mondo, anzi un neo-campione del mondo, Alcide Ghiggia. l’ala destra della nazionale uruguaiana che nell’estate del 1950, nello stadio Maracanà di Rio gremito fino all’inverosimile, ha strappato drammaticamente al favoritissimo Brasile la Coppa Rimet. Sul risultato di parità, 1 - 1, è stato proprio Ghiggia a firmare il goal vittorioso della "Celeste”. Nella sala di Trastevere i soci giallorossi impazziscono di entusiasmo. Mi ha riportato alla mente quel movimentato pomeriggio di estate il delizioso libretto che Darwin Pastorin ha dedicato alla vittima di quella incredibile finalissima, il portiere nero della Seleçao brasilera, Moacyr Barbosa, che dopo essere stato classificato all’unanimità da tutti gli esperti dell’epoca come il miglior "archero" del pianeta, va a sbagliare l’unica parata della sua vita quando mancano appena 11 minuti alla fine della partita e il risultato è ancora "inchiodato" sull’l-1. Ghiggia arriva da destra, con tre difensori brasiliani in area, in una posizione dalla quale può soltanto crossare, passare il pallone. Invece, tira. E ne viene fuori "un tiro sbilenco, un pallone senza forza", tanto che Barbosa - tuffandosi in ritardo - crede di averlo respinto e non sente nemmeno alle sue spalle "la rete gonfiarsi". In quel momento, mentre in tutto il Brasile succede l’iradiddio, la gente piange, impreca, va in depressione, e una mezza dozzina di pazzi si suicida, finisce praticamente anche la vita di Moacyr che tirerà le cuoia per un ictus nel 2000, ma solo formalmente, perché tutto quel mezzo secolo ha vegetato al bando della società, additato da tutto il popolo verde-oro come un lurido jettatore, un maledetto uccellaccio del malaugurio; e non importa se, a partire dal 1958 in poi, la Seleçao abbia collezionato ben cinque smaglianti titoli mondiali. Darwin Pastorin, nato in Brasile da padre veneto, tornato da noi come direttore di "Tuttosport" e oggi opinionista di Sky, si è ispirato a Osvaldo Soriano e ad Eduardo Galeano, i due scrittori argentini che hanno fatto del calcio una poesia, per raccontare la dolorosa istoria di Barbosa ma con il ritmo, l’andamento, la melanconica allegria di un racconto picaresco. Darwin è scrittore d’invenzione, di movimento, in termini calcistici diremmo che è un fantasista da tre quarti campo: intorno alla sventura del grande portiere nero ha acceso una prodigiosa quantità di assist, di personaggi accessori, di divagazioni narrative che tuttavia fanno sempre centro sul settantanovesimo minuto della rocambolesca finalissima. Sono "flash” sparati da tutte le direzioni verso quel centro: su Obdulio Varela, il "capitano" dell’Uruguay; sui 220mila, del Maracanà, quella sera; sulla dolcissima sposa di Moacyr; sugli altri grandi portieri verde-oro. C’è la parentesi dell’immigrato italiano che gioca in Brasile ma si ispira al grande Torino, appena annientato a Superga; e c’è la storia di quello nato a Montevideo proprio il giorno, 16 luglio 1950, della partita fatale. E tante altre sventagliate del riflettore di Pastorin, fino al suo ultimo sogno, l’unico che gli è rimasto nel calcio, di restituire a Moacyr Barbosa la bravura, la sfortuna, il coraggio che gli spettano nonostante quello stramaledetto goal di Alcide Ghiggia. Antonio Ghirelli