Masolino D’Amico, La Stampa 17/04/2005, 17 aprile 2005
Italianglish, La Stampa 17 aprile 2005 Di tutte le forme di spettacolo il teatro, in quanto legato alla parola, è la meno esportabile
Italianglish, La Stampa 17 aprile 2005 Di tutte le forme di spettacolo il teatro, in quanto legato alla parola, è la meno esportabile. Musica e balletto sono fruibili dappertutto, all’opera le parole non sono così importanti e bastano i soprattitoli, il cinema può contare sul doppiaggio; ma nel teatro se non si capisce la lingua si è tagliati fuori. La compagnia scozzese Suspect Culture, attiva da una decina di anni, ha invece proposto spesso lavori in cui coesistono idiomi diversi a pubblici che conoscendone magari uno solo possono però capire qualcosa anche degli altri senza sentirsi tagliati fuori; non per nulla uno dei loro successi si intitolava "Airport". L’ultimo di tali esperimenti, nato a Glasgow approda adesso al Rossetti di Trieste che ne è coproduttore. Si intitola A Different Language e lo ha scritto Renato Gabrielli, metà in italiano e metà in inglese, lo ha diretto un regista britannico, Graham Eatough, e lo recitano un attore italiano e una attrice inglese, ciascuno prevalentemente ma non esclusivamente nella propria lingua. I personaggi sono rispettivamente un maschio italiano quarantenne, single, lavoratore manuale, isolato, riflessivo, illetterato, amante della pesca; e una femmina inglese trentaduenne (ma forse trentaquattrenne), single, nullafacente - una eredità le ha consentito di smettere di lavorare -, isolata, complessata, lettrice compulsiva ma distratta. Inizialmente ciascuno risponde alle domande di un questionario proposto dall’altro, come iscrivendosi a una agenzia che procura partner, quindi si alterna nel ruolo dell’impiegato/a intervistatore/trice. Poi i cuori solitari si incontrano, o vengono fatti incontrare, e prendono corpo le ragioni per cui sono rimasti entrambi patologicamente privi di un partner. Per esempio, c’è un breve esilarante episodio in cui lui tenta di convincere lei, che pur si è dichiarata amante del ballo, a ballare sul serio dimenando le anche, senza però riuscire a vincerne la connaturata paura anglosassone di lasciarsi andare. A turno l’uno è attirato dall’altra che però lo respinge, magari in preda al panico, e viceversa; alla fine dei circa 80’ non sappiamo ancora se riusciranno a quagliare davvero, ma non ne abbiamo perso la speranza. La regia movimenta gli scambi usando una scena di Luigi Mattiazzi che rappresenta una specie di percorso di montagne russe su cui gli attori possono camminare salendo e scendendo e spesso apparentemente andando l’uno verso l’altra ma senza poi incontrarsi, ché le piste si scavalcano; ci sono anche effetti sonori vagamente evocativi di un contesto cibernetico, non per nulla i due ogni tanto si parlano come nelle chat lines. La giustapposizione delle due lingue, che serve a sottolineare la differenza etnica dei temperamenti, produce qualche effetto umoristico molto apprezzato dagli spettatori, che evidentemente masticano un po’ di inglese; e risulta molto ammirevole la prestazione sia di Sergio Romano come Cinzio, simpaticamente disorientato con qualche slancio di iniziativa, sia dell’incantevole Selina Boyack come Petal dalle ostinate timidezze di zitella. Gradevole serata, insomma. Si replica fino al 24. Masolino D’Amico