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 2005  aprile 18 Lunedì calendario

Arbasino, Corriere della Sera, 18 aprile 2005 Ci sono, in casa Arbasino, una Madonna in calze a rete firmata da Guttuso, un disegno di Mino Maccari con i preti che su ordine di Andreotti mettono i mutandoni alle statue del Foro italico, lettere di insospettabile cortesia dei grandi con cui ha polemizzato, da Bassani a Paolo Grassi; tracce di un’avventura intellettuale, Roy Lichtenstein e Toti Scialoja, Giosetta Fioroni e Antonietta Raphael

Arbasino, Corriere della Sera, 18 aprile 2005 Ci sono, in casa Arbasino, una Madonna in calze a rete firmata da Guttuso, un disegno di Mino Maccari con i preti che su ordine di Andreotti mettono i mutandoni alle statue del Foro italico, lettere di insospettabile cortesia dei grandi con cui ha polemizzato, da Bassani a Paolo Grassi; tracce di un’avventura intellettuale, Roy Lichtenstein e Toti Scialoja, Giosetta Fioroni e Antonietta Raphael. E c’è un ritratto con dedica – " Arbasino alla macchina da scrivere in un atto di industria culturale, abietto naturalmente. PPP " – , cui Pasolini ha prestato i suoi stessi lineamenti. " Quando scrissi L’Anonimo lombardo , Pier Paolo fu il solo a capire. Andò così. Con Bassani, contrariamente a quanto si è detto e scritto, andavo d’accordissimo, come con Moravia. Un conto era il giudizio letterario, un altro le relazioni personali. Giorgio leggeva le mie cose come faceva con gli altri collaboratori di " Paragone", Testori, Citati, Calvino, Garboli, Pasolini. Quando finii L’Anonimo lombardo , lo mandai a Bassani a Palazzo Caetani, in via Botteghe Oscure, con un biglietto di accompagno. Che andò perduto. Era un romanzo epistolarfrocesco da far sobbalzare, perché trattava l’omosessualità come una cosa normale, ovvia, com’era considerata a Oxford e a Cambridge, ma non alla Scala o alla Statale di Milano. Oltre tutto ricorrevo all’espediente manzoniano del manoscritto anonimo ritrovato; ma senza il biglietto di spiegazione Bassani non si raccapezzò. Diede il libro da leggere in giro ma nessuno capì. Nessuno, tranne Pasolini " . Però nei suoi libri gli amori omosessuali sono narrati in chiave lieve, non in quella drammatica di Pasolini. " E infatti fui rimproverato, e non per scherzo, da Pier Paolo e da Testori, che criticarono la mia leggerezza, la mia mancanza di sofferenza, di tormento. Non sapevo cosa rispondere. Forse dipendeva dal fatto che loro fossero cattolici " . Lei ha raccontato di quando andò a trovare Pasolini su un barcone sul Tevere... " Il barcone del Ciriola, sotto il ponte di Castel Sant’Angelo. Un posto frequentato da ragazzi di vita molto disponibili. Siccome ero di passaggio a Roma, sono stato prima al Mondo , vestito come si addiceva a un incontro con Pannunzio, Ercolino Patti, Sandro De Feo, che portavano certe grisaille chiare, un po’ meridionali, da avvocato. Mario Ferrara era un avvocato elegantissimo, così come l’avvocato Battaglia: non un’ombra della sciatteria dei loro discendenti; scarpe nere lucidate bene, baffetti bianchi curatissimi. Quando arrivai sul Tevere in cravatta, Pasolini mi derise, così come tutti i marchettoni e le marchettine; ma quando videro che sotto avevo un costume hawaiano, con i palmizi e i fiori, fui molto ammirato dai pischelli. Non so oggi come sarebbe considerato Pasolini. Forse un pedofilo. Come Balthus, un altro illustre che ho avuto ospite qui in casa. Forse i tempi erano allora più permissivi? Non so " . Quando vide Pasolini l’ultima volta? " Alla Carbonara, la trattoria di campo de’ Fiori. Lui aveva invitato a cena Sandro Penna, certo per fare una buona azione: Penna era lagnoso e querulo, difficile da reggere, sempre a lamentarsi di cani o gatti malati, come del resto la Morante, i gatti della Morante non erano mai in buona salute. Quando Pier Paolo mi vide fu una liberazione: " Alberto, vieni qui..." " . Che idea si è fatto sulla sua fine? " La mia idea la scrissi il giorno dopo sul Corriere . Non dissi che se l’era andata a cercare, come pare abbia commentato Moravia; ma che c’era qualcosa sotto " . Un delitto fascista? " No. Pensai piuttosto a una banda. Di quale tipo non so " . Anticomunista e avversario del politicamente corretto senza essere di destra, pronto a intervenire nel dibattito civile senza essere di sinistra, Arbasino ha coltivato una certa idea dell’engagement, dell’impegno. " Terzismo è un’espressione infelice, che però indica una condizione giustissima. I padri della Repubblica non erano schierati a priori né di qua né di là. Né democristiani né comunisti. Croce, Einaudi, gli azionisti torinesi: gli uomini della generazione di mio nonno, presidente del partito liberale di Voghera, e di mio padre, che aveva delle farmacie e portava le medicine al capo partigiano dell’Oltrepò. A Voghera lavorava come impiegato in un’azienda elettrica Ferruccio Parri. Parri era terzista? Non so " . Certo lei non ha militato con Berlusconi, ma non ha partecipato alla mobilitazione de gli intellettuali contro di lui. " Vergin di servo encomio e di codardo oltraggio. Posso dire lo stesso a proposito di Craxi: non mi sono unito a nessun coro. Rifletto che entrambi hanno inciso sull’economia, anche su quella del fronte avverso: sono stati una fonte di reddito. Con – e contro – Craxi e Berlusconi molti hanno guadagnato. Non io. Con il vecchio Brecht dico che quando leggo " il Cavaliere" sento tintinnare il registratore di cassa " . Nell’ 83 Arbasino fu eletto alla Camera nelle liste repubblicane, e fino all’ 87 fu tra i deputati più presenti. " Legai molto con i miei vicini in commissione: Adolfo Sarti, di Cuneo, ministro importante e uomo coltissimo, e Michele Zolla, che poi lavorò al Quirinale con Scalfaro. Di fronte c’era Natalia Ginzburg, che smistava tutte le carte a me: " Fai tu tutto il turismo e spettacolo...". Detestavo il Transatlantico, i divani, i baci e abbracci tra panzoni, le passeggiate sottobraccio alla buvette. Con Sarti e Zolla ci facevamo il caffè alla macchinetta. La Iotti era scrupolosissima: ascoltava tutti, anche gli ostruzionisti, senza farsi mai sostituire; contava i minuti, al massimo 45, e al quarantaseiesimo scampanellava. Mi ricordava le presidi della mia infanzia. La direttrice didattica di Voghera " . Chi le offrì la candidatura? " Visentini, cui mi legavano l’arte e la musica. E Spadolini, che era stato il mio direttore al Corriere . Spadolini era simpaticissimo. Animato da vanità e golosità infantili. Non da sensualità; quella non gli importava, e credo davvero non la praticasse, se in quattro anni di gossip sul direttore al Corriere non venne fuori nulla " . Lei veniva dal Giorno . " Avevo legato molto con Murialdi, il caporedattore, ma non con Bocca, che credo mi considerasse frivolo, e neppure con il direttore Pietra. Era lui il capo partigiano cui mio padre passava le medicine. Era stato compagno di università di mia madre e di fronte ai redattori allibiti, scherzando ma non troppo, mi diceva:" Se usi troppe parole straniere e troppe citazioni, dico alla mia amica Gina che ti prenda a sberle!". Al Corriere mi portò Alfio Russo, che mi affidava elzeviri e brevi corsivi, lunghi mezza matita. Per prima cosa Spadolini mi informò che erano aboliti. Quanto agli elzeviri, li avrebbero scritti solo accademici della Crusca " . Poi venne Ottone. " Con cui mi trovai bene, e mi lasciai ancor meglio quando passai a Repubblica : era il Natale del ’ 75, portai due bottiglie in redazione, e Ottone mi ringraziò: " Finalmente uno che va via dal Corriere non a maleparole ma offrendo champagne... L’unico problema era l’America. Vi ero stato la prima volta nell’estate del ’ 59, a seguire un corso di Kissinger che ai suoi pic nic ci portava Eleanor Roosevelt, Galbraith e Schlesinger. Ma non potevo tornarci per il Corriere perché il grande Stille non voleva che nessun altro scrivesse di America, neppure sulla letteratura o su Broadway, tranne lui " . Con Bassani le andò peggio. Enzo Siciliano ha raccontato che i suoi amici alla Feltrinelli dovettero scassinare un cassetto per recuperare il manoscritto di Fratelli d’Italia ... " Non è così. Io non ero litigioso, e Bassani con me era altero ma simpatico. Altri, tra cui magari Siciliano, cercavano di mettere zizzania attorno al Gruppo 63. L’uscita di Fratelli d’Italia fu preceduta da una campagna preventiva che infastidì molti, compreso me: veniva annunciato un romanzo scandalistico a chiave, con dentro tutti i protagonisti della dolce vita, da Agnelli in giù. Bassani si allarmò. Quando ebbe tra le mani il libro, molto sinceramente mi disse che non corrispondeva alla sua idea della letteratura. Fu Giangiacomo Feltrinelli a risolvere la questione: Fratelli d’Italia non sarebbe uscito nella collana curata da Lampedusa accanto a Forster, ma in un’altra insieme con Pasternak e Grass. La strana storia dei cassetti forzati, che non so se è vera, avvenne molto dopo, con l’acuirsi delle rivalità tra le redazioni romana e milanese, quando il mio libro era già uscito " . Era già nato il Gruppo 63, con Manganelli, Sanguineti, Guglielmi, Colombo e Umberto Eco. A proposito, Eco le piace? " Mi piace, ma non saprei giudicarlo. I suoi libri sono molto lunghi, e sono bestseller. La questione non riguarda Eco, ma tutti. Ove si tratti di bestseller che muovono denaro, il compenso per ogni ora di lettura degli addetti ai lavori non va commisurato alla tiratura e alle vendite, bensì deontologicamente regolato dalle vigenti tariffe degli ordini professionali. Più Iva. Nei casi di richieste di prestazioni culturali oltre l’orario lavorativo, bisogna rispettare la normativa dello Statuto dei lavoratori circa i lavori straordinari e festivi e notturni, con particolare riferimento ai cottimi. Se qualcuno "ci tiene tanto", allora è lavoro nero. E dunque, in galera! ". Aldo Cazzullo