Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  aprile 17 Domenica calendario

Affreschi Cappella Sistina, Corriere della Sera, 17/04/2005 Dal 1492, quando fu eletto Alessandro VI Borgia, ad oggi, 50 conclavi si sono tenuti nella vasta aula che Sisto IV fece costruire e decorare tra il 1477 e il 1486

Affreschi Cappella Sistina, Corriere della Sera, 17/04/2005 Dal 1492, quando fu eletto Alessandro VI Borgia, ad oggi, 50 conclavi si sono tenuti nella vasta aula che Sisto IV fece costruire e decorare tra il 1477 e il 1486. Dopo secoli, è quello di oggi il primo conclave in cui il programma degli affreschi della Sistina, elaborato e rinnovato da Giulio II e da Clemente VII, è davanti agli occhi dei cardinali in tutta la sua luminosa evidenza. Dieci secoli prima di Sisto IV, Sisto III aveva dedicato la basilica di Santa Maria Maggiore al " popolo di Dio " : Plebi Dei . I cardinali riuniti per eleggere il nuovo Pontefice avrebbero rappresentato la " plebe di Dio " e tutto intorno a loro avrebbe ricordato l’antichità di cui la Chiesa di Roma era sostanziata, dal pavimento cosmatesco alla scelta di far scorrere parallele, sulle pareti, in affreschi dovuti al Perugino, Pinturicchio, Botticelli, Signorelli, Bartolomeo della Gatta, Cosimo Rosselli, le storie del Vecchio e del Nuovo Testamento, dell’anti ca e della nuova Legge, istituendo sottili corrispondenze tra Mosè e Cristo, entrambi legislatori. Sopra i seggi dei cardinali, tra le finestre, le figure monumentali dei primi papi sembravano seguire le discussioni. Poi Giulio II, nel 1506, volle completare l’opera dello zio Sisto IV. Demolì il cielo stellato dipinto sulla volta e chiamò Michelangelo a dipingere la storia del mondo dalla separazione della luce dalle tenebre sino al diluvio universale e l’ebbrezza di Noè. Si proponeva un’altra riflessione. Ora la responsabilità degli elettori era di fronte allo spettacolo d’una storia terribile: dalla creazione alla distruzione cui era seguita la serena ebbrezza di Noè, annuncio del sangue di Cri sto e dell’eucaristia, mentre sulle lunette gli antenati di Cristo prefiguravano l’incarnazione del Verbo e le sibille oscuramente presentivano il futuro. Dopo il sacco di Roma del 1527, il messaggio non poteva essere lo stesso. Ora, con il Giudizio che Michelangelo dipinse tra il 1536 e il 1541, ci si sentiva responsabili verso quanto sarebbe avvenuto " alla fine dei tempi " , alla fine di ogni storia. Mai i papi che avevano voluto la Sistina così avrebbero pensato che tra i convenuti vi sarebbero stati cardinali americani, africani, asiatici. Così è, invece, e a tutti parla, o dovrebbe parlare, il linguaggio di oltre mezzo secolo di pittura del rinascimento italiano. E’ stato un merito di Giovanni Paolo II, tanto attento alla propria successione, tanto entusiasta delle nuove tecnologie, di non aver disposto una nuova aula per il conclave e di aver voluto intervenire nelle decisioni circa un restauro tanto impegnativo come è stato quello della Sistina. Il direttore dei Musei Vaticani, Carlo Pietrangeli, il direttore della Pinacoteca Vaticana, Fabrizio Mancinelli, il direttore dei restauri, Gianluigi Colalucci, hanno potuto lavorare per anni con serenità e piena responsabilità. Di serenità avevano senza dubbio bisogno. Appena fu scoperto il primo tratto restaurato della volta, il comparto con l’Ebbrezza di Noè, un’ebbrezza di condanne si sparse per il mondo. Fu allora che fu fondato il partito transnazionale del " No " a qualunque restauro, un partito che ancora raccoglie proseliti. L’emozione fu grande. Si erano mobilitati gli artisti americani, capeggiati da Andy Warhol, critici e storici dell’arte italiani e americani, restauratori e molti giornalisti. Un grosso ostacolo alla verità era dovuto all’accordo delle autorità vaticane con la Nippon Television, la quale sponsorizzava i restauri ma si riservava dieci anni di diritti esclusivi sulle immagini. Era così impossibile far sapere che cosa effettivamente si stava facendo. C’era poi un’altra difficoltà. La volta della Sistina era annerita da un cumulo impressionante di nero fumo derivato dall’incenso e dalle candele, al punto che il parco di lampade necessarie a fora re quella coltre impenetrabile era molte volte superiore a quelle che illuminano la cappella nel giorno più cupo dell’inverno romano. Fu allora che Giovanni Carandente, direttore della Biennale del 1988, fece proiettare nel padiglione Italia ai Giardini il documentario di 9 minuti che Anna Zanoli aveva realizzato per la Rai, dopo accordi con la Nippon Television, e che andò in onda un anno dopo sul Tg1. La Biennale era nell’occhio del ciclone antirestauro e la voce calma, di Colalucci, la visione di ciò che stava facendo, l’evidenza di come l’illuminazione alterasse la nostra visione degli affreschi ebbero un effetto dirompente. Colalucci parlava con la tranquillità del professionista, mentre con la spugna rimoveva – dopo controlli e opportuna preparazione chimica – lo sporco che copriva gli affreschi, ma nello stesso tempo tradiva l’emozione dell’uomo che si trovava a tu per tu con Michelangelo. Carlo Bertelli