Fonti varie., 3 gennaio 2005
Anno I - Cinquantesima settimanaSettimana dal 28 dicembre 2004 al 3 gennaio 2005Il lettore sa già che, lo scorso 26 dicembre, un maremoto di proporzioni catastrofiche (tsunami, "onda del porto") ha investito il sud-est asiatico provocando almeno centomila morti tra quelle popolazioni e molte migliaia di vittime tra i turisti che erano andati laggiù a trascorrere le vacanze di Natale
Anno I - Cinquantesima settimana
Settimana dal 28 dicembre 2004 al 3 gennaio 2005
Il lettore sa già che, lo scorso 26 dicembre, un maremoto di proporzioni catastrofiche (tsunami, "onda del porto") ha investito il sud-est asiatico provocando almeno centomila morti tra quelle popolazioni e molte migliaia di vittime tra i turisti che erano andati laggiù a trascorrere le vacanze di Natale.
Diamo qui di seguito l’essenziale della tragedia.
Terremoto. L’onda è stata provocata da un terremoto del nono grado della scala Richter, verificatosi in fondo al mare, con epicentro a nord di Banda Aceh (Sumatra). Il sisma è stato poco avvertito a terra, se non a Banda Aceh e nelle isole Andamane. Questi luoghi, quando poi è arrivata l’onda, erano già stati distrutti dalla scossa. Nella città di Meubaloh, rasa al suolo, stava celebrando messa padre Ferdinando Severi, che predicava in quelle regioni da 12 anni. Sono scomparsi dalla faccia della Terra gli Jarawa, gli Shompens, i Sentinelesi e gli altri membri delle tribu pigmee delle isole Andamane, qualche migliaia di persone in tutto. Erano gli ultimi rappresentanti di una civiltà paleolitica di cui avevano conservato, attraverso migliaia di anni, credenze, lingua, modo di vivere. Proprio per proteggerli dalla contaminazione con la civiltà moderna sulle Andamane era stato vietato lo sbarco a chiunque. Nella classifica dei terremoti degli ultimi cento anni, questo di Sumatra è il quarto per violenza.
Onda. Il mare sollevato dal terremoto si è poi mosso verso la costa con onde che viaggiavano inizialmente almeno a cinquecento chilometri l’ora. Questa velocità è man mano diminuita, ma, rallentando, il mare s’è gonfiato e quando, a partire dalle otto del mattino, ha raggiunto la costa, le onde erano alte dieci-quindici metri, cioè come una nostra palazzina di tre piani. Erano più onde e arrivavano una dopo l’altra. Le coste laggiù sono piatte e l’acqua è facilmente penetrata all’interno, anche per un chilometro. Molta gente era in spiaggia a fare il bagno, gli alberghi si trovano a pochi metri dalla riva, subito dietro ci sono le capanne e i villaggi degli abitanti. Il mare ha ucciso quasi tutti, allagando le coste di Indonesia, Malaysia, Thailandia, Myanmar (Birmania), India, Maldive, Sri Lanka, Bangladesh. L’onda è poi arrivata fino in Somalia, provocando anche qui molte vittime. I paesi con più morti (decine di migliaia ciascuno) sono l’Indonesia e lo Sri Lanka.
Tra i superstiti. A Patong (Thailandia), il signor Wolfgang, un austriaco di 45 anni che aveva studiato meteorologia in gioventù, ha giudicato "strano" il mare e alle 9 del mattino ha fatto allontanare i 700 ospiti del suo albergo Holiday Inn. Li ha così salvati tutti. Marco Tartaglia, romano, stava facendo surf a Hikkaduwa (Sri Lanka) quando è arrivata l’onda. S’è salvato perché l’ha cavalcata dirigendosi verso il largo, invece che tornare a terra. A terra poi, quando è rientrato, ha trovato la distruzione totale e le rovine di un treno, pieno di passeggeri morti, che il mare era andato a ghermire e scaraventare poi sulla spiaggia. A Penang una bambina di 20 giorni si è salvata perché il materasso su cui dormiva ha galleggiato sulla marea.
Tra i morti. Tra le storie dei morti, impressionante quella di Ermanno Cozzi, raccontata dagli amici che fissavano il suo cadavere sdraiato sulla spiaggia di Arugam Bay: sua madre, nel 1985, era stata uccisa allo stesso modo, travolta dalla frana-alluvione della Val di Seva. Raffaella Piva, di 52 anni, storica dell’arte, ricoverata in ospedale e poi morta per le ferite riportate sulla spiaggia, mentre il marito si è salvato: era all’ultimo giorno di vacanza, aveva fatto acrobazie per passare le feste alle Maldive. Sophia Michi, tedesca, 10 anni, ha perso i genitori a cui s’era aggrappata e che il mare le ha strappato. Karl Nillson, svedese, 7 anni, ha perso anche lui padre e madre mentre il mare lo portava via. Ha poi detto: "Sono stato trascinato in un’altra città". Era in realtà lo stesso posto di prima (Phuket), reso irriconoscibile dalla devastazione.
Bilancio. Poiché il 30 per cento dei morti è costituito da bambini, i demografi hanno annunciato che l’onda ha cancellato un’intera generazione. I morti sono sepolti in tutta fretta in fosse comuni oppure bruciati all’aperto, anche se non ancora identificati. Questo significa che migliaia di famiglie in tutto il mondo non avranno neanche la consolazione di accudire alle salme dei loro cari. D’altra parte, la probabilità di infezioni ed epidemie è talmente alta da rasentare la certezza. Esperti di queste cose hanno detto che le disastrose condizioni igieniche di quei luoghi faranno, nelle prossime settimane, più vittime di quante ne abbia prodotte l’onda. Il mondo si è mobilitato per mandare laggiù uomini, denari, medicine: la Banca mondiale stima i danni in 5 miliardi di dollari, che non sembrano molti data la vastità della catastrofe. Un esponente dell’Onu ha accusato gli Stati Uniti di essere avari. Bush ha risposto mostrando numeri che collocano gli Usa ampiamente al primo posto tra i paesi che stanziano soldi per il Terzo mondo. Ma è una polemica tutta politica, che testimonia solo dei pessimi rapporti tra Casa Bianca e Nazioni Unite.
Italia. Può un maremoto simile prodursi anche in Italia? Sì, può. Siamo sopra la faglia che divide la placca africana da quella eurasiatica. Messina, nel 1907, ebbe 100 mila morti soprattutto a causa dell’onda immensa sollevata dal terremoto.
Natura. Nessuno scienziato ha imputato la catastrofe all’opera dell’uomo. La crosta terrestre è costituita da tredici grandi placche - simili a tessere di un mosaico - che di continuo si spostano e si assestano una rispetto all’altra. Ogni placca è a sua volta attraversata da spaccature o faglie, anche queste mobili. Il terremoto del 26 dicembre è stato causato dallo scontro tra la placca indiana (direzione nord-nord-ovest) e quella birmano-cinese. Una dellle due placche si è sollevata, l’altra gli si è infilata sotto. L’energia liberata da questo movimento è risultata pari a 23 mila volte la bomba di Hiroshima. La barriera corallina è stata annientata, i danni all’ecosistema (specie scomparse, o che non sopravviveranno alla fine dei coralli) non saranno restaurati forse mai, e comunque non prima di 50-100 anni. L’isola di Sumatra è scivolata di trenta metri verso sud-est, l’asse terrestre si è spostato di 6 centimetri. Questo provocherà un accorciamento di tre microsecondi nella durata dell’anno solare. Nessun effetto pratico, da quest’ultima modificazione, nella nostra vita di tutti i giorni, se non il fatto che tra 26 mila anni sarà necessario correggere il calendario. Se, nel frattempo, non vi saranno altri spostamenti dell’asse e se homo sapiens abiterà ancora la Terra.
Ucraina. Yuschenko, leader degli arancioni ucraini, ha vinto col 52 per cento dei voti le elezioni presidenziali. Si è trattato di un replay, tenutosi il 26 dicembre, delle elezioni di ottobre, che erano state vinte dall’altro candidato, il filorusso Yanukovich, e poi annullate per brogli. Mentre scriviamo, Yuschenko non si è ancora insediato perché Yanukovitch ha presentato ricorso, chiedendo la ripetizione del voto e denunciando cinquemila violazioni. Yuschenko, quando sarà insediato, avrà comunque grossi problemi: il paese ha un Pil di 1000 dollari ad abitante, la metà di quello che aveva nel 1991. Per tornare ai livelli di povertà di 14 anni fa dovrà crescere di almeno il 10-12 per cento l’anno per sette anni. Altri problemi: corruzione, alcolismo, calo demografico (-7% quest’anno). Anche se ha battuto il candidato di Putin, non potrà mettersi troppo contro i russi: il 40 per cento dell’interscambio è con Mosca e dalla Russia viene l’85 per cento dell’energia ucraina.
Cose rilevanti che succederanno quest’anno
Palestina. Il 9 gennaio si vota in Palestina, il 30 in Iraq. In Palestina è scontata la vittoria di Abu Mazen, dato che il suo avversario Barghouti ha rinunciato per fedeltà di partito. Sharon, che sta formando un governo di unità nazionale con la destra del Likud e la sinistra laburista, concorderà con Abu Mazen il ritiro dalla striscia di Gaza. In Iraq si eleggerà il Parlamento e, tra le 79 liste iscritte, dovrebbe prevalere quella degli sciiti moderati riuniti nell’"Alleanza dell’Iraq unito". Ma già lo svolgersi delle elezioni sarebbe, per Bush, un risultato politico di prima grandezza. Bin Laden (o chi per lui) ha diffuso un comunicato in cui invita con forza a boicottare il voto e bolla come atei tutti quelli che andranno alle urne. Lo stesso comunicato proclama il decapitatore Zarkawi leader di Al Qaeda. In Iraq si voterà col proporzionale senza preferenze, gli eletti saranno 275, le schede sono state stampate in Svizzera per evitare contraffazioni. Subito dopo il voto dovrebbe cominciare il processo a Saddam.
Italia. Le elezioni in Italia si terranno il 3 e 4 aprile: si tratterà di rinnovare 14 consigli regionali e di eleggere i relativi presidenti. Situazione politica e analisi del voto dello scorso giugno sembrano dare, stavolta, più chances a Berlusconi che al centro-sinistra. Clemente Mastella, capo dell’Udeur, che Ds e Margherita non vogliono candidare a governatore della Basilicata, ha abbandonato il centro-sinistra, senza ancora entrare nel centro-destra. Però, secondo uno studio sulle ultime europee fatto dalla Camera dei deputati, il solo abbandono è sufficiente a far ben figurare Berlusconi alle regionali (potrebbe prendere la Campania) e a fargli vincere con 27-41 seggi di vantaggio le politiche del 2006. Berlusconi risulterà perdente se perderà una sola fra queste quattro regioni: Veneto, Lombardia, Piemonte, Lazio (una sconfitta nel Lazio provocherebbe una crisi profonda all’interno di Alleanza Nazionale).
Referendum. Ci saranno, quest’anno in Europa, molti referendum confermativi della Costituzione europea, già approvata dai parlamenti lituano (11 novembre) e ungherese (20 dicembre). In Gran Bretagna il 49 per cento degli inglesi è contrario alla ratifica (sondaggio del Sunday Times). In Francia, Germania e Spagna (si vota il 20 febbraio) non dovrebbero esserci problemi. L’Italia ratificherà la carta Ue senza referendum, ma attraverso il voto parlamentare.
Economia. I temi del 2005 saranno i soliti: prezzo del petrolio (mentre scriviamo è in calo, ma è impossibile fare previsioni), indebolimento del dollaro (si ipotizza l’euro a 1,45) e conseguente freno allo sviluppo di Eurolandia, revisione dei parametri di Maastricht, crisi Fiat, Cina. La faccenda cinese più preoccupante riguarda il settore tessile: lo scorso 1° gennaio è finito il protezionismo di Usa ed Europa, fissato da un accordo firmato alla Wto (l’Organizzaione mondiale del commercio). Già oggi la Cina controlla il 17 per cento di tutti il commercio mondiale del settore e senza dazi e tariffe può arrivare al 45 per cento quest’anno e superare il 50 l’anno prossimo. Si rischia la perdita di 30 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo, di cui oltre 22 milioni femminili (stime di Business Week). Motivo: la Cina ha buona rete di infrastrutture, macchinari moderni e bassissimo costo del lavoro (un lavoratore cinese del tessile guadagna meno di 59 euro al mese). Durante i colloqui tra Ue e Cina di dicembre, Barroso ha chiesto al premier Wen Jiabao di limitare le esportazioni nel tessile, ma quello ha fatto finta di niente. Una scappatoia per gli europei potrebbe essere denunciare le politiche di ”dumping” (concorrenza sleale: grazie all’aiuto pubblico riesce a tenere bassi i prezzi e vendere all’estero) del governo cinese nel settore: secondo gli imprenditori italiani (riuniti nel Sistema Moda Italia e impauritissimi) le Banche cinesi finanziano le industrie tessili senza chiedere indietro i soldi. Essendo questo vietato dalle leggi europee – e anche dal Wto – la Ue potrebbe rivalersi sulla Cina con dazi o nuove restrizioni alle esportazioni.
RAI. A giugno 2005 va definitivamente in scadenza il Consiglio d’amministrazione della Rai che dovrà essere rinnovato secondo la legge Gasparri: sarà di 9 membri invece che di 5, sette saranno nominati dalla Commissione parlamentare di Vigilanza, due dal ministero dell’Economia in quanto azionista di riferimento. Entro il 2005 dovrebbe partire anche la privatizzazione della Rai con il collocamento sul mercato di una prima tranche di titoli: lo Stato in ogni caso continuerà ad essere l’azionista di maggioranza. La vera battaglia dell’anno dovrebbe però essere quella del digitale terrestre: Mediaset e la 7 si accingono a offrire da questo mese partite in diretta a 3 euro l’una. Sky ha già fatto sapere che, in questo modo, le squadre di calcio possono dimenticare la montagna di denaro incassato fino ad ora per i diritti. Gli stadi potrebbero svuotarsi e senza i soldi della pay-tv la bancarotta del nostro pallone potrebbe arrivare davvero.
Sanremo. A febbraio, primo Sanremo di Bonolis, con Antonella Clerici e, forse, Aida Yespica dell’Isola dei famosi.
Fiera. Ad aprile si inaugurerà la nuova Fiera di Milano, nell’area ex Agip tra Rho e Pero.