Varie, 17 aprile 2005
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Waters John
• Baltimora (Stati Uniti) 29 aprile 1946. Regista • «[...] l’icona gay assoluta, anzi il ”Papa del Trash”, come lo chiamava William S. Burroughs. [...] cineasta e maestro del buon ”cattivo gusto” [...] che molti conoscono per Hairspray, Grasso è bello e Cry Baby, ma di cui si dovrebbe vedere (almeno) anche Polyester, Pink Flamingos, Desperate Living e Female trouble [...] famiglia cattolica e adolescenza molto battagliera nei campi del rock, della contestazione alla guerra in Vietnam, del super 8 armato e dell’umorismo come ”programma minimo per una piattaforma davvero rivoluzionaria”, è un cineasta che è riuscito a mantenere la sua integrità e indipendenza, il suo punto di vista unico (e questo insegna al suo pubblico, a tutelarlo), qualunque budget abbia a disposizione. Rimanendo anche dentro Hollywood un dolce spirito off off. [...]» (Roberto Silvestri, ”il manifesto” 16/4/2005). «[...] uno di quei registi ”maledetti” ma anche ”di culto” [...] il suo cinema ”sporco”, provocatorio, indigesto, aggressivo e divertente a un tempo, antiborghese e forse rivoluzionario [...] Grasso è bello (1988) con il suo attore-attrice feticcio Divine, La signora ammazzacattivi (1994) con Kathleen Turner, Pecker (1998) con Christina Ricci, A morte Hollywood (2000) con Melanie Griffith, sono parsi meno violenti e incisivi, soprattutto meno anticonvenzionali e ”kitsch” dei suoi ”capolavori”, quali Pink flamingos (1972), Female trouble (1974) e soprattutto Polyester (1981). Ma non v’è dubbio, come ha sottolineato Vito Zagarrio nella bella monografia che gli ha dedicato (ed. Castoro), che c’è una continuità nella sua opera, una ricerca contenutistica e formale che va indagata con attenzione, anche al di là dei temi trattati, più facilmente etichettabili, o dello stile fin troppo sbrigativamente definito ”sporco”. [...] Non è detto tuttavia che, nonostante la critica favorevole e il numero sempre crescente dei suoi fans, John Waters sia quell’innovatore spregiudicato, quel provocatore cosciente, quel rivoluzionario anarchico, o quel fustigatore di costumi di cui si dice. E neppure, forse, quel regista maledetto che avrebbe potuto essere. Piuttosto è, ed è stato, l’artefice di un felice connubio fra l’avanguardia (per pochi intellettuali) e il cinema di consumo (per molti spettatori indifferenziati), e soprattutto il sovvertitore, come Gerard Damiano con la sua Gola profonda (1972), del costume e della morale corrente. Un sovvertitore che ha allargato il suo campo d’azione, dai comportamenti sessuali, con tutte le varianti e depravazioni, ai rapporti interpersonali; dalla famiglia, con i conflitti e le contraddizioni, alla società dei consumi. Lungo il tracciato di una rappresentazione dell’America [...] che antepone il sarcasmo e la comicità, il gusto irridente e lo sberleffo, alla serietà (e seriosità) di un discorso sociologico e di critica sociale. A vantaggio degli spettatori, che possono anche rimanere sconcertati e persino disgustati dai suoi film, ma che il più delle volte si divertono proprio grazie a quella comicità di fondo che rende ridicole anche le situazioni più imbarazzanti» (Gianni Rondolino, ”La Stampa” 21/4/2005). «[...] Ho studiato in una scuola cattolica solo alle superiori, alle elementari ero in una scuola pubblica. Però frequentavo il catechismo domenicale dalle suore e è stato lì che si è scatenata la prima grande ribellione della mia vita. Queste suore erano molto severe specie con chi non veniva da una scuola religiosa. All’epoca avevo sette-otto anni e tra i divieti assoluti che ci venivano imposti c’era anche una lista di film proibiti, dovevamo giurare che non li avremmo mai visti. Come potevano credere che dei ragazzini piccoli andassero da soli al cinema a vedere film proibiti? Così mi sono rifiutato di giurare. I miei genitori erano sconvolti. Mentre io a casa, nelle mie fantasie, immaginavo di essere il padrone di una sala cinematografica dove proiettavo solo quei film. In un certo senso, è grazie alla scuola cattolica se mi sono appassionato al cinema. [...] E dio creò la donna, Gigi, Baby Doll. Che ai loro occhi era il più temibile. Dicevano: ”se lo vedi brucerai all’inferno!’ Ricordo anche che in quel periodo in città tutti si precipitavano a vedere Mom and Dad, un documentario medico sulla nascita dei bambini che come spesso negli anni Cinquanta, voleva essere uno strumento di educazione sessuale. In sala c’erano finte infermiere che vendevano opuscoli sull’argomento. In realtà era diventato una specie di porno. Gli uomini ne approfittavano per vedere una donna nuda, guardavano più la vagina che il bimbo. [...] la società era molto chiusa ovunque, erano gli anni Cinquanta in America. Il vescovo a capo della campagna contro Baby Doll era un certo Fulton Sheen, nella vita era omosessuale, si diceva che si facesse chiamare con un nomignolo tipo kiddy, ragazzina... E però era di un moralismo spaventoso, guidava tutte le manifestazioni di piazza e non solo contro il film. Poi sono arrivati gli anni Sessanta e molte cose sono cambiate. La mia generazione credeva che ci sarebbe stata la rivoluzione. La guerra culturale toccava tutto a cominciare dalla sessualità. Organizzare una sommossa aveva per noi lo stesso senso che per un ragazzo ha adesso andare a un rave party. Oggi è difficile immaginare la stessa rivoluzione sessuale. L’aids ha cambiato tutto [...]» (Cristina Piccino, ”il manifesto” 23/4/2005).