Vittorio Melloni, Corriere della Sera, 13/04/2005 pag. 13, 13 aprile 2005
Conclavi: Urbano VI, Corriere della Sera, 13/04/2005 pag. 13 Per quanto consolidato da una prassi secolare, il conclave non è stato uno strumento infallibile
Conclavi: Urbano VI, Corriere della Sera, 13/04/2005 pag. 13 Per quanto consolidato da una prassi secolare, il conclave non è stato uno strumento infallibile. La prudenza dei cardinali, il loro intuito spirituale, una congiuntura politica favorevole sanno rendere particolarmente efficace lo strumento col quale un collegio di liberi ed uguali interpreta il bene della Chiesa. Però, se queste caratteristiche si dovessero rovesciare, il conclave non è in grado di evitare esiti tragici. questa responsabilità che dovrebbe rendere gli elettori, ancora prima dell’eletto, pieni di gravità, di rispetto reciproco, di senso di responsabiltà nel maneggiare i delicatissimi strumenti messi in opera dal diritto della Chiesa latina per consentire il pacifico commiato dal passato e l’avvio di una stagione nuova – avvio che Giovanni Paolo II ha voluto si svolgesse sotto gli occhi michelangioleschi del Giudizio Universale, proprio perché i cardinali si sentissero piccoli innanzi al mistero e non davanti alle piccole arroganze umane. Non si teneva nella Sistina, ancora di là da venire, il conclave del marzo 1378, che si adunò in Roma poco più d’un anno dopo che Gregorio XI aveva fatto ritor no a Roma dopo il soggiorno ad Avignone, e aveva preso dimora nel Palazzo del Vaticano e non più al Laterano come molti dei suoi predecessori. Il conclave che segue la sua morte, è spesso citato perché il popolo romano seppe far sentire la sua voce forte che reclamava un papa " r omano o almanco italiano ", di cui la città era vedova da troppi anni. Il grosso dei cardinali si piegò alla piazza ed elesse Urbano VI, arcivescovo di Bari e non cardinale; altri, filofrancesi, si rifiutarono di riconoscere quella elezione svoltasi sotto la pressione della folla e, dopo averla dichiarata invalida, procedettero all’elezione di Roberto, cugino del re di Francia, che prese il nome di Clemente VII e rapidamente si ritirò ad Avignone in attesa di spuntare l’avversario. La situazione non era, per sé, inedita: varie elezioni controverse avevano prodotto l’elezione di due papi, il cui contrasto veniva risolto dall’imperatore, dal nego ziato, dalle dimissioni, o semplicemente la morte di uno dei contendenti, lasciando uno sul trono di Pietro e relegando l’altro all’infame ruolo d’antipapa. Nel 1378, però, non andò così. Anzi lo scisma apertosi si prolungò. Il sostegno che i due contendenti trovarono nelle corti ebbe un ruolo: da una parte i sovrani di Francia, Savoia, Portogallo, Scozia, Casti glia, Aragona, Sicilia, Germania meridionale ( nei quali si riconsceva san Vincenzo Ferrer) con Clemente VII, mentre dalla parte del partito romano c’erano l’imperatore, l’Inghilterra, gli scandinavi, la Germania settentrionale e l’Ungheria ( con i quali si schierava santa Caterina da Siena). E ciò favorì la decisione del partito di Urbano VI che alla sua morte non s’arrese, ma elesse Bonifacio IX, poi Innocenzo VII, e infine Gregorio XII. Simmetricamente il partito di Clemente VII scelse alla sua morte Benedetto XIII. Tutti i tentativi di comporre lo scisma con un negoziato o tramite la via cessionis ( la rinunzia d’uno a favore dell’altro) diretta fallirono, e la speranza di un concilio tenuto a Pisa nel 1409 per sciogliere politicamente il problema si risolse nella elezione di un terzo papa, Alessandro V, che l’obbedienza " pisana " sostituì l’anno dopo con Baldassarre Cossa, che prese il nome di Giovanni XXIII. Progressivamente la via concilii – cioè di una assemblea di tutta la cristianità che condannasse chi aveva leso l’unità della Chiesa – si fece strada e l’imperatore Sigismondo lo fece iniziare il 1 ? novembre 1414 nella cattedrale di Costanza. Giovanni XXIII, in un primo tempo convinto che il concilio ne avrebbe confermato l’elezione, fuggì però da Costanza quando capì che ciò non sarebbe accaduto; il concilio – definendo la sua potestà come organo capace di rappresentare la Chiesa universale – procedette a deporlo come colpevole contro l’unità della Chiesa; il partito romano di Gregorio XII abdicò e il papa del partito francese riparò presso Valencia, senza più nessuna nazione dalla sua parte. Così, fra l’ 8 agosto e l’ 11 novem bre 1417 si tenne un conclave inusuale perché doveva fare e il papa e l’unità della Chiesa d’occidente: al gruppo dei 23 cardinali venne affiancato un collegio formato da 30 persone – sei per ciascuna delle cinque " nazioni " rappresentate al Concilio ( italiana, francese, tedesca, inglese, e poi spagnola); si stabilì che sarebbe diventato papa chi avesse ottenuto i 2/ 3 dei voti dei cardinali e insieme i 2/ 3 dei voti delle nazioni. Non dunque la delega a una indiscussa autorità teologica o alla forza della politica, ma un intelligente uso dei congegni giuridici permise a Odo Colonna di essere eletto col nome di Martino V, dopo 39 anni di scisma. Quella esperienza lontana ha trovato eco nella legislazione successiva che stabilisce che alla morte del papa un eventuale concilio sia sospeso, per lasciare liberi i cardinali, ed è ancor oggi vigente. Vittorio Melloni