Eva Cantarella, Corriere della Sera 25/3/2005, pag. 21., 25 marzo 2005
Il mito greco di Amore e Psiche (raccontato da Apuleio, II secolo dopo Cristo). C’era una volta una ragazza bellissima, così bella che nessuno la chiedeva in moglie
Il mito greco di Amore e Psiche (raccontato da Apuleio, II secolo dopo Cristo). C’era una volta una ragazza bellissima, così bella che nessuno la chiedeva in moglie. Tutti la veneravano come una dea, ma nessuno la amava. Interpellato dai suoi genitori, un oracolo disse che la ragazza doveva essere abbandonata su una roccia lontana, ove sarebbe stata preda di un mostruoso serpente. Ma quando i genitori, piangenti, eseguirono l’ordine, un soffio di vento sollevò la ragazza e la portò in un palazzo vuoto, bellissimo, dove ogni suo desiderio venne esaudito da voci e mani invisibili e dove, quando calò la sera e venne il buio, la ragazza venne raggiunta da un marito invisibile, che in cambio del suo amore le chiese un solo sacrificio: mai, per nessuna ragione, avrebbe dovuto cercare di vedere il suo volto. Ma un giorno, istigata dalle sorelle invidiose, la ragazza disobbedì, e mentre il marito dormiva accese una lanterna, alla luce della quale vide un uomo bellissimo, così bello che le sua mani tremarono, e una goccia d’olio cadde dalla lampada. Svegliato di soprassalto, il marito sdegnato abbandonò la ragazza, prendendo il volo: il marito era infatti Amore, il dio alato. Disperata, la ragazza si aggrappò ai suoi piedi, seguendolo nel suo volo sino a quando cadde stremata al suolo, e persa ogni speranza tentò più volte di uccidersi nei modi più atroci, ma sempre invano. Sino a quando Amore, commosso, la perdonò. Ricevuto il dono dell’immortalità, la ragazza visse, per sempre felice, con il marito e il figlio che questi le diede, cui venne dato il nome di Piacere.