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 2005  aprile 10 Domenica calendario

Conclavi: Paolo V, Corriere della Sera, 10/04/2005 Fra i tanti primati di Giovanni Paolo II, uno resterà insuperato e insuperabile: egli è l’ultimo Papa ad essere stato vescovo al concilio Vaticano II

Conclavi: Paolo V, Corriere della Sera, 10/04/2005 Fra i tanti primati di Giovanni Paolo II, uno resterà insuperato e insuperabile: egli è l’ultimo Papa ad essere stato vescovo al concilio Vaticano II. Esperienza imprescindibile per lui ( lo conferma con forza il suo testamento), e per tutti coloro che, entrati in San Pietro con un insieme di aspirazioni inespresse e architetture intellettuali che parevano insostituibili, hanno sperimentato fra l’ 11 ottobre 1962 e l’ 8 dicembre 1965 la forza rinnovatrice della comunione conciliare. Salvo sorprese, il conclave 2005 eleggerà un uomo cresciuto nel post concilio, ma destinato a guardare a quell’evento con occhi n u o v i , a q u a rant’anni dalla fine di quello che Giovanni Paolo II chiama " il grande dono " e " l’evento di grazia del secolo " . Una situazione in qualche modo simile a quella che si parò davanti alla Chiesa nel 1605, quando in due successivi conclavi ci si dovette misurare con il concilio di Trento che si era chiuso il 4 dicembre 1563. Era finito il pontificato di Clemente VIII, ricco di successi po litici e di una attiva opera per l’applicazione dei decreti del concilio di Trento, " il maggior beneficio che ha ricevuto la Chiesa di Dio da molt’anni in qua " . Esecutore della visita pastorale e del sinodo della diocesi di Roma, attento alla disciplina negli ordini religiosi, curatore della nuova edizione latina della Bibbia, svelto nel trovare un accordo con i Copti e Ruteni per la loro sottomissione alla Chiesa di Roma, Clemente VIII ( lo spiega una recente biografia di Maria Teresa Fattori) è un abile negoziatore; anche nella infiammatissima disputa fra domenicani e gesuiti sulle tesi di Luis de Molina, che riguardavano la responsabilità dell’uomo nel raggiungimento della salvezza, seppe rinviare. Ma alla sua morte, sopraggiunta proprio alla vigilia della decisione sul " molinismo " , il giudizio sullo stato della Chiesa postconciliare era assai severo. Roberto Bellarmino ( il teologo gesuita poi canonizzato da Pio XI) gli imputava, in una nota a Paolo V, sei gravi inadempienze del concilio: troppe diocesi lasciate vacanti; la scadente qualità delle nomine, ispirate più dal desiderio di trovare buone chiese per certe persone, che non buone persone per le chiese; il mancato adempimento dell’obbligo dei vescovi di risiedere in diocesi; l’esistenza perdurante di vescovi con più diocesi; l’uso di trasferire i vescovi; l’accettazione delle dimissioni dei vescovi per motivi d’interesse. Una sostanziale evasione da ciò che il concilio di Trento aveva raccomandato, fatta senza una contestazione forma le, ma con uno svuotamento del concilio, e spesso compiuto proprio in nome del concilio... I due conclavi del 1605 confermano questo giudizio: il cardinale Cesare Baronio, grande erudito e attivo per la riforma della Chiesa in senso conciliare, e lo stesso Bellarmino, non meno impegnato a trovare una cifra di fedeltà a Trento, sono candidati autorevoli alla successione. Ma vengono surclassati dai candidati che Madrid, Parigi e Vienna fanno portare ai " propri " cardinali elettori. Nel primo conclave, aperto il 14 marzo 1605, vengono delibati i nomi di 21 papabili su 69 cardinali. Il conclave si risolve il 2 aprile quando Alessandro de’ Medici, non gradito alla corona di Spagna, ma meno odiato del Baronio, ottiene i 2/ 3 dei voti. Leone XI, però, cade malato per un colpo di freddo preso durante la cerimonia inaugurale in san Giovanni in Laterano il 17 aprile. Sul letto di morte i suoi elettori vorrebbero che facesse cardinale il proprio nipote Ottaviano de’ Medici, ma il Papa si rifiuta, " per non macchiare la sua fama " . Quando muore, dopo dieci giorni di agonia, il conclave ritrova i cinque partiti del mese innanzi: gli zelanti della riforma della Chiesa, i cardinali obbligati alla corona di Spa gna o di Francia, i gruppi dei Peretti e degli Aldobrandini nati dal nepotismo di Sisto V e di Clemente VIII. Di nuovo l’ascesa del Baronio viene bloccata dalle candidature filospagnole e dagli Aldobrandini: e nella paralisi che ne segue sarà la figura di compromesso del Borghese, ancorché giovanissimo con i suoi 52 anni d’età, a far valere la rete clientelare della sua famiglia e a farsi incoronare col nome di Paolo V. Era a suo modo una svolta per il papato che, come grande potenza fra le grandi potenze, trovava il massimo riconoscimento nell’impegno con il quale i poteri politici ne desideravano il controllo. Apparentemente il concilio di Trento perdeva il suo carattere di bussola della riforma per diventare un manuale del disciplinamento della Chiesa: senza che ne fosse cancellata una riga... Alberto Melloni