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 2005  aprile 11 Lunedì calendario

EUSTACHIO Marilù.

EUSTACHIO Marilù. Nata a Merano nel 1934. Pittrice. «Infinitamente più delicata e tremenda è la presenza dell´immenso nel piccolo che non la dilatazione del piccolo nell’immenso”. E altrove: ”la stazione delle corriere è deserta, non c’è un’anima. A una decina di minuti dalla partenza improvvisamente tutto si anima: un gruppo di frati e di suorine che si salutano e squittiscono e si agitano”. O ancora: ”la gran parte degli uomini non vivono nella vita ma in una pura apparenza, dove nulla è, e tutto soltanto significa”. Sono brani delle pagine di diario di Marilù Eustachio, dove memorie letterarie (qui Cristina Campo e Hugo von Hofmannsthal: tempi e luoghi tanto diversi, dunque, ma uniti da una medesima ansia a scrutare nelle ragioni più nascoste dell´esistenza) s’alternano a minute memorie di un quotidiano capace di voltarsi, d’improvviso, in immagine. Tanti e tanti diari ha riempito negli anni la Eustachio (che è nata a Bolzano, e da sempre lavora a Roma), affiancando alle note vergate in una scrittura minuta e precisa i suoi disegni: sonde calate nell’animo, a scoprire ”uno stato d’animo, un pensiero, un avvenimento, un affetto”, scrive [...] Marisa Volpi [...] Il disegno è da sempre, d’altronde, per la Eustachio il luogo forse maggiore della sua pittura: luogo raccolto e tetragono alle preoccupazioni di stile come ai clamori di una vita scossa da ritmi che questa donna forte, malinconica e insieme ridente non ama, e dai quali ha sempre desiderato tenersi al riparo. Concentrando il suo respiro verso il mondo e verso gli altri nel breve spazio di un foglio ove precipitano assieme figura e ansia di trascendere la mimesi della realtà; ove il segno si scrive in affanno, vorticando, scoprendo incroci e incastri aspri, capaci di snudare un animo; ove il colore s’allarga in macchie, o struscia in rapidi guizzi, a dire, contratto, la temperatura dell’immagine. Da una zona ove un ultimo romanticismo - non più, quasi, lingua: ma anelito di un sovrastorico sentire - si coniuga con un nascente simbolismo, sgorga l’immagine dell’Eustachio: fatta di ombre, di trasalimenti, di fiati, d’assenze: ”echi e postille di un’arte del nord, da Altdorfer a Kubin”, scrive ancora la Volpi» (Fabrizio D’Amico, ”la Repubblica” 11/4/2005).