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 2005  aprile 07 Giovedì calendario

Storie dei conclavi(4): Pio X. Alberto Melloni, ”Corriere della Sera” giovedì 7/4/2005. "Votate Gotti, votate Gotti!" , così l’ultranovantenne Leone XIII esortava i cardinali che si recavano a trovarlo nel corso del 1903, in vista del conclave che anch’egli sapeva essere ormai prossimo

Storie dei conclavi(4): Pio X. Alberto Melloni, ”Corriere della Sera” giovedì 7/4/2005. "Votate Gotti, votate Gotti!" , così l’ultranovantenne Leone XIII esortava i cardinali che si recavano a trovarlo nel corso del 1903, in vista del conclave che anch’egli sapeva essere ormai prossimo. Il Papa vegliardo, che aveva in precedenza fatto anche altri nomi, vede nel cardinale domenicano Gerolamo Gotti, prefetto dei vescovi e poi di Propaganda fide , anima della politica orientale del pontificato, un erede. Tutti però hanno in mente un altro, o come loro candidato o come loro incubo: è il segretario di Stato, Mariano Rampolla del Tindaro. Favorevole alla conciliazione con l’Italia, filofrancese, è guardato con sospetto dalla miopia italiana e dagli austriaci che intendono far valere questa loro ostilità tramite lo jus exclusivae .  infatti da tre secoli che Spagna, Francia e Austria godono di un diritto di veto, tanto sfumato quanto preciso: il Papa Re, unico sovrano che sfugge alle leggi dell’apparentamento fra dinastie, deve essere accettato da coloro che sono i suoi alleati naturali e obbligatori nel teatro politico e in quello bellico. Nel 1644 il veto spagnolo ( ripetuto 11 anni dopo) blocca il cardinal Sacchetti, troppo amico del Mazarino, e sposta i voti su Innocenzo X. Nel 1691 è il cardinal Gregorio Barbarigo ( il vescovo padovano canonizzato da Giovanni XXIII) che deve cedere il passo a Innocenzo XII. Nel 1730 e 1758 la cosa si ripete, e nel 1769 viene a Roma per dir la sua l’imperatore d’Austria, Giuseppe II. Sulla base di questi precedenti l’Austria, nel 1903, ritiene di potere e dovere usare il proprio diritto di veto per impedire che Rampolla diventi Papa. La mossa austriaca è solo l’ultima di una serie di pressioni esercitate nel corso del pontificato leonino per orientarne scelte e successione. La minaccia del veto è nota al Papa e a Rampolla, ma l’eventualità di prendere un provvedi mento che lo proibisca viene accantonata perché il Vaticano non vuole esacerbare Vienna e perché si temono più di tutte " le influenze quirinalesche " , cioè le azioni della corte italiana. Il ministro degli Esteri, Visconti Venosta, ne è tanto consapevole che afferma scherzosamente di poter bloccare un candidato semplicemente indicandolo come gradito al Regno d’Italia... Il veto, dunque, non è un mistero: anzi è anticipato dal Corriere della Sera durante l’agonia del Papa, l’ 11 luglio 1903: " Malgrado la candidatura sua ( di Rampolla n. d. r .) continui a mantenersi a galla di fronte a tutte le contrarietà ed a tutti gli ostacoli, questa mattina stessa, da fonte autorevole, mi si assicurava che l’Austria, d’accordo con la Germania, era decisa a opporre il suo veto alla nomina di lui " . E quando il 20 luglio Leone XIII muore, il pronostico si fa realtà: due ore dopo il decesso del pontefice un telegramma da Vienna informa l’ambasciatore asburgico presso la Santa Sede che contro Rampolla si dovrà portare l’esclusiva, nell’eventualità e nel caso estremo, tramite uno dei cardinali sudditi. Le cerimonie che precedono il conclave sono povere e private: la bara viene chiusa con i chiodi in un’atmosfera surreale; nelle riunioni tra porporati il cardinale di Milano, Andrea Ferrari, si scandalizza perché gli vogliono spiegare l’uso delle le schede come fosse " alla scuola d’asilo d’infanzia " ; il cardinal Merry del Val annota in un diario ( ora edito da L. Trincia) la lunga discussione sul luogo dal quale il nuovo Papa dovrà dare la benedizione, per evitare che affacciandosi alla loggia esterna riconosca i Savoia, usurpatori di Roma; il segretario del collegio si fa autorizzare ad allacciare un telefono che da dentro il conclave comunichi col solo sostituto della segreteria di Stato. Undici giorni dopo la morte del Papa 500 persone, tra le quali 62 cardinali e oltre 400 assistenti, entrano nella Sistina per l’inizio delle votazioni che vedono subito emergere Rampolla ( 24 voti) e Gotti ( 17). Rampolla commenta ad alta voce che " è un errore " votarlo co sì, e ha ragione: il camerlengo Oreglia ha impedito il voto per accesso ( una seconda tornata di voti che vengono conteggiati con i primi) che a tempo debito lo avrebbe fatto prevalere, e così egli si trova esposto al veto austriaco. il cardinale di Cracovia Puzyna, che prima per lettera e poi a voce dichiara che l’imperatore mette il veto contro Rampolla. La cosa – scrive Merry del Val – " suscitò la generale indignazione. Il Cardinale Rampolla si alzò e con parole degne di un Principe di S. R. Chiesa protestò contro l’attentato alla libertà del collegio, mentre ringraziava in pari tempo il Signore se con tale mezzo aveva disposto di sottrarlo al peso del Pontificato non mai ambìto " . Ma come sempre in conclave quando una cosa è accaduta, non c’è ritorno: i voti ( ai quali Rampolla non rinuncia) defluiscono verso Gotti e poi verso il cardinal Giuseppe Sarto, patriarca di Venezia, che il 4 agosto raggiunge i 50 voti e viene eletto Papa prendendo il nome di Pio X. Pochi mesi dopo promulgherà una costituzione per il conclave con la quale proibisce il veto. Ciò mette alla porta del conclave una dimensione della politica, non la politica.