Pierangelo Sapegno, La Stampa 8/4/2005, pag. 19., 8 aprile 2005
Il principe Ranieri, La Stampa 8/5/2005. Mercoledì mattina alle 6.30 non è morto soltanto il principe Ranieri
Il principe Ranieri, La Stampa 8/5/2005. Mercoledì mattina alle 6.30 non è morto soltanto il principe Ranieri. E’ cominciata anche l’era di Alberto II. Quello che verrà deve essere ancora scritto. Però, Alberto ha avuto un tempo interminabile per pensarci. Era l’autunno del 1984, più di vent’anni fa, quando il padre sovrano aveva confidato ai giornalisti la sua intenzione d’abdicare, «nel momento in cui mio figlio si sentirà in grado di assumersi la responsabilità di governare Monaco». A dire il vero, l’erede non ci aveva messo molto tempo «a sentirsi in grado». E’ Ranieri che ha pensato bene di non cedergli più il passo. Undici anni dopo, con il «Figaro», aveva fatto marcia indietro, come se niente fosse: «Non ci penso proprio ad abdicare. Adesso il problema non si pone». Neppure dopo. E pazienza per il figlio. Non è che fosse cominciata allora la grande attesa. Il principe che viene ha costruito la sua vita aspettando sempre qualcosa, una donna, una moglie, il potere, il Regno, o semplicemente questa grande azienda, il grande business che è Montecarlo, senza mai dar l’idea di voler veramente una qualsiasi di queste cose. Forse è proprio questo il suo segreto. Possiede come se non avesse. Come succedeva con le donne. Lo fidanzavano a turno con le modelle e attrici più belle, Claudia Schiffer, Brooke Shields, Lisa Marie Presley, oppure con Tasha de Vasconcellos, ma nessun nome e nessun legame riusciva mai a diventare ufficiale. Lui smentiva tutto molto serenamente, anche le foto più evidenti: «All’inizio, mi vien da ridere. Dopo, molto meno». Poco tempo fa il giornalista Romain Clergeat disse di lui: «Ormai è Alberto che rappresenta Monaco all’estero, pure nella delegazione dell’Onu». Solo che subito dopo aggiungeva: «Cionostante, la sua influenza nel Principato resta minima, e anche se viene informato delle decisioni più importanti, egli deve ogni volta trattare con l’autorità paterna che non gli lascia certo grandi spazi». Il padre sovrano lo chiamavano «patròn», e forse non c’era niente di più vero, vista l’azienda Montecarlo che era riuscito a reinventare e ricostruire ripartendo dalle sue ceneri, negli Anni ’50, proprio come un grande capitano d’industria. Il figlio, invece, lo chiamano tutti Alberto. E’ amato, più che temuto. Come dimostrava anche un sondaggio pubblicato dal settimanale VSD giusto un anno fa, quando quasi tutti gli abitanti di Monaco avevano dichiarato di voler lui come successore di Ranieri: il 92 per cento, un plebiscito. Carolina aveva il 5,2 per cento, Stephanie l’1, 2 e Andrea, il figlio maggiore di Casiraghi, lo 0,8. Era il sovrano prescelto, quasi voluto dalla sua gente, ed era l’uomo del potere senza potere. Una sola volta era riuscito a incidere. Con il Monaco, la squadra di football. Per questo si può dire che il suo regno è cominciato dal calcio. E’ successo quando il Monaco ha dovuto fare a meno del suo patron, Jean Louis Campora, padre padrone della formazione del principato, ormai seppellita dai debiti. Campora, per salvare capra e cavoli, pensò di vendere tutto a una cordata di russi «dalle dubbie finanze», come scrivevano allora i giornali. Fu Alberto a opporsi a questa soluzione. E convinse il padre. Al posto dei russi, fu scelto un suo amico personale, Stéphane Valeri. Ranieri fece buon viso. Rimase alla finestra a guardare. Solo che da queste parti approdò Deschamps, vecchia gloria juventina, e la squadra arrivò oltre le più rosee speranze sino alla finale di Champions League, perdendo d’un soffio il titolo nazionale. Il timido Alberto, il ragazzino dell’Amherst College, Massachussets, che viaggiava in metro assieme ai suoi amici a New York, dove lavorava come sorvegliante in una biblioteca, o come spedizioniere in una società di pulizia, era definitivamente cresciuto. Aveva avuto ragione. E aveva vinto la sua battaglia. I suoi nipoti forse non avranno bisogno di far tutta questa strada per arrivare sulla soglia del potere. Andrea, Charlotte e Pierre, i tre figli di Carolina e Casiraghi, in qualche modo ci sono sin da adesso, nella stanza dei bottoni. Il primo, nell’eredità della successione, ha un ruolo già assegnato, dopo Alberto e la mamma, come era stato sancito dalla modifica della Costituzione il 2 aprile del 2002 nell’articolo 10. Se Pierre, il più piccolo, è ancora ai margini del gran mondo e dei paparazzi, Andrea fa una vita molto normale. E’ un bel ragazzo dai capelli molto lunghi, che frequenta il Stars ’n’ Bars o la Rascasse. E’ un gran bevitore, gli piace divertirsi, ama ballare e far baldoria con gli amici. Da zii e genitori ha imparato a farsi furbo: non si fa mai vedere con una donna, nemmeno con la fidanzata. Ha una grande passione per il calcio, ed è un tifoso del Monaco. L’unica ragazza con cui si mostra in giro è sua sorella Charlotte, che ha la stessa bellezza di Carolina e forse lo stesso successo e la stessa voglia di divertirsi. Vanta una folta schiera di ammiratori, ci sono siti Internet su di lei, e pure un fans club in Corea del Sud. Lei, al calcio, preferisce l’equitazione. Il primo pony glielo regalò mamma Carolina quando aveva 5 anni. Si allena due volte alla settimana, e non manca mai ai meeting più importanti del circuito mondiale. A Parigi vive nel settimo arrondissement, in un pied a terre. Viaggia in metro, come faceva lo zio, che adesso diventa sovrano. Ma non sappiamo se questo è un segno del destino. Forse, è solo più comodo.