6 aprile 2005
Tags : Tom. Maschler
Maschler Tom
• Nato a Berlino (Germania) il 16 agosto 1933. Editore. «[...] divenne presidente della Jonathan Cape a 29 anni. Nell’autobiografia dal semplice titolo Publisher sostiene che ”la maggior parte degli impiegati del settore editoria non avrebbe difficoltà ad ammettere che dagli inizi degli anni ’60 agli inizi degli ’80 Cape è stata la più grande casa editrice letteraria d’Inghilterra”. Era nato a Berlino nel 1933 dove suo padre era un piccolo editore. La famiglia si spostò a Vienna proprio prima dell’invasione di Hitler e così subì l’immediato sequestro della nuova casa e dell’attività appena iniziata. Lui e la sua estrosa mamma, Rita, riuscirono con una tortuosa fuga a rifugiarsi in Olanda dove presero l’ultimo battello per la neutrale Svezia, ma persero per un pelo la nave per gli Stati Uniti e così si diressero in Inghilterra. Dove il padre li raggiunse in seguito; tre dei suoi nonni invece morirono in campo di concentramento. Solo la Fiera di Francoforte riesce a far mettere piede in Germania a Maschler. Bambino al suo arrivo, sarebbe stato uno dei tanti profughi ebreo-tedeschi, come l’editore dell’autobiografia del papa, Lord Weidenfeld, divenuti un’incredibile potenza nell’editoria britannica del dopoguerra. Tuttavia Maschler, per reazione contro il padre, resistette all’idea di lavorare nell’editoria. Non era un intellettuale e rifiutò di andare a Oxford perché capì che erano state le sue abilità nel tennis e non le sue qualità accademiche che gli avevano fatto vincere un posto. Per due anni, invece, girò in autostop su e giù per gli Stati Uniti, possedendo in partenza solo 13 dollari. Evitò il servizio militare fingendosi matto. Portando americani in giro per l’Europa, con il ricavato delle mance riuscì a comprarsi ben due case a Londra; dopo tentò di diventare un regista di Cinecittà ma senza successo. Fare l’editore fu quasi un’ammissione di fallimento. In ogni caso la sua meteorica ascesa nell’editoria in cui presto divenne capo della fiction da Penguin per poi culminare con la Presidenza della Cape fu dovuta alla combinazione di un ”orecchio” per l’individuazione di nuovi grandi scrittori con le sue innate abiltà nel marketing. Tra cui la capacità di riuscire a rendere popolare il buon livello. Aveva il dono di saper convincere gli scrittori a pubblicare da lui, suggerir loro idee nuove per libri e convincere il pubblico a comprarli. Portò un tocco di Hollywood nei contegnosi reami dell’Alta Cultura, ma invece di Oscar i suoi autori collezionarono ben 12 premi Nobel per la Letteratura: i poeti Seferis, Kavafis, Nellie Sachs, Pablo Neruda e Derek Walcott. Ci sono poi i romanzieri Carlos Fuente, Asturias, Octavio Paz, Patrick White, Saul Bellow, Nadine Gordimer e Isaac Bashevi Singer. Parecchi dei suoi scrittori britannici hanno vinto il Booker Prize per il miglior romanzo. In realtà lui aveva inventato il Booker Prize nel 1969 come strumento di marketing prima di costruire la propria scuderia di vincitori di premi. Per Maschler la creazione del Booker Prize è stato ”il mio più utile e duraturo contributo all’editoria”. Al di sopra di tutto, quel che ha è chutzpah; come quel famoso ragazzo che dopo aver ammazzato i genitori chiese clemenza al giudice per avere una sentenza meno dura, essendo un povero orfano. La caratteristica che tutti questi scrittori hanno in comune è il fatto di ”appartenere” a Maschler. Dopo Doris Lessing e Arnold Wesker c’è il triumvirato Martin Amis, Ian McEwan e Julian Barnes, seguito da Bruce Chatwin, John Fowles, Anita Brookner e Salman Rushdie. Non solo pubblicò Ian Fleming, ma scoprì anche il suo opposto Len Deighton. Persuase pure John Lennon a pubblicare due raccolte di versi e disegni. Ebbe poi l’ispirazione di chiedere al responsabile dei mammiferi dello zoo di Londra, Desmond Morris, di scrivere il colpo editoriale La scimmia nuda. Allo stesso modo scoprì e pubblicò i grandi americani. Dopo Joseph Heller ci furono pure Tom Pynchon, Tom Wolfe, Kurt Vonnegut, Allen Ginsberg, mentre il suo primo incarico alla Cape fu di curare l’opera postuma di Ernest Hemingway Festa mobile. Un altro editore - ma certo uno scrittore - nella rivale Faber&Faber / ha scritto che il bello scrivere è ”le parole giuste nel giusto ordine» e orecchio per il ritmo e sordità per i cliché”. Tom Maschler quindi non è uno scrittore, come del resto la maggioranza dei lettori. Tuttavia ha orecchio per la scrittura altrui ed è il direttore d’orchesta per eccellenza, cioè un editore. Che non può fare a meno di sviluppare il talento che talvolta vede ancora assopito (lasciò che Ian McEwan continuasse a pubblicare racconti fino a quando fu pronto per un romanzo). Deve saper incoraggiare, ma anche essere brutalmente franco. Deve tagliare come un giardiniere che poti le rose, come fece ”creando” lo stile di Bruce Chatwin. Deve prendere in considerazione il ”look” del libro. Per esempio mettendo Quentin Blake a illustrare Roald Dahl. E farlo non solo con i libri d’arte che ha creato sulle opere di David Hockney e Lucien Freud o le fotografie di Henri Cartier-Bresson. Si deve poter giudicare un libro dalla copertina. Ma non basta: bisogna infondere entusiasmo nei librai e nei media, promuovere la vendita dei diritti per film e serializzazioni. L’arte dell’editore, a differenza di quella dello scrittore, non è di sole parole, ma è la produzione e vendita di un artefatto, che è il libro. Ecco perché la rivista del settore, il Bookseller, la bibbia dell’editore, chiama Tom Maschler ”Il più importante editore della Gran Bretagna; il più innovativo, avventuroso e che vale di più”. E descrive la sua arte» (Richard Newbury, ”La Stampa” 6/4/2005).