Agostino Paravicini Bagliani, La Repubblica, 05/04/2005 pag. 30-31, 5 aprile 2005
Rituale morte dei Papi, La Repubblica, 05/04/2005 Tutto il mondo ha potuto vedere in questi giorni la salma di Giovanni Paolo II, esposta nella Sala Clementina al secondo piano del Palazzo Apostolico
Rituale morte dei Papi, La Repubblica, 05/04/2005 Tutto il mondo ha potuto vedere in questi giorni la salma di Giovanni Paolo II, esposta nella Sala Clementina al secondo piano del Palazzo Apostolico. Le telecamere hanno diffuso per la prima volta una cerimonia che per secoli era riservata ad una cerchia ristretta di persone. Il rituale ha rispettato un´antichissima tradizione, che troviamo già descritta nel primo cerimoniale funebre pontificio giunto fino a noi. Il suo autore è Pietro Amiel, un prelato francese presente alla corte dei papi di Avignone e di Roma per oltre quarant´anni, dal pontificato di Urbano V (1362-1370) alla sua morte, avvenuta a Roma il 4 maggio 1401. Può sembrare strano che si debba aspettare la fine del Trecento per conoscere le vari fasi rituali che accompagnano la fine di un pontefice: il fatto è che nel primo millennio della storia del papato non esiste un rituale codificato. Le cose cambiano di colpo all´inizio del XII secolo. La Vita di Papa Pasquale II (1099-1118) ci dice che la sua salma fu «unta di balsamo», rivestita delle vesti sacre, fu sepolta, secondo le prescrizioni dell´ordo, ossia di un cerimoniale, «con i dovuti ossequi ed onori», con la partecipazione di clero e popolo e degli stessi cardinali. L´allusione alle prescrizioni dell´ordo è nuova. Come anche il fatto che la salma del Papa fosse stata unta di balsamo. Nessuna fonte precedente aveva mai parlato della "imbalsamazione". Ma anche la partecipazione dei cardinali è un fatto nuovo, che si spiega facilmente. Siamo a poco più di mezzo secolo dal celebre decreto del 1059, che attribuiva ai cardinali, per la prima volta, il diritto esclusivo di eleggere il Papa. Ma torniamo alla descrizione di Pietro Amiel, che distingue nettamente tre spazi del rituale funebre che sono tuttora gli stessi: la camera, la cappella, la chiesa. Nella camera, dove il Papa morente passa gli ultimi istanti della sua vita, la salma viene lavata e vestita, poi viene trasferita nella cappella, che è luogo semi-pubblico di esposizione e di visita. I funerali pubblici vengono celebrati in chiesa, per noi oggi la basilica vaticana. Due processioni fanno dunque passare la salma del Papa dalla camera alla cappella e dalla cappella alla chiesa. Secondo il cerimoniale, spirato il pontefice, il viso del Papa doveva essere subito «coperto d´un fazzoletto bianco» che il cardinale Camerlengo avrebbe tolto, per «scoprirgli il volto», nel momento in cui avvicinatosi al letto, con un martellino d´argento doveva battere per tre volte sul cranio del cadavere, ed altrettante volte con chiara voce lo chiamava per nome. Poi si rivolgeva agli astanti, ai quali diceva che «il Papa è realmente morto». Quindi recitava ad alta voce il salmo De Profundis ed aspergeva il cadavere con acqua benedetta. I frati della bolla o della Pignotta, i due religiosi che avevano il compito di bollare le lettere Papali, dovevano lavare la salma con «acqua calda e buone erbe». Essi disponevano di vino bianco, riscaldato dai cubiculari o bottiglieri pontifici con erbe odorifere e con vernaccia. Il Camerlengo o il sacrista consegnavano loro il balsamo per ungere la salma «ed anche le mani». Il barbiere gli «doveva radere la testa e la barba». Ma egli, avverte severamente Pietro Amiel, non deve portarsi via la cassetta contenente i rasoi e la bacinella d´argento. Anche ai panettieri e bottiglieri del Papa era vietato appropriarsi delle tovaglie sulle quali il papa aveva mangiato per l´ultima volta e «le botti, dalle quali avrà bevuto l´ultima volta», «perché hanno i loro stipendi!». Spettava ai penitenzieri rivestire il corpo del Papa, dopo «averlo quasi seduto», di paramenti pontificali di colore rosso e bianco. Esattamente come oggi. Il bianco e il rosso sono i colori che il Papa porta quotidianamente, almeno dal XIII secolo in poi. Il bianco della tonaca simbolizza la resurrezione di Cristo, il rosso del manto il suo martirio. Secondo il cerimoniale, il papa doveva essere rivestito come «se dovesse celebrare», ossia con abiti pontificali e mitra. Rivestire la salma del Papa secondo il cerimoniale non fu sempre facile. Il Burcardo ricorda che Pio III (1503) fu «vestito dei paramenti sacri, con la sola eccezione della croce pettorale, che non c´era, e che ho sostituito con una croce formata con i cingoli pendenti, fermati con quattro spille». Alla salma di Alessandro VI (1503) «mancava l´anello, che non si era riusciti a trovare». Ci si appropriava di oggetti e paramenti appartenenti al defunto anche durante la traslazione della salma dalla cappella nella basilica vaticana. Alla morte di Benedetto XIII (1733), un cardinale si prese il velo che gli era stato sino allora sul volto; altri strapparono dal pallio una croce. Ci fu chi gli cambiò uno spillone, chi gli portò via un pezzetto di pianeta. Si dovettero porre scarpe nuove, perché le sacre pantofole gli erano state rubate. Erano appropriazioni di natura devozionale. Ma già il concilio di Roma del 595 si era insorto, vietando ai fedeli di spartirsi i paramenti liturgici che rivestivano la salma del Papa! Nel passaggio dalla camera alla cappella, soltanto il Camerlengo e la familia del Papa erano autorizzati a portare cappucci neri e ad accompagnare la salma del Pontefice. Il Camerlengo doveva «vedere tutto», ed «accompagnare il corpo». Egli si doveva vestire di nero soltanto se non era un cardinale. un particolare importante: fin dal più antico cerimoniale funebre pontificio, i cardinali non devono indossare il nero, il colore che rinvia ad un lutto di natura privata, perché essi rappresentano la Chiesa nel periodo della vacanza. Anche i presidenti del Parlamento di Parigi, alla fine del Medio Evo, non dovevano portare il lutto, «perché la Corona e la Giustizia non muoiono mai». L´esposizione pubblica della salma del papa ha una sua storia, che comincia nel secolo XIII. Nei primi secoli della storia del papato, infatti i pontefici venivano sepolti generalmente lo stesso giorno della loro morte. Il primo Papa ad essere stato sicuramente esposto pubblicamente fu Innocenzo III (1198-1216). L´innovazione vale anche per la monarchia francese: Filippo Augusto, contemporaneo di Innocenzo III, fu il primo re di Francia ad essere esposto pubblicamente, con gli abiti con i quali era stato consacrato sovrano e con le insegne regali. La cerimonia con il corpo messo in mostra aveva un triplice scopo: autenticare pubblicamente la morte di un sovrano, permettere la devozione popolare, e celebrare la glorificazione del defunto. Anche a Bisanzio, la salma dell´imperatore, rivestita degli abiti dell´incoronazione, veniva esposta nella sala dei diciannove Acubiti. Innocenzo III (1198-1216) morì a Perugia il 16 luglio 1216 e fu esposto nella cattedrale. La sua salma fu però derubata durante la notte dei preziosi paramenti con cui era stata rivestita; e il suo cadavere fu abbandonato in chiesa quasi nudo «in uno stato di avanzata decomposizione». Lo racconta Giacomo di Vitry, futuro cardinale, che potè così constatare, come egli disse, «con i propri occhi quanto sia breve e vano lo splendore ingannevole di questo mondo». Non siamo cronologicamente molto lontani dalla nascita del celebre detto sic transit gloria mundi, che un´antica leggenda vuole che si pronunciasse al papa in punto di morte. Secondo Pietro Amiel, la salma del Papa veniva deposta su due cuscini di seta, ricoperti di panno dorato, della stessa lunghezza del catafalco. Davanti ai piedi del Papa veniva deposto un altro cuscino di seta con cordoncini d´oro, sul quale si trovavano due cappelli del papa. La finezza del ricamo può essere osservata ancora oggi sul magnifico sarcofago di Bonifacio VIII (1294-1303) che fu aperto trecentodue anni dopo la sua morte, l´11 ottobre 1605, durante i lavori di demolizione dell´antica basilica vaticana. Grande fu la sorpresa quando la bara fu aperta: il cadavere del Papa era infatti «intatto e non corrotto, ed ancora rivestito degli abiti sacri». Il defunto aveva le mani incrociate, la sinistra poggiata sulla destra, e portava sul dito abituale (l´anulare destro) un anello d´oro con zaffiro. La tunica bianca era di broccato con leoni tessuti di seta. La dalmatica era magnificamente ricamata con rose e due cani accovacciati. Egli portava sulla testa la mitra di damasco bianco. La salma di Bonifacio VIII era dunque stata abbigliata colle vesti pontificali più solenni, secondo la tradizione ancor oggi in vigore, «come se celebrasse». Agostino Paravicini Bagliani