Varie, 4 aprile 2005
Tags : George Passmore
Passmore George
• Plymouth (Gran Bretagna) 8 gennaio 1942. Artista, Lavora in coppia con Gilbert Proesch (Gilbert&George) • «[...] Gilbert&George si propongono sempre come Living Sculptures, Sculture Viventi, abbigliati nello stile del quotidiano, in una apparente ostentazione del loro vissuto, con le sue memorie e le sue implicazioni. Nelle serate della Red Sculpture, agli spettatori messi a sedere in fila, Gilbert&George si presentavano con il volto e le mani dipinti di rosso fitto e opaco, nel loro solito completo spento e un po’ liso per poi salire su di una pedana, illuminati da una luce bianca ed omogenea diffusa in tutto lo spazio. La pedana è il rafforzamento spettacolare, la cornice che segna i limiti della rappresentazione, lo zoccolo di sostegno della scultura vivente. Questa era suddivisa in nove movimenti, scanditi da una successione di frasi al magnetofono, ciascuna delle quali ripetuta con voce assolutamente neutra, per tutta la durata del singolo movimento. Le frasi-titolo di ogni sezione si riferiscono sempre ad una esperienza ed a un lavoro precedente: Umano Legame e Ombra Scura, Giovane Soldato o Fioritura del Ciliegio, Cattivi Pensieri e Cuori Infranti, Aria di Legno, Vita Sanguinosa e Angoli Polverosi ecc. Gilbert&George vi si muovevano come al solito in coppia per gesti minimi au ralenti, con quasi impercettibili declinazioni, ugualmente impercettibile è la voluta sfasatura creata nella loro somiglianza. La lentezza, la fissità, la quasi specularità dei due contrasta con la forza netta del colore, il rosso, scelto non in senso cromatico, ma per il suo potere di accumulo semantico - violenza, sesso, rosso Cina - il colore dell’attenzione. Nella loro oggettiva vaghezza i movimenti hanno l’apparenza della esemplarità, ridotta al minimo ogni ingombrante fisicità acquistano il senso di un codice lapidario, di una loro parlata. Gilbert&George sembrano voler trasmettere il sospetto che i dettagli dell´esistenza ed i gesti minimi dell’arte vivono sotto lo stesso segno: l’impercettibilità del puro accadere, l’inesistenza di luoghi di precipitazione, la cordialità dell´inerte quotidiano. Così le loro buone maniere, il loro irriducibile decoro si traducono in un inevitabile décor, dove è di scena tutta la loro realtà. I due artisti inglesi non adottano soltanto il corpo espressivo, bensì oltre il disegno e successivamente in maniera stabile, anche la fotografia. Grandi superfici rappresentano a mosaico immagini urbane congelate all’istante e virate dal colore. Perché l’immagine ha varcato il guado. Qui la foto tende sempre a sottrarre il dettaglio dal sistema di insiemi della realtà e consegnarlo alla definitività istantanea dell´attimo. Il lavoro di Gilbert&George è frutto di uno strappo dalle cose, attraverso cui affiorano persistenze e residui di profondità. L’occhio parte da una pratica costante, quella dell’assedio, uno sguardo circolare e nello stesso tempo un affondo che viviseziona il panorama urbano per estrarre il particolare di una vita standardizzata, felicità e/o infelicità. Stati d’animo di un paradossale dandysmo di massa, spostati nell’impossibilità di un ironico superficialismo. Perché, come dice Pessoa, ”ironia e paradosso non sono mai pratiche di superficie”. Miracoli dell’arte» (Achille Bonito Oliva, ”la Repubblica” 4/4/2005).