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 2005  aprile 02 Sabato calendario

Rai Raghu

• Nato a Jangh (India) nel dicembre 1942. Fotografo. «[...] considerato il più grande fotografo indiano e uno dei gioielli del team Magnum, spiega con un certo orgoglio di non essere mai uscito con la macchina fotografica fuori dal suo paese. [...] le sue pluripremiate immagini hanno fatto il giro del mondo in mostre, libri e riviste prestigiose come il ”National Geographic” [...] secondo il suo fraterno amico Salgado ”sa racchiudere nelle immagini lo spirito dell’India”. Nello studio di Delhi dove c’è l’archivio di un’attività imponente cominciata nella metà degli anni ’60 tra cronaca e viaggio mistico (nei suoi scatti più celebri la tragedia di Bhopal, i rifugiati tibetani e i ritratti privati di Madre Teresa e Indira Gandhi), Raghu Rai spiega di provare ”una grande emozione” all’idea di esporre per la prima volta una significativa selezione dei suoi lavori in Europa, a cominciare dall’Italia ”con il suo grande patrimonio di arte e cultura”. [...] ”La fotografia è nata in Occidente e considero Bresson una leggenda di quest’arte fondamentalmente americana ed europea. Attraverso l’enorme quantità e qualità di opere prodotte, Bresson ha indicato una infinita serie di strade che un fotografo può percorrere. La sua opera e la nostra lunga amicizia sono stati uno stimolo fondamentale per il mio lavoro e la mia vita professionale. Ma quando scatto nessuno esiste per me. Con l’esperienza e con gli anni puoi filtrare tutte le influenze e scegliere che cosa è essenziale affidandoti alla tua esperienza e sensibilità personale. E questo vale specialmente per un fotografo come me che vive e lavora soltanto in India [...] Per me l’India e un intero mondo, il mio intero mondo. una cultura antica e un continente di grandi contraddizioni e ora anche di grandi cambiamenti, ma anche un paese dove quasi ogni religione vive fianco a fianco e generalmente in armonia. Non solo religioni ma anche etnie, razze, civiltà diluite nell’ordine di cifre oltre il miliardo di esseri umani tra campagne, montagne, valli, foreste e coste, tutti sullo stesso suolo allo stesso momento. Ma si rende conto che fascinoso mondo è per un fotografo vedere così tante diversità convivere insieme, e che esperienza visuale e umana è questa? [...] Generalmente gli occidentali guardano all’India come un universo romanticamente immutabile, si rifletta ad esempio sul modo in cui viene abitualmente presentata la sua povertà. Ma in un remoto villaggio la gente ha la dignità e il modo di vivere pacifico di chi sa esprimere se stesso anche dentro una capanna di legno. L’India è molto esotica per l’Occidente e specialmente per i creativi, eppure resta molto difficile fissarne l’essenza perchè così tanto succede e cambia ogni momento che diventa quasi impossibile penetrarne il profondo, dentro la vita di ogni giorno. Del resto il fotografo non è soltanto un individuo creativo, che sperimenta forme e colori secondo tecniche magari destinate a diventare moda. C’è stato un tempo in cui consideravo essenziale lavorare regolarmente per ottenere disciplina e l’accesso a diversi livelli di capacità. Ora penso che devi nutrire il tuo corpo, la tua mente e lo spirito di esperienze, e solo allora lanciarti al prossimo scatto. Puoi lavorare senza fine, ma senza quel nutrimento sarai sterile e fragile. Quando l’essenza della verità che appare all’esterno è catturata in un momento di verità interiore non c’è nulla di mediabile, di contrattabile e catalogabile, è una potente documentazione del tuo tempo [...] Ho cominciato a fare foto [...] quando esisteva solo il bianco e nero in India e ho continuato a realizzare tutto il mio lavoro personale creativo in bianco e nero [...] Ho iniziato a usare spesso le camere panoramiche perché per me l’India è uno spazio orizzontale, così sovraffollato e carico di intensità che puoi avere dieci diverse esperienze in una sola immagine. Quello che succede in India a ogni momento è una esperienza multiculturale e multidimensionale in uno spazio solo. Come se in qualche modo potessi sempre vedere anche le stelle, non solo le nuvole. Questa è l’intensità che voglio continuare a catturare, in una lotta contro il tempo rispetto alla sfida e agli effetti della globalizzazione per l’India di domani. Sento di dover affrettarmi a fissare tutto prima che tutto cambi troppo” [...]» (Raimondo Bultrini, ”L’espresso” 7/4/2005).