Enrica Brocardo, Vanity Fair 07/04/2005 pag. 121, 7 aprile 2005
De Crescenzo parla di bugie, vecchiaia, scrittori e suicidio De Crescenzo, Vanity Fair 07/04/2005 Mi appello al principio n
De Crescenzo parla di bugie, vecchiaia, scrittori e suicidio De Crescenzo, Vanity Fair 07/04/2005 Mi appello al principio n. 57 del suo ultimo libro, I pensieri di Bellavista. "Ah, e che cosa dice?". Con la vecchiaia si diventa prudenti e la prudenza dopo una certa età è oscena, come la libidine. "Uno è prudente perché teme di non essere giudicato bene, o perché pensa: mi conviene o no dire una certa cosa? Ma di fronte al pensiero della morte, chi se ne frega di quello che pensano gli altri". Allora non sia osceno e dica la verità: degli aneddoti sulla sua vita che racconta nei libri, in tv, quanti ne ha inventati? "Non lo so. Il mio problema è che non ricordo. Se un fatto lo racconto più di una volta, mi convinco che è vero". Sta dicendo che la sua vita per buona parte è falsa? "Sì, no, non lo so. Giuro che non lo so". Ha detto di aver venduto 18 milioni di libri. Si è inventato anche questo? "Potrebbero essere meno o di più. Aspetti che il numero ce l’ho qui nel computer". Da dietro la scrivania del suo studio, Luciano De Crescenzo, 76 anni, consulta il file ”copie vendute”. Siamo al quarto piano di un palazzo nel centro di Roma. Parete e soffitto sono rivestiti di copertine ("Duecentotrenta edizioni diverse in trentadue Paesi del mondo", dice, "compresa l’Albania... Ah, l’Albania è quella cui tengo di più. Non è facile da conquistare, lì hanno pochi soldi"). Dietro la scrivania, una fila di cassette: "I messaggi della segreteria telefonica. C’è la voce di Federico Fellini, e quella di Isabella (Rossellini, uno dei suoi grandi amori, ndr). Ecco, ho trovato". Leggiamo: 7.960.741, dato aggiornato al 30 giugno 2004. Quasi 8 milioni. I conti non tornano. "Sono le copie che ho venduto in Italia. Ma come faccio a sapere quanto ho venduto in Corea? Io firmo un contratto che dice: ”Le diamo mille dollari faccio per dire fino a diecimila copie e poi le diamo un dollaro per ogni copia in più”. Mai una volta che m’avessero scritto per dire: ”Lei ha venduto dieci copie in più”". Tanti lettori, ma la critica non l’ha trattata bene. "Domanda: secondo lei i critici leggono? Io dico di no. E poi c’è un altro fatto: se un autore è divertente, per ottenere un giudizio positivo deve almeno morire". E chi sono, invece, i sopravvalutati? "Gli scrittori sono tutti da compatire, dei morti di fame. In Italia, quelli che riescono a vivere con i proventi dei loro libri sono cinque in tutto. Me compreso". Uno che non ci campa? "Prendiamo Umberto Eco: quante copie ha venduto del Nome della rosa? Tante, ma non è che ogni anno ha scritto Il nome della rosa. Se dividi le copie complessive per gli anni, il numero diventa piccolino". Altro test di sincerità: chi avrebbe preferito alla presidenza della Regione Lazio? Marrazzo o Storace? "Voto radicale: Bonino, Coscioni, Pannella. Mi fido delle persone, non del partito. Non sceglierei mai D’Alema o Berlusconi". Non le piacciono come persone? "Non li conosco proprio". Ma per la Regione? "Storace". Perché, lo conosce? "No, perché è l’anagramma di Socrate. Qualcosa vorrà pur dire...". favorevole anche ai referendum promossi dai radicali per consentire la fecondazione eterologa e la ricerca sugli embrioni? "Sì, perché penso che il dolore sia più importante della vita... E poi, quando la Chiesa si pronuncia in un certo modo, io sto sempre dall’altra parte". Per esempio? "Invece di mandare i missionari in Africa a diffondere il ”Verbo”, dovrebbero mandarceli a diffondere i preservativi. L’Aids e la sovrappopolazione sono problemi grossi. Se c’è un aldilà, a Giovanni Paolo II gliela contesteranno questa mancata promozione del profilattico". vero che si è dato una scadenza massima di vita? "Ottantotto anni. Me ne restano dodici". Pensa, se fosse necessario, di uccidersi? "Sono favorevole all’eutanasia anche per quelli che stanno bene". Questa è una battuta. "Ma no, che battuta: è vero. Però dalla finestra non mi butto: troppo sangue. Lo stesso dicasi per il colpo di pistola. Siccome non vendono la cicuta di Socrate, ho pensato al gas". Se invece la fine arrivasse domani, quale sarebbe il suo ultimo desiderio? "L’ho detto alla mia segretaria: vorrei venisse pubblicato il libro che sto scrivendo, Il pressapoco. Gli uomini che non dubitano sono pericolosi. Ho notato che i grandi fetenti della storia, tipo Hitler e Stalin, non conoscevano le paroline ”quasi”, ”forse”, ”chissà”. La domanda che faccio sempre ai pacifisti è: secondo voi Roosevelt ha fatto male a dichiarare guerra a Hitler? Che deve fare il mondo quando nasce un fetente? Ci vuole una polizia. E chi la fa? Gli americani". Chiarissimo. Ma perché lei è sempre restio a schierarsi pubblicamente? "Diceva il filosofo Lorenzo Valla: ”C’è un solo peccato: fare del male agli altri”". E allora? "Allora, faccio un esempio. Una sera ero a Porta a Porta. L’argomento era la fede. Margherita Hack disse: ”Sono atea”. Un pochino lo sono pure io, però non lo dissi. Avere fede fa vivere meglio. Se uno magari mi ascolta e si lascia convincere che Dio non esiste, finisce che gli faccio del male e, quindi, compio peccato". E della lussuria che mi dice? "Non è peccato". ancora sposato? "Di fatto no. Lo sono stato. Poi, un giorno, mia moglie mi ha detto: ”Luciano, non ti ho mai tradito, ma siccome sto per farlo, te lo dico e me ne vado”". Lei frequenta spesso donne giovani. Gratis? "Se mi chiedono dei soldi, glieli do. Però non li considero una marchetta, ma una liquidazione. Le pago perché dopo non si facciano più vedere. Il problema è se vogliono qualcos’altro". Tipo? "Ho fatto quattro film. Ogni volta sono stato sommerso da aspiranti attrici". Ne ha approfittato? "Se ce n’erano cinque che fisicamente andavano bene per il ruolo, sceglievo quella che era stata più affettuosa". Affettuosa? "Sì. Però non mi ricordo se l’ho fatto veramente". Enrica Brocardo