Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  marzo 31 Giovedì calendario

Unicredit, Il Sole 24 ore 31/03/2005 C’era una volta il "Regno delle banche", su cui dominava un sovrano indiscusso: il Governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio

Unicredit, Il Sole 24 ore 31/03/2005 C’era una volta il "Regno delle banche", su cui dominava un sovrano indiscusso: il Governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio. Ora non è più così. E dopo le due Opa europee, c’è chi scommette su altre operazioni clamorose. A partire dai dossier preparati da una grande banca d’affari anglosassone: l’entrata in scena dell’inglese Barclays (attirata da UniCredit) e la fusione tra le due "major" italiane (la stessa UniCredit e Banca Intesa). L’effetto combinato delle due operazioni messe in cantiere dall’olandese Abn Amro e dagli spagnoli del Banco di Bilbao è la modifica profonda del quadro istituzionale, accompagnato da una spinta formidabile alla trasformazione del sistema. La conseguenza è che le grandi banche d’affari anglosassoni sono al lavoro. E, come sempre accade in questi casi, preparano dossier, considerano opportunità e punti deboli di merger che in passato sarebbero stati ritenuti irrealizzabili. Punto di partenza sono un paio di novità: l’interesse con cui altre grandi banche europee considerano le prospettive di espansione in Italia e le scelte che sono chiamati a fare i principali gruppi bancari italiani. In proposito spiccano almeno due dossier intorno ai quali sta lavorando una delle principali banche d’affari anglosassoni: la campagna acquisti dell’inglese Barclays, che ha messo nel mirino UniCredit, la banca italiana più profittevole, e la fusione tra le due banche italiane leader come asset gestiti, Intesa e la stessa UniCredit. Non si tratta di operazioni in atto. Ma, più semplicemente, d’incontri, per il momento interlocutori, avviati per verificarne la praticabilità effettiva. Un dato non scontato perché, in entrambi i casi, le opposizioni risultano forti. Sono realmente insuperabili? Oppure la destabilizzazione avvenuta ad opera di Abn Amro e Bilbao le rende possibili? Al lavoro, secondo fonti autorevoli al vertice del potere economico e politico, c’è almeno un banchiere d’affari influente, che ne sta verificando personalmente la fattibilità. In proposito la smentita dell’interessato, personale e per conto della merchant bank, è secca. Resta il fatto che conferme sui progetti di espansione del colosso inglese Barclays, per esempio, si raccolgono anche presso studi legali ben conosciuti. E che la tendenza a livello europeo è di crescere per acquisizioni cross-border. "Nell’Europa continentale il business retail è sostanzialmente stabile, con aree di crescita per linee interne sempre più limitate e ottenibili con investimenti onerosi", spiega Ignazio Rocco di Torrepadula, vicepresidente di Boston consulting group. "E nei prossimi cinque, dieci anni continuerà così. L’alternativa per le grandi banche è la crescita per acquisizioni, più rapida e, almeno in alcuni casi, più conveniente." Tradotta in numeri la strategia dell’attenzione di Barclays verso UniCredit significa la possibilità di fare un salto nella classifica delle principali banche europee insidiando la leadership della svizzera Ubs e della francese Credit agricole. Per quanto riguarda il polo Intesa-UniCredit, invece, nascerebbe un gruppo bancario tra primi dieci in Europa nella graduatoria per total asset. Il dossier sulla fusione tra le due banche, per la verità, è tutt’altro che inedito. Anzi, va considerato il fenomeno carsico dei progetti di grande alleanza tra banche italiane. A partire da quando, nel giugno 1998, al presidente della Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, brillavano gli occhi quando gli capitava di parlare delle potenzialità della fusione. Una eventualità che anche il presidente di Banca Intesa, Giovanni Bazoli, ha sempre considerato quantomeno da esplorare, come ogni progetto di aggregazione, dopo i nove di cui è stato protagonista. A fine anni ’90 Guzzetti, la cui Fondazione era ed è tra i principali azionisti di Banca Intesa, definiva l’operazione affascinante ma impossibile. Anche se le fondazioni azioniste di UniCredit, quelle di Torino e Verona, la consideravano con altrettanto favore, unificate da un collante solido che legava il triangolo Milano (Cariplo), Torino (Crt, l’ex cassa di risparmio torinese che ha come riferimento Fabrizio Palenzona, vicepresidente di UniCredit) e Verona (la cassa e ora la Fondazione, guidata dall’imprenditore Paolo Biasi). Tutti, sia pure in modo diverso, legati al mondo cattolico e dell’ex Dc, balena bianca da catalogare tra le razze estinte ma con legami tra uomini pressoché intatti. Certo finora ha pesato, soprattutto sulle fondazioni, il no di Fazio, che ha avuto modo di sottolineare l’opposizione ad un nuovo giro di aggregazioni tra le principali banche italiane. Così come ha pesato, e pesa ancora, l’indisponibilità del Credit agricole, azionista numero uno di Intesa, ad una operazione che ne diluirebbe in misura significativa la presenza nell’azionariato. Senza contare la posizione dell’amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado Passera, sostenitore delle potenzialità offerte dalla crescita per linee interne. Fabio Tamburini