Varie, 27 marzo 2005
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Diamond Jared
• Boston (Stati Uniti) 10 settembre 1937. Antropologo • «Medico e antropologo, ecologista e storico, autore di best-seller e poliglotta […] insegna alla Ucla di Los Angeles, ed è uno degli intellettuali americani più originali e influenti. Il suo Armi, acciaio e malattie, pubblicato nel 1996, ha superato il milione di copie vendute in tutto il mondo, di cui oltre 80 mila in Italia. […] Le sue tesi controverse appassionano. Il suo stile investigativo cattura l’attenzione dei lettori. […] “Il mio interesse verso le civiltà scomparse nacque quando avevo vent’anni. Subii il fascino dei libri dell’archeologo che organizzò la spedizione di Kon-Tiki, Thor Heyerdahl sull’isola di Pasqua. Poi negli anni ’70 andai a visitare le città maya. All’inizio pensavo di scrivere un libro sulle civiltà scomparse: la prima stesura conteneva 18 capitoli su altrettanti casi di collasso sociale. Poi mi sono reso conto che alcuni popoli sono riusciti a risolvere i loro problemi ambientali: così ho scritto un capitolo sul Giappone dell’era Tokugawa (periodo di stabilità tra il 1603 e il 1868), sull’Islanda e sulla Nuova Guinea. Infine mi sono accorto che oggi abbiamo problemi analoghi e che il futuro dei miei figli dipende da come li risolveremo […] Il Montana era ricco, ma l’eccessivo sfruttamento delle miniere di rame, del legname e dell’agricoltura ha creato danni gravissimi: deforestazione, cattiva qualità dell’acqua e dell’aria, erosione del territorio, incendi. La popolazione è in calo. Se il Montana fosse uno Stato sovrano sarebbe al collasso come l’Afghanistan o l’Etiopia […] Confrontiamo due casi: l’isola di Pasqua e il Giappone. Ci sono almeno un paio di differenze, ambientali e sociali. La prima riguarda il clima. Nell’isola di Pasqua piove poco e gli alberi crescono lentamente, mentre il Giappone è piovoso e fertile e le piante crescono in fretta. Quindi nell’isola di Pasqua i problemi erano più difficili da affrontare. La seconda differenza riguarda la capacità di risposta. Il Giappone era un regno unito. Il sovrano godeva di un controllo stabile sul territorio, non doveva dimostrare il proprio potere ed era sicuro di trasmettere il regno al figlio. Quindi poteva pensare a lungo termine. Sull’isola di Pasqua invece c’erano almeno 12 capi che si facevano concorrenza l’uno con l’altro. Ognuno di loro doveva continuare a tagliare gli alberi necessari alla costruzione di statue sempre più grandi: se avesse smesso, avrebbe perso il suo prestigio […] I vichinghi scelsero di non mangiare pesce e questa fu una delle decisioni che determinarono il loro sterminio. Non sempre è così, ovviamente. Noi americani non mangiamo né rane né capre, per scelta culturale, ma questo non minaccia la nostra sopravvivenza […] I vichinghi erano pochi, cinquemila uomini. E dedicarono parte delle loro risorse a cacciare trichechi per esportare avorio verso l’Europa. In cambio avrebbero potuto ottenere ferro, che non erano in grado di produrre, o legname per costruire navi, ma non lo fecero. Per ragioni religiose preferirono importare campane per le chiese, vestiti da prete e vino sacramentale. Ecco una scelta dettata da motivazioni religiose che è risultata disastrosa. Se i vichinghi avessero importato ferro avrebbero potuto resistere agli eschimesi. Invece dovettero rinunciare a spade e corazze e combatterono con pietre e lance” […]» (Enrico Pedemonte, “L’Espresso” 31/3/2005).