Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  marzo 24 Giovedì calendario

[Storia della Vespa] Estate del 1946: debutta Miss Italia, il pane costa 25 lire al chilo, l’autobus 5 lire e un cinema dieci volte tanto

[Storia della Vespa] Estate del 1946: debutta Miss Italia, il pane costa 25 lire al chilo, l’autobus 5 lire e un cinema dieci volte tanto. Negli Usa impazza il bikini, da noi compare un curioso veicolo che diventerà icona indelebile del made in Italy. E’ la Vespa, una magia di Corradino D’Ascanio. Il geniale ingegnere era stato convocato otto mesi prima da Enrico Piaggio: «Voglio un veicolo che metta il paese su due ruote, ma non una tradizionale motocicletta. E soprattutto, deve costare poco». Il precedente prototipo di motoscooter MP 5 nato nell’officina di Biella (la fabbrica di Pontedera era ancora semidistrutta dalla guerra) e denominato «Paperino» non era piaciuto a Piaggio: per questo incaricò D’Ascanio, e il suo disegnatore di fiducia Mario D’Este, di rivedere interamente il progetto. Nasce un mezzo rivoluzionario: motore nascosto, per eliminare i rumori ed evitare al pilota di sporcarsi, posizione di guida comoda e quasi automobilistica (con il grande pedale del freno a portata del piede destro), scudo anteriore protettivo, cambio semplificato a manopola e accoppiato alla leva della frizione, niente catena di trasmissione (sostituita da ingranaggi di collegamento tra la ruota e il motore). Esordì la carrozzeria portante in lamiera stampata al posto del telaio in tubi saldati, e quello spazio ampio tra sedile e manubrio consentiva di ospitare la ruota di scorta, piccole borse o magari un bambino. Inoltre le piccole ruote (avanzi industriali, si disse: la Piaggio aveva ampie scorte di quelle utilizzate sui carrelli degli aerei militari) si potevano sostituire con estrema facilità. Stupendo: in quell’Italia ancora mutilata, con 42 mila km di strade danneggiate su cui circolavano appena 150 mila vetture, si bucava spesso. La Topolino, che bisognava attendere due anni, costava 260 mila lire, la Vespa 98 mila, che era già una gran bella cifra, ma pesava meno se diluita in cambiali (2-3 mila lire al mese). Quando D’Ascanio la presentò, Enrico Piaggio ne rimase incantato: «Ha la vita stretta - esclamò -, sembra una vespa!». E il prototipo MP 6 venne battezzato Vespa, un nome fortunato, diventato griffe di fama mondiale. La prima aveva un motore di 98 cc e 3.2 Cv, percorreva 50 km con un litro, toccava i 60 l’ora: niente male. Nel ’46 venne venduta in 2.464 unità, oggi siamo a 10 milioni. La storia è felicemente proseguita con altri 138 modelli Vespa, comprese la sua declinazione a tre ruote (il motofurgone Ape arrivò nel ’48) e la versione 50 cc realizzata nel ’63 per i quattordicenni. Adesso nel mondo ci sono 8 mila Vespa-Club, il museo di Pontedera celebra il mito del più fantastico tra gli scooter, che ha varcato gli oceani fino a diventare «capolavoro di design industriale» esposto al Moma di New York. Alla Vespa sono legati i ricordi di tante generazioni, fin da quando l’Italia si divise nel dopoguerra tra «vespisti» e «lambrettisti»: lo scooter rivale venne lanciato dall’Innocenti nel 1947, era considerato più «snob» ma non ebbe identica fortuna nel tempo. La Vespa è stata protagonista, più che comparsa, di film celebri come «Poveri ma belli», «L’amore è una cosa meravigliosa», «La dolce vita», «Il mattatore» e «Vacanze romane» con le indimenticabili evoluzioni di Gregory Peck e Audrey Hepburn. Non è bastata l’offensiva dei colossi giapponesi con i loro scooteroni (Suzuki, Honda e Yamaha) a scolorirne il mito, intramontabile e senza età.